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 2016  aprile 05 Martedì calendario

Il ministro Boschi è stata ascoltata dai giudici: «Nessuna pressione, quell’emendamento rappresentava la volontà del governo»

L’audizione «necessaria» di Maria Elena Boschi, come la definiranno i pm di Potenza lasciando il suo ufficio a Largo Chigi a metà pomeriggio, dura poco più di un’ora e mezza, mezz’ora effettiva però di domande e risposte serrate.
«Sono tranquilla anche perché non avevo e non ho nulla da temere da questa vicenda, era necessario solo fare chiarezza», spiegherà il ministro ai tanti colleghi dem che la salutano e la abbracciano quando finalmente dopo le 18 può raggiungere la direzione Pd. Siede in una delle ultime file all’ultimo piano del Nazareno, in tempo per sentire la replica del segretario Renzi, ma non per questo non viene raggiunta e circondata da amici e parlamentari con slanci di grande affetto e solidarietà. Lei si tratterrà a parlare per alcuni minuti giusto col sottosegretario Luca Lotti prima di andare via. E ormai il sorriso è più rilassato e spontaneo rispetto a quello ostentato a beneficio di fotografi e telecamere quando poche ore prima aveva lasciato il ministero. Tailleur, giacca e pantalone nero su maglia nera. Con Matteo Renzi la telefonata è rapida, giusto un saluto in mattinata, due parole, prima che arrivino i magistrati.
Per novanta minuti il procuratore della Repubblica di Potenza, Luigi Gay, e i pubblici ministeri titolari dell’inchiesta sul caso “Tempa Rossa”, Francesco Basentini e Laura Triassi, si trattengono negli uffici del ministero al terzo piano del palazzo della Galleria Sordi, di fronte la Presidenza del Consiglio. Audizione, terranno a precisare dal governo, e non interrogatorio perché la responsabile dei Rapporti col Parlamento risulta solo «persona informata dei fatti» e non certo coinvolta nell’inchiesta di Potenza sulle estrazioni petrolifere in Basilicata. Domande e risposte serrate che durano in realtà non più di mezzora, sull’ormai famoso emendamento alla legge di Stabilità del 2015, a metà di una giornata iniziata dalla Boschi di buon’ora al ministero e proseguita con la partecipazione al funerale del vicedirettore del Sole24ore Fabrizio Forquet in una chiesa della Capitale (da qui l’abito scuro), prima di chiudersi subito dopo ancora nei suoi uffici.
Preparata sì che era preparata, Maria Elena Boschi. Il dossier “Tempa Rossa” lo aveva rispolverato e studiato nei minimi dettagli in questi ultimi tre giorni di fuoco per mettere a punto le poche dichiarazioni pubbliche sulla vicenda, soprattutto l’intervento a Bologna di sabato. Un ultimo approfondimento con l’ufficio legislativo e legale e con i tecnici del ministero e l’ufficio di gabinetto lo conclude in mattinata al ministero, con il consueto puntiglio.
Poco più di mezzora effettiva per l’audizione, perché dopo i saluti preliminari e l’accoglienza, e subito dopo il domanda e risposta coi pm – raccontano – una gran fetta di tempo va via per la ricerca di un computer col quale verbalizzare: i pm arrivano senza un pc, che alla fine viene recuperato e messo a disposizione dal ministero. Nessun momento di tensione, verrà riferito in seguito, solo “cordialità” in un incontro che era stato concordato nella giornata di domenica, quando la ministra rientra da Bologna e si chiude nella sua casa romana. Una telefonata con i genitori Stefania e Pier Luigi, poco altro. I tre magistrati lasciano il ministero quando il premier Matteo Renzi ha già concluso la sua “filippica” sulle troppe inchieste mai approdate a sentenza. Ma sentire il ministro «era necessario», è l’unica cosa che dirà all’uscita il procuratore Luigi Gay. La Boschi raggiunge i colleghi di partito, poi la cena di gala in ambasciata brasiliana alla quale è attesa come ospite d’onore e lì non vuole mancare. Dopo ci sarà la battaglia parlamentare della mozione di sfiducia, ma il contributo del ministro all’inchiesta si chiude qui.
Carmelo Lopapa

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Le spiegazioni del ministro Maria Elena Boschi: «Nessuna pressione, ho presentato quell’emendamento perché si trattava della volontà politica del Governo». E le lacrime, al telefono, dell’ex ministro Federica Guidi con il compagno Gianluca Gemelli quando si è accorta che la cricca stava utilizzando il suo ruolo per altri affari.
La storia delle due donne del Governo Renzi ha preso ieri, definitivamente, due strade diverse: la Boschi è stata ascoltata come persona informata dei fatti a Palazzo Chigi, davanti al procuratore Luigi Gay, i sostituti Francesco Basentini e Laura Triassi, la pm della Procura nazionale antimafia, Elisabetta Pugliese, e il capo della squadra Mobile, Carlo Pagano. La Guidi invece verrà interrogata, probabilmente in settimana, a Potenza. Sempre come testimone ma potrà anche avvalersi della facoltà di non rispondere in quanto convivente di un indagato. Gianluca Gemelli è infatti il centro di questa inchiesta che, come dimostra il filone sul porto di Augusta, non è affatto finito. Ma nelle ultime ore può diventare più delicata la posizione della Guidi che, dalla lettura di alcune telefonate, sembra a un certo punto accorgersi che il fidanzato aveva messo la sua posizione a disposizione di altri interessi. Tanto da scoppiare in lacrime in un colloquio con il compagno, registrato dalla Polizia di Potenza. Di questo e di altro – gli incontri con la Total alla vigilia dell’inserimento nella lista delle aziende fornitrici da parte delle società di Gemelli, le pressioni per l’emendamento – verrà chiesto conto all’ex ministro qualora decidesse di rendersi disponibile ai quesiti dei magistrati.
Ha risposto invece a tutte le domande ieri Maria Elena Boschi in una conversazione con i magistrati che è durata, formalità a parte, non più di un quarto d’ora. Al centro dell’incontro l’ormai famosa intercettazione nella quale la Guidi diceva a Gemelli: «E poi dovremmo riuscire a mettere dentro al Senato se... è d’accordo anche “Mariaelena”. Qell’emendamento che mi hanno fatto uscire quella notte, alle quattro di notte...! Rimetterlo dentro alla legge di stabilità e a questo punto se riusciamo a sbloccare anche Tempa Rossa... ehm... dall’altra parte si muove tutto!». «Non essendo stato possibile farlo “passare” nel testo del decreto “Sblocca Italia” il Governo (per iniziativa del ministro Guidi con l’intesa del ministro Boschi) lo aveva sostanzialmente riproposto nel testo del disegno della Legge di Stabilità», spiegava il gip nell’ordinanza di custodia per spiegare il senso di quella conversazione.
Di quell’ “intesa” si è chiesto conto ieri alla Boschi che ha in qualche modo rivendicato, come fatto già pubblicamente da Renzi, la responsabilità di quell’emendamento. Sostenendo di non aver subito però alcuna pressione: così come dimostra l’iter parlamentare, ha detto il ministro, dopo che l’emendamento era stato ritenuto inammissibile in commissione in Legge di stabilità, ha deciso di riproporlo a nome di tutto il Governo perché ritenevano cruciale il progetto Tempa Rossa. E ritenevano fosse necessario accelerare il più possibile i tempi per la sua realizzazione: trattandosi di opera strategica per le politiche energetiche nazionali, ha detto la Boschi in sintesi, era normale che l’iter autorizzatorio passasse in capo direttamente al ministero qualora le Regioni avessero fatto melina senza esprimere un parere. Mai, ha detto il Ministro, nessuno le aveva però detto che il compagno della collega Guidi avesse in qualche maniera affari con le compagnie petrolifere interessate alla norma.
Il verbale è stato secretato. Dagli inquirenti filtra, comunque, soddisfazione per l’incontro avvenuto in tempi record e in un clima, tutto sommato, sereno nonostante le polemiche di ultime ore. D’altronde la Procura non ha mai avuto alcuna intenzione di mettere in discussione le scelte politiche attorno a questa decisione. Quanto, piuttosto, il sistema di affari che si è sviluppato attorno al provvedimento, come, secondo l’accusa, dimostrano le telefonate registrate principalmente sull’utenza di Gemelli. I magistrati continuano a essere convinti, infatti, del ruolo di primo piano del compagno dell’ex ministro Guidi, indagato per associazione a delinquere, traffico di influenze e corruzione, tanto che si apprestano a richiederne l’arresto al tribinale del Riesame dopo il rigetto del gip. «Parlerò – dice dalla sua casa di Augusta – soltanto dopo aver chiarito la mia posizione con le autorità competenti. L’unica cortesia è di lasciare in pace i miei familiari».
Giuliano Foschini

(ha collaborato Leo Amato)