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 2016  aprile 04 Lunedì calendario

La storia di Rino, l’uomo che dà una seconda vita alle tartarughe

La nonnina del gruppo è Aisha, 80 anni, lasciata qui dalla sua proprietaria quasi coetanea che l’aveva fin da bambina ma non poteva più prendersene cura. Pagoda nel carapace deforme ha i segni della sua vita accidentata, 20 anni al buio in una vaschetta di plastica.
Ma nel cuore di Rino Sauta un posto speciale lo occupa Afrodite. «È con me da 16 anni, la prima – spiega -. Una conoscente non voleva più saperne, non l’avessi presa l’avrebbe buttata nel water. Nel water, capisce? Realizzai che dovevamo fare qualcosa». Aisha è una «Testudo hermanni boettgeri», Pagoda e Afrodite sono acquatiche «Pseudemys», le più vendute in Italia. I profani le chiamerebbero solo tartarughe ma qui a Tartamondo, nella piana di Castelnuovo Bormida, in provincia di Alessandria, ogni ospite ha un’identità ben precisa. Non tutte hanno un nome, visto che sono 200, di terra e d’acqua dolce, ma di loro Rino, che per pura passione le accoglie da ogni angolo d’Italia, quando c’è chi non sa più che farne o le forze dell’ordine le sequestrano, sa tutto: le cura, le alimenta, crea per loro habitat su misura, ne studia il comportamento. Le veglia d’inverno, quando vanno in letargo, da cui usciranno a giorni. Se gli si chiede di spiegare cosa sia Tartamondo, ci pensa su, poi dice: «È un’oasi, un rifugio, un’arca di Noè. Una realtà unica in Italia per tutelare le tartarughe, autoctone ed esotiche, rettili antichi, acuti, sensibili, affettuosi». Ed è un sogno: quello di un parco a tema – «ci servirebbe almeno un ettaro» – dove ampliarsi, creare percorsi didattici, realizzare un museo, aprirsi al pubblico con un triplo scopo: salvaguardare dal rischio estinzione le specie autoctone, sia testuggini (così si chiamano correttamente quelle terrestri) che tartarughe d’acqua dolce, educare, creare lavoro. «All’estero sono realtà consolidate. Noi abbiamo bussato a tante porte ma ce le hanno chiuse tutte in faccia, Comuni, Province, Regioni». Non c’è nulla di improvvisato, non c’è business. Sauta, 43 anni, siciliano di Belpasso con un lavoro da impiegato ad Alessandria, in realtà è erpetologo, studioso di rettili laureato in Biologia, folgorato dalle tartarughe nei suoi lontani 10 anni. Sulle pendici dell’Etna, incontrò una testuggine senza una zampetta: «Passai la giornata a guardarla». Lì è germogliato il progetto di questo “pasionario”, che ha dovuto aspettare il Duemila – e l’arrivo di Afrodite, «impagabile, le manca la parola» – per creare il primo nucleo dell’oasi a Quargnento, Piemonte. Da lì a Castelnuovo, nel 2012, in un terreno tutto suo accanto a casa, dove in 2 mila metri quadri all’aria aperta, lui e la moglie Yvonne, botanica, hanno realizzato mini habitat, tra prati e laghi, per dividere le tartarughe in base al continente di provenienza: Africa, Europa, Asia, America, Oceania. Eccolo, il Tartamondo, che dal 2010 è una onlus con 75 soci e una vasta attività di accoglienza e rifugio per rettili (ci sono anche serpenti, camaleonti, gechi, iguane) di livello nazionale, garanzia per le forze dell’ordine.

«Sono 143 gli animali sequestrati, specie dal Corpo forestale, che abbiamo in custodia, oltre a quelli che ci vengono portati da chi non può più tenerli. Un team di veterinari specializzati collabora con noi. Abbiamo aiutato 25 mila tartarughe, molte date in adozione, realizzato 8 mila ore di sensibilizzazione, siamo associati alla Fiadaa di Michela Vittoria Brambilla. Seguiamo tanti progetti: a breve reinseriremo 15 rare tartarughe palustri Emys orbicularis nel Parco del Po».
Un’attività che Tartamondo porta avanti sola, con l’aiuto di soci, 5 per mille e la vendita di qualche gadget (www.tartamondo.it): non un euro dalle istituzioni. «Questa non è solo passione, è la mia vita – spiega Rino -. Ma le tartarughe sono sempre di più, gli spazi sempre meno, sta diventando difficile fare tutto, rispondere alle richieste. Ci fosse un ente disposto ad aiutarci, a concederci spazi adeguati, andremmo ovunque». Lui, Afrodite, Aisha e le altre.