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 2016  aprile 05 Martedì calendario

La vicenda dei falsi Modigliani fa litigare Italia e Francia

L’Italia chiede, la Svizzera non risponde. Il possesso di dodici bozzetti a matita firmati Amedeo Modigliani sta creando una spaccatura tra i distretti giudiziari di Roma e Lugano. Alla rogatoria presentata dalla procura capitolina per chiedere la restituzione dei disegni non perviene nessuna risposta. I solleciti, puntualmente inoltrati da due anni, ignorati. Eppure Roma l’ha fatto sapere a chiare note ai colleghi d’oltralpe che quei bozzetti, secondo accertamenti di esperti nostrani, sarebbero falsi, possibile prova di reato da addebbitare a Christian Gregori Parisot presidente del Modigliani Institut Archives Legales” e custode di seimila opere del grande Modì, finito a processo a piazzale Clodio con l’accusa di aver firmato falsi a nome del maestro e allestito mostre con pezzi taroccati. Un’accusa – quella del traffico dalla Svizzera dei dodici bozzetti (forse falsi) – che è costata a Parisot un’altra iscrizione nel registro degli indagati con l’accusa di ricettazione.
Parisot era finito sotto «osservazione» quando – tra i mercanti d’arte – era emerso il sospetto che avesse portato in mostra da Catania a Taiwan false opere, con false firme di Modì, pubblicizzate con falsi patrocini ministeriali e dell’Unesco e in nome dell’Archivio legale di cui alcuni luminari della storia dell’arte contemporanea avrebbero fatto parte, inseriti nel comitato scientifico a loro insaputa.
LA SCOPERTA
La prima svolta nel 2009. Un catalogo di Parisot viene ritrovato in casa di un falsario a Bari. Nel frattempo è circolata la voce che Matteo Vipignano, segretario di Parisot, si sia fatto autenticare tre disegni in grafite dal presidente dell’archivio Modigliani – “Il ritratto di Virginie”, “Donna con collier”, e “La testa ovale” – giudicati poi falsi dal direttore del Museo di Arte Moderna di Roma. È allora che i carabinieri del Reparto Tutela Patrimonio Culturale decidono di bussare alla mostra realizzata nel museo archeologico di Palestrina, alle porte di Roma, intitolata “Modigliani dal classicismo al cubismo”, in programma nell’estate 2010. Il controllo porta al sequestro di 22 opere false, per lo più fotocopie che risulteranno invecchiate coi fondi del caffè e sei teste in bronzo, fuse in una fonderia e firmate con dei sigilli realizzati da un artigiano di Trastevere.
LA DONNA DAGLI OCCHI BLU
Lì viene sequestrata pure una tela spettacolare “La donna dagli occhi blu”, appartenente a un collezionista americano. Un’opera vicina allo stile di Modì, pubblicata su un catalogo già negli anni Cinquanta, ma che una perizia chimica e esperti d’arte incaricati dalla procura di Roma, hanno escluso che possa essere stata realizzata dall’artista livornese, vista la tecnica del colore usata e la tela rifoderata da un’altra tela. Parisot l’avrebbe fatta entrare dalla Svizzera come opera «attribuita a Modigliani» dal valore di 12.000 euro e per poi esporla come originale (stima otto milioni). Da qui il nuovo filone di inchiesta coordinata a Roma sempre dal pm Pierluigi Cipolla. Anche i dodici bozzetti, secondo il magistrato, avrebbero dovuto alimentare (una volta rientrati in Italia) il giro dei falsi.
L’EREDE
Parisot, intanto, non ha mai mollato: «Menzogne. Dimostrerò la verità». I dodici disegni (falsi per la procura di Roma, autentici per Parisot) erano stati sequestrati in un deposito a Chiasso come presunte matrici delle opere false. Nel frattempo l’unica erede del maestro, Laure Modigliani, nipote diretta del pittore, è stata tagliata fuori dall’archivio. Laure contestava che la donazione fatta da sua madre, Jeanne (figlia unica dell’artista) a Parisot fosse nulla per difetto di forma. Così aveva adito la via civile, a Roma. La sentenza lapidaria: non trattandosi di una donazione, ma di un contratto atipico di gestione del diritto di autore, per il giudice era regolare. E quindi Parisot, seppur tartassato da indagini, può per ora gestire il tesoro.