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 2016  aprile 05 Martedì calendario

A Londra vanno pazzi per gli allenatori italiani, da Vialli a Ranieri, da Ancelotti a Conte

Chi è stanco di Londra è stanco della vita, perché a Londra si trova tutto ciò che la vita può offrire. Anche delusioni, come imparò bene Dorando Pietri, uno al quale capitò di cadere proprio sulla linea del traguardo della maratona olimpica. Londra è feroce, se metti un piede in fallo difficilmente riuscirai a rialzarti senza sforzi, e d’altra parte è lo stesso in tutte le metropoli del mondo. Ma Londra è anche gentile e a volte si innamora: ne sa qualcosa Gianfranco Zola, adorato giocatore del Chelsea in epoca pre-nuovi ricchi, quando non c’era il fairplay finanziario e si poteva vivere di fairplay senza specificazioni. Zola è il giocatore del Chelsea più amato di tutti i tempi: un premio dato non da Fifa, Uefa o federazioni varie, ma dai tifosi. Zola piaceva con quel basso profilo così british, con quel suo modo gentile di ridurre la parola fuoriclasse in una vita normale. Prima di lui c’era stato Gianluca Vialli. Che magari non sarà umile come Zola, ma dagli inglesi in tanti anni ha assorbito ironia e senso dell’umorismo.
Chelsea, casa Italia. Uno degli acquisti più importanti negli anni passati era stato Andriy Shevchenko, che italiano non è, però in serie A è cresciuto. La lunga teoria di allenatori italiani ingaggiati e poi magari abbandonati comprende Luca Vialli, Claudio Ranieri, Roberto Di Matteo, Carlo Ancelotti e ora appunto Conte. Il quale non farà fatica a trovare un ristorante adatto al suo palato: a Londra ce ne sono circa 250 mila, e molti di quelli frequentati dagli italiani di successo si trovano a Chelsea. Nel quartiere abitava anche Claudio Ranieri prima di trasferirsi a Leicester: anche quando ha lasciato il Chelsea, a Londra ha conservato un pezzo di vita e di casa. E ha scelto Londra Fabio Capello, che dopo l’esperienza con la nazionale russa si è ristabilito in città. Stancarsi di Londra non è facile, davvero.
Italians. A volte approssimativi, con quel linguaggio un po’ così, capaci di conquistare la città in tanti modi dai tempi dell’imperatore Claudio, di difendersi dai nativi quando serviva (vedi il Vallo di Adriano, una specie di catenaccio ) e di ammansirli quando era possibile. Garibaldi e Mazzini si incontravano a Londra nonostante i pedinamenti su scala continentale della polizia politica, e Londra è rimasta lontana e vicina, mitologica e facilmente raggiungibile. Londra attira manager e ricercatori italiani, ai quali ha fatto da apripista Guglielmo Marconi, ma anche gente che ha meno dimestichezza con le parole, come Paolo Di Canio, ancora un idolo per i tifosi del West Ham. «Stia attento ai media, perché se comincia a parlare come me diranno che è italiano, è eccessivamente teatrale e grida troppo», è il consiglio per Antonio Conte.
Ma avrà poi bisogno di consigli, il neo allenatore del Chelsea? Si sentirà davvero lontano da casa in uno stadio riarredato anni fa da Giorgio Armani, in una città nella quale l’Italia è spalmata ad ogni angolo? La verità è che Conte troverà a Cobham, dove il Chelsea si allena, un terreno ampiamente fertilizzato da precedenti tecnici italiani. Vialli allenatore manager è la preistoria del Chelsea e un punto di riferimento per quelli che sono venuti dopo: si è stabilito in Inghilterra, anche se viene spesso in Italia per i suoi impegni televisivi. Dopo Vialli sono arrivati Ranieri, Ancelotti e Di Matteo. Tutti, a parte Ranieri che sfiorò diversi obiettivi, sono ripartiti da Londra con qualche trofeo da mettere in valigia. Per questo il Chelsea ama l’Italia, da quando Luca Vialli conquistò la coppa delle Coppe proprio contro il Vicenza di Francesco Guidolin, ora emigrato in Premier League, ma in Galles. Carlo Ancelotti vinse un titolo in Premier League prima di essere accantonato da Abramovich nonostante l’affetto dei tifosi: Londra è rimasta per un po’ di tempo la sua bella casa, il posto giusto per un periodo sabbatico anche quando il calcio finiva. E poi, casuale o no, l’unica Champions League vinta finora dai blues porta la firma dell’allenatore (svizzero di nascita) Roberto Di Matteo: un motivo in più per sentirsi italiani, al di là dei graziosi divanetti progettati tempo fa per i palchi da vip di Stamford Bridge. Il Chelsea è un club internazionale con sede a Londra e con un’anima italiana.
Il Chelsea ama l’Italia, l’Italia chiama il Chelsea. Pare che nella lista della spesa di Conte ci sia anche Bonucci, che l’ex tecnico juventino vorrebbe portare al suo nuovo club, e poi Pogba e tanti altri. Chissà se Conte, in nome di un made in Italy sempre più forte grazie alle imprese di Ranieri, riuscirà a imporre la sua poco esotica lista della spesa. Subito dopo il calcio verrà il momento di scegliersi una vita all’interno di Londra, e Chelsea è un quartiere che piace a molti. Nel diciannovesimo secolo era già frequentato dal jet set artistico, cent’anni più tardi piaceva a star della musica come Mike Jagger e David Bowie. Chi è stufo di Chelsea è stufo di Londra e allora farà bene ad andarsene in campagna.
Sono poco meno di duecentomila gli italiani residenti nel Regno Unito, un esercito multitasking al quale nella prossima estate si unirà l’ex c.t. Da Giulio Cesare in poi, gli italiani lungo il Tamigi hanno fatto e disfatto, e qualcuno si è meritato pure una placca blu, che poi sarebbe il segnale che l’English Heritage utilizza per segnalare i luoghi abitati da artisti, poeti, scienziati, musicisti. Ci sono circa 900 placche in tutta la città, e fra queste ce ne sono alcune dedicate a italiani illustri come il poeta Ugo Foscolo. Le blue plaques esistono dalla seconda metà dell’Ottocento, il Chelsea è decisamente più recente, ma lascia sempre dei segni blu sulla pelle di chi ci lavora. Segni profondi quanto quelli che gli italians del calcio hanno lasciato sulla sua.