La Stampa, 5 aprile 2016
Tra Hamilton e Vettel il terzo incomodo è Rosberg
Nico Rosberg, figlio di Keke, è il pilota che ha vinto più Gran premi senza essere diventato campione del mondo. Al contrario del papà, che è uno dei campioni ad aver vinto meno gare: sedici successi per Nico e cinque per il genitore. Uno aveva una macchina decente nel 1982, l’anno della morte di Gilles Villeneuve e dell’incidente a Didier Pironi, l’altro guida per il terzo anno consecutivo un’astronave, ma è capitato in Formula 1 in uno dei periodi più ricchi di talento e talenti: dal suo compagno di squadra Lewis Hamilton a Sebastian Vettel fino a Fernando Alonso.
Sul podio del Bahrein, l’ex pilota David Coulthard gli ha detto: «Cinque successi di fila e sedici in carriera, lo sai che chiunque abbia questi numeri è diventato campione del mondo?». Nico è noto per i modi educati, quindi ha evitato gesti scaramantici. Si è limitato a parlare d’altro. La domanda gli è stata riproposta nel giro di interviste post gara e stavolta la replica è stata didascalica: «I successi di fila sono due. Siamo ripartiti da zero, l’anno scorso non conta».
Il lavoro sulla partenza
Vero fino a un certo punto: Rosberg è stato battuto per due stagioni di fila dal compagno in un duello ad armi pari, stessa macchina e nessun trattamento di (s)favore. Essere davanti aiuta a prendere fiducia nei propri mezzi: Lewis ha perso due volte pur partendo dalla pole position, la Ferrari per adesso è dietro a cercare di risolvere problemi di affidabilità. Non è questione di tecnica o esperienza: Nico compirà 31 anni il 27 giugno ed è in ballo da quando ne aveva 21. I suoi margini di miglioramento sono sottilissimi e il ciclo di apprendimento è concluso. Su due punti, però, può ancora lavorare, la preparazione curata con stile e rigore teutonici («Ho lavorato molto sulla partenza, sono contento che sia servito») e la condizione mentale. Avere un padre e un compagno di squadra nell’albo d’oro della F1 può mandare in psicanalisi. È un pensiero da rimuovere di continuo, superabile solo con i risultati. Essere davanti è la migliore medicina possibile. Hamilton ha capito il punto debole e lì va a colpire. Al «Guardian» ha raccontato di sentirsi come Muhammad Ali (niente meno) contro Foreman nello storico match di Kinshasa nel ’74: «Ali fece credere al rivale che stava vincendo, ma non era così. Questa è una sfida psicologica e io per esperienza ed età mi sento in una posizione mentale più solida che mai».
«E ora Shanghai»
Rosberg è diciottesimo nella classifica dei Gran premi disputati e a fine anno può salire al tredicesimo posto superando quota 200. Ed è sedicesimo nella graduatoria dei vincitori di Gran premi. Finora ha goduto di poco credito. A inizio anno, la sfida annunciata era quella tra Hamilton e Vettel, legata alla competitività di Mercedes e Ferrari oltre che alle doti dei due piloti. Dopo due gare Nico è diventato il terzo incomodo. «L’autostima dopo questi due risultati? Non è un aspetto a cui penso – dice sforzandosi di apparire convinto -. È andata bene a Melbourne, è andata bene in Bahrein, adesso mi concentro sulla gara di Shanghai». Nessuna distrazione: Lewis pensi pure alle sue rihanne, ai selfie e ai travestimenti, lui continuerà a studiare le partenze. Anche se non è glamour.