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 2016  aprile 04 Lunedì calendario

Commento al campionato di Maurizio Crosetti

Nell’attimo del cedimento nervoso di Higuain dopo il solito gol di possesso, la Juve ha forse vinto lo scudetto stando seduta al ristorante, a pranzo dopo l’allenamento della domenica. Tutti insieme per guardare il Napoli in tv. E nello schermo, inequivocabile, l’immagine di una stanchezza prima fisica e poi mentale. Azzurri in ritardo su molti, troppi palloni, in imbarazzo difensivo (due rigori concessi all’Udinese e una papera del portiere di riserva), con l’allenatore espulso (non è la prima volta) e con i nervi che alla fine saltano proprio al fuoriclasse, all’“uomo tutto”, Gonzalo Higuain, forse frustrato perché neanche la sua enormità (trentesimo gol in 31 partite) può bastare. Ha pure messo le mani addosso all’arbitro e adesso rischia più di una giornata di squalifica a sette dalla fine, probabilmente annunciata.
Grande Napoli per tanti mesi, ripetiamolo fino alla noia, però la Juve di più: 20 vittorie e un pareggio nelle ultime 21 gare sono numeri mostruosi. La cifre non spiegano tutto ma raccontano molto, accompagnando i fatti: la Juventus ha vinto tre volte più del Napoli, e questo non è dipeso dal fatturato o dagli arbitri ma dalla maggior abitudine a stare in campo in un certo modo, persino dopo un inizio di stagione disastroso. Gli scudetti li vincono più le difese degli attacchi, se il Napoli ha segnato 7 volte più della Juve ma ha preso 27 gol contro 16. Fatale l’assenza di Reina. Eppure Higuain ha segnato 30 volte, Insigne 11, l’unico juventino in alto nella classifica dei marcatori è Dybala (14) che adesso è pure fermo. Allora Buffon, Bonucci, Barzagli e Chiellini pesano più del Pipita e di Insigne? Forse sì, quasi certamente sì. Nel giorno dell’addio a Cesare Maldini, ecco una lezione di pragmatismo molto italiana.
Ora il Napoli deve guardarsi dalla Roma per il secondo posto, tra una ventina di giorni saranno di fronte all’Olimpico, mentre un paio di lontane statistiche dicono che una squadra con +6 a -7 turni può pure perdere il campionato: accadde alla Juve nel 2000 a Perugia (ma certi uragani ti affogano una sola volta nella vita) e alla Lazio l’anno prima. Se la previsione più logica sarà rispettata, i bianconeri agguanteranno il quinto scudetto consecutivo come soltanto negli anni ‘30: tra gli eventuali agguati la prossima trasferta contro il Milan, sabato sera, e nessuno sorrida perché il calcio è persino più bizzarro dei rossoneri.
Giocare quasi sempre dopo la Juve, con l’obbligo di vincere dopo i suoi implacabili tiri da tre, da vantaggio teorico è diventato per il Napoli un supplizio. Anche questo, probabilmente, ha messo troppo fuoco sotto la pentola a pressione di Sarri e la valvola a Udine non ha funzionato. Ora, però, sarebbe bello se il dibattito sullo scudetto si concentrasse sulle qualità, tante, e su qualche limite delle protagoniste, sul loro modo di reggere o rovesciare il destino, lasciando stare complotti e dietrologie. La classifica è un soggetto solitamente sincero.
Non dice bugie sull’Inter svaporata contro il Toro, sulla lotta per salvarsi (molto male Palermo e Frosinone), sulla zona- Champions con Fiorentina e nerazzurri ormai fuori, e non le dice nemmeno sulla frana progressiva e forse inarrestabile del Milan, sconfitto stavolta a Bergamo, ottava volta su 31, cioè i rossoneri ne perdono più o meno una ogni quattro. Premesso che le libere parole del presidente non aiutano a tenere in piedi la baracca, come baracca questa non è un granché: ora c’è il ritiro a oltranza, anche fino al termine della stagione e di se stesso, fa capire Mihajlovic. Identico provvedimento per la Lazio, e davvero non si capisce a cosa possano servire stanze di costrizione e castighi di gruppo per una squadra, quella dell’esonerato Pioli (ma Inzaghi2 allenerà meglio di Inzaghi1?), che con il derby è arrivata a perdere per l’undicesima volta, col bieco corollario di scontri tra ultrà e polizia (un agente ferito).
Quattro gol sono la cifra di un’umiliazione, e non si riesce a trovare un altro termine per gli zero minuti che Spalletti ha concesso a Totti in quello che è stato quasi certamente l’ultimo derby per il capitano. Spalletti dichiara di essere il primo dei dispiaciuti e di certo una squadra non è un ente benefico, ma si doveva assolutamente trovare il modo per una passerella anche breve: un omaggio doveroso, non un’elemosina. Resta la sgradevole sensazione che l’allenatore l’abbia fatto apposta, perché “il padrone sono me”. Una storia triste.