Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  aprile 05 Martedì calendario

Guai in casa Ducati, ora che Iannone ha buttato giù Dovizioso la scelta della casa madre sembra essere scontata

Dentro il gesto scellerato di Andrea Iannone che distrugge in un azzardo le ambizioni legittime di Andrea Dovizioso, la necessità propria di chiudere in bellezza una corsa ardua, un doppio podio Ducati, c’è una debolezza svelata dalla frenesia. E una frenesia indotta, indirettamente, dalla stessa Ducati. Intendiamoci: ogni pilota è responsabile delle proprie azioni. Onori e oneri, come si dice. Quindi, l’errore di Iannone resta e pesa, peserà (intanto sarà penalizzato con la retrocessione di tre posizioni in griglia nel prossimo Gp).
Possiamo però cercare di comprenderne la genesi, connessa forse a una ressa che lo circonda da mesi, così come circonda Dovizioso, «riders» titolari, con contratto sino a fine 2016. Nei pressi dei quali si è voluto piazzare Casey Stoner. Vicinissimo: in pista, nei box, nella testa, in qualità di super collaudatore. Il primo, grande unico amore Ducati, campione del mondo 2007 con la moto di Borgo Panigale, il solo capace di far decollare un sogno antico e potentissimo. Lui, con le sue incertezze da «ex» semi-pentito, al quale offrire ripetutamente un clamoroso rientro, per vedere l’effetto che fa la ricomposizione di una coppia magica. Riconoscenza e nostalgia, certo. Stoner genera rimpianti cronici da anni, come sperimentato a suo tempo e dolorosamente da Valentino. Ma anche un «terzo» scomodissimo per chi con la Ducati corre ogni domenica. Un fantasma ingombrante proveniente dal passato.
Al quale è stato aggiunto un fantasma del presente, Jorge Lorenzo. Dato in arrivo certo nel 2016 (per radio-box, l’accordo è già definito). Abbastanza per pregiudicare un equilibrio interno costruito nel tempo, sorretto da una crescita tecnica, da due piloti che devono ancora disputare un’intera stagione, da un tester fedelissimo, Michele Pirro, e persino da una promessa italiana, Danilo Petrucci, da anni in orbita Ducati con risultati eccellenti, pronto per passare ad un team ufficiale.
Nessuno – forse nemmeno Stoner – può dire sino a quando Stoner rifiuterà di tornare a correre per davvero. Di certo e come minimo, Dovizioso e Iannone sanno di rischiare il trattamento di fine rapporto con l’ingaggio di Lorenzo, campione del mondo, leader naturale, reduce da una lunga, faticosa e ormai logorata convivenza con Rossi. Il fatto è che sino a qualche giorno fa, a rischio sembrava Dovizioso, più vecchio (30 anni contro 26), giudicato da una parte forte dell’azienda, più razionale ma meno veloce di Iannone.
Il quale ha mostrato però una debolezza nervosa evidente, cadendo in Qatar, franando sul «Dovi» in Argentina: «Un attacco del genere non ci stava. Certamente non ha fatto un favore né a lui, né al compagno di squadra e sicuramente neanche alla Ducati. Deve riuscire a tenere a freno la sua esuberanza», ha detto ieri il d.s. Ciabatti. Ammesso che trovi il tempo e le occasioni per farlo.
Intanto, i piloti a terra sono due, ai ferri corti per giunta. Con 16 gare da disputare tra avversari velocissimi, ambizioni urgenti e qualche scoria di troppo per una famiglia davvero alla ricerca della serenità.