Il Sole 24 Ore, 3 aprile 2016
La nuova Mercedes Classe E, la prima auto nativa digitale
Una linea di assemblaggio fatta da 87 sistemi di produzione, dotati di 252 controllori a logica programmabile. Un esercito di 2.400 robot. Un kit degli attrezzi fatto di 42 tecnologie diverse. E 50.000 indirizzi ip, nodi intelligenti che mettono in connessione ogni oggetto di questa filiera, facendolo dialogare con tutti gli altri: dal robot al componente più piccolo che scomparirà nel prodotto finito, la nuova Mercedes Classe E (serie 213).
A Stoccarda passerà alla storia come la prima auto “nativa digitale” del marchio. La vettura – che non è un concept, fra cinque giorni sarà nelle concessionarie – è figlia della digitalizzazione della fabbrica. È un prodotto dell’industria 4.0, fatto di atomi e bit. Un esempio, non isolato, che invita a rivolgere lo sguardo all’industria dell’automotive. Il luogo dove la digitalizzazione della manifattura è già una pratica consolidata. La bottega dove si può vedere all’opera la quarta rivoluzione industriale, come mostrano le innovazioni di processo e prodotto raccontate in queste pagine.
Una ricerca condotta dalla tedesca Roland Berger prevede che la prima ondata della digitalizzazione arriverà proprio in questo settore: si stima che le case europee potrebbero aumentare il fatturato di 35 miliardi di dollari all’anno (o perdere quote di mercato per 150 miliardi, se non agganceranno il cambiamento). «Da sempre – spiega Giuseppe Padula, delegato all’innovazione dell’Università degli studi della Repubblica di San Marino – l’industria automobilistica ha dato il via a cambi di paradigma. Se applicate in questo ambito, a cascata le innovazioni vengono poi adottate anche in altri settori. Questo perché l’automotive ha dentro di se tutti i processi manifatturieri».
Oggi l’auto è il dispositivo mobile più avanzato di tutti. Il 30% del valore di una vettura è dato dall’elettronica di bordo. E l’80% delle innovazioni future è atteso in quest’area. Tre anni fa, in tempi non sospetti, General Motors ha assunto 8mila ingegneri informatici, con il compito di sviluppare software non solo per le auto, ma anche per governare tutti i processi di produzione e vendita del gruppo. Un esempio di come le organizzazioni devono ripensarsi radicalmente.
Nel cuore della motor Valley emiliana, Giuseppe Cantore dirige il master in ingegneria del veicolo dell’Università di Modena e Reggio. Per formare al meglio gli ingegneri che opereranno in questo nuovo mondo è in stretto contatto con i responsabili risorse umane di marchi come Ferrari, Ducati, Lamborghini, Maserati. «In modo sempre più insistente – racconta – mi viene chiesto di inserire tra le materie di studio temi come la guida autonoma e la cyber sicurezza. Ma anche di formare ingegneri capaci di avere un approccio al veicolo inteso come sistema complesso».
La Commissione Europea ha calcolato che entro il 2020 serviranno 800mila professionisti digitali. E ha lanciato l’allarme: ad oggi, non ci sono. L’Italia si sta preparando. Dopo mesi di lavoro, è pronto il piano Industria 4.0 del Governo (la presentazione sembrava imminente, ma è tornata l’incertezza dopo le dimissioni del ministro dello Sviluppo Federica Guidi). Intervenendo a un convegno su questi temi che si è svolto a Parma, Stefano Firpo, direttore generale per la Politica industriale, la competitività e le Pmi del Mise, ha anticipato la visione del documento: «L’Industria 4.0 è l’ultima occasione che abbiamo per rilanciare la produttività. Non dobbiamo, però, solo creare valore aggiunto, ma anche aumentare produzione e occupazione. Altrimenti il rischio è di peggiorare ulteriormente il nostro indice di produttività». La sfida è insidiosa, ma va colta.
«Quando la digitalizzazione entro in modo pervasivo nell’attività dell’impresa, nulla è più come prima», conferma Andrea Pontremoli, 27 anni in Ibm, oggi Ceo di Dallara, dove proprio grazie alla formazione ricevuto in Ibm sta portando l’informatica nel cuore dell’industria dell’auto (si veda anche la scheda dedicata al simulatore Dallara). «Cambia – continua – il modo di preparare i manager. Cambia la catena del valore e cambia il modello di business: per esempio, con l’additive manufacturing potremo stampare pezzi di ricambio on demand, direttamente dove servono». Se Bill Gates, nel 1975, con una profezia passata alla storia predisse «un computer su ogni scrivania», oggi Pontremoli immagina «una stampante 3D in ogni concessionaria». Nell’attesa di verificare se anche la seconda profezia si realizzerà, alla Dallara la stampa additiva, in uso dal 2001 per la prototipizzazione, ha già lasciato il segno anche in produzione. «Con la stampa 3D abbiamo realizzato un roll hoop in titanio per vetture di Formula 1 che è risultato il 38% più resistente di quello in titanio fatto con il metodo tradizionale della fusione». Gli amici della Ferrari stentavano a crederci.