la Repubblica, 3 aprile 2016
L’Italia e l’efficienza dei furbi
La conseguenza pesante del “caso Guidi” è che rafforza il sospetto di un nesso inevitabile, quasi fisiologico, tra l’esigenza di fare le cose e l’impossibilità di farle senza favorire interessi illeciti, o quantomeno opachi. Il “fare”, per il governo Renzi, è tutto. È la ragione stessa della sua esistenza e della sua disinvolta genesi. La vicenda del petrolio lucano è emblematica: la ragnatela dei veti locali e delle lungaggini burocratiche (puro veleno per l’economia di questo paese) viene spazzata via dallo “Sblocca-Italia”. Fretta e arbitrio sono virtuosi a una sola condizione: che la trasparenza dei progetti e la prevalenza dell’interesse pubblico siano a prova di bomba (che significa, nove volte su dieci, a prova di inchiesta). La sciagurata telefonata del ministro Guidi rivela, invece, che l’altra ragnatela, quella dei favori personali e degli interessi “amichevoli”, è attiva e inamovibile. La paralizzante vischiosità dell’indecisionismo (basta un Consiglio comunale anche minimo a bloccare, magari per sempre, qualunque opera di qualunque entità e di qualunque valore) è stata rimossa; ma altrettanto paralizzante è sapere che attorno a ogni macchina che si rimette in moto ci sono vecchie e nuove consorterie pronte a farsi gli affari loro. Il governo Renzi impara (anche a sue spese) che c’è solo una cosa, in Italia, più dura da estirpare della inefficienza burocratica. È l’efficienza dei furbi.