la Repubblica, 3 aprile 2016
Come cambia la colazione degli italiani
Ognuno aveva la sua tazza, grande o piccola. A colazione il latte era per tutti. Bisognava aspettare che bollisse. «Non guardare il pentolino. Se lo fissi, il latte non bolle mai». Nel 1951 un chilo di pane costava 100 lire, un litro di latte 70 lire (un caffè al bar 30 lire). Non c’era altro, sulla tavola del mattino. La zuppa di latte e pane, soprattutto nelle case di campagna, era il primo rifornimento della giornata. Adesso sulla tavola della colazione c’è di tutto: biscotti integrali, barrette, cereali, yogurt assieme a tante bevande vegetali, al gusto di soia, riso, avena, grano. Ormai manca solo lui, il latte: nel 2015, rispetto all’anno precedente, il consumo del “fresco” è diminuito del 9,5%. Nel 1960 ogni italiano – dati Assolatte – ne beveva 63 litri all’anno, 79 nel 1970, poi 60 nel 1990 per arrivare ai 47 di oggi.
«È quello della Lola», gridavano felici i bambini dello spot Granarolo quando vedevano arrivare centinaia di allevatori con una bottiglia di latte in mano. Oggi molte porte resterebbero chiuse. «Rispetto a cinque anni fa – dice Gianpiero Calzolari, presidente della Granarolo, prima azienda produttrice di latte italiano – il nostro Paese consuma 320mila tonnellate di fresco in meno, pari al 20% del totale. E l’anno scorso c’è stato un vero e proprio crollo. Le ragioni sono tante. La colazione non è più il rito del mattino, ognuno la fa per conto suo perché gli orari sono diversi. Grandi consumatori erano i bambini e adesso c’è il calo delle nascite. I nuovi italiani, che spesso hanno famiglie numerose, arrivano da Paesi dove il latte non fa parte della tradizione alimentare».
«Bevete più latte, il latte fa bene, il latte conviene…». Scout e bambini cantavano così in Boccaccio ’ 70 di Federico Fellini. «Adesso invece – dice Calzolari – c’è questa informazione strisciante sul “latte che fa male”, nulla di scientifico ma la notizia cattiva vince sempre sulla notizia buona. Ci sono poi le mode e le tante campagne sulle intolleranze vere o presunte. È in forte crescita la popolazione vegana e tanti propongono meno proteine animali e più proteine vegetali. Tutte queste cose assieme stanno cambiando il mercato. Cinque anni fa il latte era il 60% del nostro fatturato. Ora è il 40%. Ma in questo stesso periodo siamo riusciti a salire da 760 a 1.100 milioni di euro, perché abbiamo trasformato parte del latte nei prodotti più richiesti dal mercato».
Non a caso, nell’ultimo spot dell’azienda, appaiono nell’ordine il parmigiano grattugiato, lo yogurt, le mozzarelle e solo alla fine il latte con l’ormai famosa mucca Lola. «Per assecondare le tendenze abbiamo lanciato il latte biologico, che va forte e anche una linea “delatosata”, cioè senza lattosio. E se a colazione l’Italia beve sempre meno latte ma altro, ci siamo messi a produrre bevande a base di soia, riso, nocciola, cocco… Con queste nuove iniziative riusciamo a vendere bene anche all’estero. Esportiamo il 20% dei nostri prodotti».
Il primo pasto del mattino, secondo un’indagine della Nielsen (A colazione con gli italiani per cogliere i nuovi stili alimentari), vale 6,8 miliardi di euro. In particolare, sono cresciute le confetture (più 1,9%) mentre calano (-1,2%) le fette biscottate e il caffè (-0,4%). Per i biscotti aumentano dello 0,8 i frollini e c’è invece un salto dei biscotti salutistici (più 6,4%) che con i senza glutine arrivano al 21% in più. Le merendine non scompaiono e dopo due anni di calo registrano un più 1,2%. Per il latte vaccino la Nielsen registra un calo del 7,4% con un aumento dell’8,4% in quello di alta digeribilità. Le bevande vegetali si alzano del 23%, con un parco acquirenti di 4,8 milioni di famiglie. Per i cereali vanno bene le barrette (più 3,3%) mentre lo yogurt cala del 2,3%, ad eccezione del magro e del biologico (più 1,3 e più 3,3%).
La produzione italiana (fonte Coldiretti su dati Ompz) è passata dalle 3.208.000 tonnellate del 1999 alle 2.491.000 del 2014. Nonostante il pesante calo, gli allevatori italiani non riescono a vendere il loro latte. «C’è un’invasione di prodotti stranieri – ha detto ieri il presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo – che vengono poi venduti come italiani. Ci sono allevatori costretti a mungere e poi buttare via questo prezioso alimento». Le tazze vuote della colazione non portano certo una speranza.