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 2016  aprile 05 Martedì calendario

Aridatece Cencelli, l’eminenza grigia della Prima Repubblica

«Passavo ore e ore a fare i conti. Era un dosaggio continuo. Giravamo con questi faldoni per fare i conti. Conti, conti, conti». Massimiliano Cencelli, 80 anni ben portati, torna alla Camera per parlare del suo “manuale”, uno dei simboli della Prima Repubblica.
Torna per presentare la riedizione di un libro scritto nel 1981 da Renato Venditti, scomparso l’anno scorso. Un volume dedicato al metodo per spartire in maniera matematica il potere dentro la Dc e nel governo. Una ristampa arricchita da un’intervista allo stesso Cencelli di Mariella Venditti, figlia del giornalista comunista.
Ne parla alla Sala del Mappamondo con Fabrizio Cicchitto e Ugo Sposetti, due che della Prima repubblica ne sanno qualcosa, e i giornalisti Aldo Cazzullo e Luca Telese. Cencelli scherza. quando ricorda che negli anni ruggenti non è mai stato parlamentare. Ma aggiunge con un pizzico di malizia che un giorno Francesco Cossiga gli regalò il libro L’Eminenza grigia. Spiega che era dedicato al cardinale Richielieu, primo ministro di Luigi XIII. Ma, continua, «tutti dicevano che comandasse Richelieu. In realtà nel suo palazzo si aggirava un povero frate con una tonaca grigia. Il vero capo era lui».
Piccola soddisfazione per chi è stato sempre in terza linea, ma le sue soddisfazioni, senza titolo di onorevole, se le prendeva. E come. «Quando Sullo era capogruppo – dice – e si riuniva con i capigruppo e i capicorrente, io partecipavo e decidevo chi doveva fare il ministro».
Alla fine del dialogo con Cicchitto e Sposetti viene e fuori un ricordo nostalgico degli anni della Prima Repubblica. Rivissuti parlando di figure come Adolfo Sarti, il democristiano che “commissionò” a Cencelli il manuale. Cossiga, Taviani, De Gasperi. Nostalgia e rimpianto per un modo di fare politica, migliore e diverso che Sposetti non nasconde di certo. Parla del Cencelli o del centralismo democratico e dice: «Questi sistemi hanno garantito che si formassero dei gruppi dirigenti, degli amministratori, dei bravi assessori, dei bravi parlamentari in tutti i partiti». E arriva a dire: «Se nel Pd sono bravi solo quelli che stanno fra Arezzo e Firenze non funzionerà a lungo. Non ci può essere in 70 chilometri il massimo della concentrazione della cultura politica e del sapere governare. È sbagliato».