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 2016  aprile 04 Lunedì calendario

L’Unità dà del «mafiosetto» a Saviano. Polemiche

Non è il problema del “nessuno tocchi Roberto Saviano”. Lo scrittore è stato criticato, accusato di plagio, scopiazzature, pedinato nei suoi amori. Ma una cosa non si può usare: l’appellativo di mafioso. Neppure “mafiosetto di quartiere” come, sarcasmo da circolo della pesca, fa Fabrizio Rondolino, il globetrotter delle scappatelle politiche. Rondolino in genere parla purché di lui si parli, ma quella con Saviano è una questione aperta da anni.
Già nel 2009, quando scriveva per La Stampa, se la prese con l’autore di Gomorra. Senza nessun cedimento verso il greve. Anzi. Andò in tv per ritrattare e spiegare che usava Saviano per criticare i media. I tempi cambiano, e Rondolino si adegua al linguaggio nella stagione dei gufi. Dopo un pellegrinaggio nella destra e tra le braccia di Berlusconi, l’uomo è tornato a scrivere per l’Unità dunque si sente in grado di tirare fuori quello che ha in pancia: Saviano mafioso.
La colpa dello scrittore è quella di prendersela spesso con il governo. Questa volta ce l’aveva con l’ex ministro Federica Guidi, ma anche con l’attualissima rappresentate del governo Maria Elena Boschi. E Rondolino ha tirato fuori tutto quel che aveva nelle viscere. Lesa maestà Boschi nel Pd non è permesso, ma cambiare opinione su Saviano dopo che il partito ne ha fatto una sua bandiera è difficile. Lo spiega bene Ernesto Carbone che è più renziano di Renzi stesso. “Una premessa: non condivido più niente di quello che scrive Saviano e non ne faccio una questione di governo o simpatia. Però usare il termine mafiosetto non si può”.
Più dura Alessandra Moretti, consigliere regionale del Veneto: “Lo definisco sgradevole. Non trovo altro. Poi è vero che la responsabilità penale è personale, che Saviano avrà i mezzi per difendersi e che Rondolino probabilmente risponderà delle sue parole. Ma c’è un limite che non può essere oltrepassato soprattutto nei confronti di una persona che contro la criminalità organizzata ne ha fatto una battaglia fino a perdere la propria libertà”.
Più o meno quello che dice Matteo Ricci, sindaco di Pesaro e soprattutto vice presidente di quel Pd che l’Unità, il giornale sul quale Rondolino oggi scrive, l’ha salvata e riaperta: “Una frase del genere non può essere usata neppure per fare ironia, come forse Rondolino credeva. Non credo si possa aggiungere altro”.
Non usa mezzi termini Miguel Gotor, storico e fedelissimo di Bersani: “L’Italia è da sempre terra di cortigiani in servizio permanente ed effettivo del principe di turno: cambia il sovrano, ma non lo stile e la maschera che indossano. Per quanto mi riguarda esprimo tutta la mia solidarietà a Roberto Saviano, alla sua coraggiosa battaglia per la legalità contro la camorra, alla sua voce di intellettuale libero. Tra l’altro credo che simili dichiarazioni siano in realtà controproducenti per il Pd e anche per il governo perché disorientano tanti elettori”.
Gli altri parlamentari e dirigenti del partito che abbiamo provato a contattare mostrano imbarazzo e preferiscono non avventurarsi in alcun commento. Irraggiungibile anche Matteo Renzi che pure abbiamo tentato di raggiungere. Ovvio che su un tema del genere per lui sia difficile prendere una posizione. Anche perché, al suo esordio da premier, aveva scritto proprio a Saviano una lettera aperta piena di promesse di legalità sulla prima pagina di Repubblica, dandogli del tu (“Caro Roberto…”). Interessante sarebbe stato un commento di Erasmo D’Angelis, il direttore dell’Unità. Ma anche lui, dopo aver messo in pagina le offese allo scrittore anti-camorra, ha preferito tacere.