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 2016  aprile 02 Sabato calendario

Gigi D’Alessio torna a cantare in napoletano

Gigi D’Alessio la spiega così: «Sono un cantautore italiano che ha avuto la fortuna di nascere a Napoli». E ogni parola conta, in questa frase: «La prima canzone che portai a Sanremo, nel 2000, aveva un solo verso in napoletano, eppure mi sentii subito rinchiuso in un recinto. Ci ho messo quindici anni per conquistare la credibilità che serviva, e mi sono preso la rivincita: qualche mese fa ho pubblicato Malaterra, il mio primo album interamente in napoletano, con molti classici e cinque canzoni mie. Che soddisfazione ascoltarmi in dialetto alla radio, magari subito dopo David Bowie! E portare quelle canzoni in tutta Europa, Russia compresa, in Giappone, in Cina, in Australia… Ora ricomincio, stasera dal Pala Alpitour di Torino, che per me è la città più a sud d’Italia, e poi in tutto il Paese, in Sudamerica, Usa, Canada e il 21 giugno al San Paolo, a Napoli. Siamo in dieci sul palco, abbiamo undici schermi alle spalle, facciamo duetti virtuali e qualcuno a sorpresa dal vivo».
Gli ultimi suoi concerti sono stati a Tokyo, Shanghai, Melbourne, Sydney, Dubai, i prossimi saranno a Torino, Milano, Padova, Bologna, Roma. «Finora – racconta – ho trovato pubblici diversi: in Russia, al 98% erano russi, in Australia erano italoaustraliani, in Europa c’era un po’ di tutto. Il mio problema, quando faccio i tour, è la scaletta. Con 400 canzoni incise, non è facile scegliere. Questa volta, però, con l’album Malaterra alle spalle, ho un intento sociale, voglio promuovere la Napoli che non va mai in prima pagina, quella bella e giusta. Canto la città delle lacrime e quella dello zucchero, la parte malata, che va curata, e quella sana, che va difesa. Senza tanti discorsi, però: il concerto è una festa, e lo spettacolo vero è il pubblico».
Se la mia città chiama...
Dal 2000, D’Alessio abita a Roma, ma lui spiega che è solo una questione logistica: «Non vivo a Napoli, ma la vivo compiutamente. Quando la mia città chiama, io ci sono sempre. Poi la mia famiglia è a Napoli, tutti i miei parenti sono lì, sono informatissimo». Un po’ più complicato, invece, è il rapporto con la canzone napoletana: «In realtà – spiega – sono cresciuto con i cantautori, poi sono andato al Conservatorio, ho conosciuto e amato i classici. Infine, vivendo a Napoli, non puoi fare a meno di crescere dentro la sua tradizione. Ecco, io sono tutte queste cose, e se me la prendevo quando mi chiamavano neomelodico è perché la definizione ghettizza: in quella parola ci sono cantanti rionali e altri che hanno suonato all’Olympia, hanno venduto venti milioni di dischi. Dove mi sento forte è nel confronto musicale, posso discutere di musica anche con Riccardo Muti, e questo mi conforta. Ho avuto molta fortuna nella vita, e di questo sono grato, ma non ho rubato niente a nessuno».
Il primo a riconoscerglielo fu Lucio Dalla: «Mi ha sempre accolto a braccia aperte, era uno che passava dal pop all’opera, al jazz e io mi rivedo un po’ in lui. Io passo da Mozart a Chopin a... Gigi D’Alessio». Un grande incontro fu quello con Renato Carosone: «Un rapporto quasi di simbiosi. Ho ereditato il suo pianoforte, che ora è casa mia, e la famiglia mi ha concesso di usare la sua voce per uno dei duetti virtuali di questi concerti. Renato è stato il primo cantante moderno napoletano. Da lui ho imparato che se la canzone è bella, meno canti meglio è. Mi ha insegnato l’ironia, la professionalità, la leggerezza».
La beneficenza
Per l’ex bambino prodigio che iniziò a suonare a 4 anni, non è ancora tempo di bilanci: «La musica rimane il mio giocattolo preferito. Nasce in solitudine, poi diventa di tutti, e magari finisce che la gente sa le parole delle tue canzoni a memoria come il Padre nostro. È un grande dono, che cerco sempre un po’ di restituire alla comunità. Con i concerti, e con l’aiuto di sponsor, abbiamo finanziato per 200 mila euro l’acquisto di un’ambulanza pediatrica all’ospedale di Caserta, abbiamo raccolto 260 mila euro per il pronto soccorso dell’ospedale pediatrico Santobono di Napoli e 60 mila per l’acquisto di mobili per l’ospedale Moscati di Aversa. È bello poter dire che attraverso la musica si fa qualcosa di utile per la propria gente».