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 2016  aprile 04 Lunedì calendario

«Io sono Ranger solitario, che lotta per la giustizia». Donald Trump intervistato da Bob Woodward (quello del Watergate), parla di come vorrebbe salvare l’America con gli eroi dei film

«Per conquistare gli americani farò come Mohammed Ali e il grande allenatore di football Vince Lombardi: vincerò, perché vincere risolve tutti i problemi».
Alla fine di quella che gli analisti hanno descritto come la peggior settimana nella campagna presidenziale di Donald Trump, il leader a sorpresa dei repubblicani si è rivolto ad un mito del giornalismo americano, Bob Woodward, per rilasciare l’intervista con cui spera di rilanciarsi verso la nomination. Un’ora e mezza di colloquio nel nuovo albergo che sta costruendo a due passi dalla Casa Bianca, spaziando dalla «massiccia recessione» che vede imminente negli Usa, alla Nato e le armi nucleari. Un tentativo di apparire presidenziale, senza rinunciare alla sua originalità, alla vigilia di un voto decisivo. Domani, infatti, le primarie riprendono in Wisconsin, dove i sondaggi danno per favorito il suo rivale Ted Cruz.
Il partito contro
In sé, il Wisconsin non peserebbe molto. Perderlo, però, complicherebbe la corsa di Donald verso la soglia di 1.237 delegati, necessari nel Gop per ottenere la nomination automatica. A quel punto, pur avendo la maggioranza, dovrebbe giocarsi tutto alla Convention di Cleveland, dove i suoi avversari dell’establishment già si preparano a sostenere lo Speaker della Camera Paul Ryan come candidato di consenso, capace di riunificare il partito e sfidare con possibilità di vittoria la Clinton o Bernie Sanders a novembre.
La settimana scorsa è stata segnata dall’arresto del manager della campagna Corey Lewandowski, accusato di aver malmenato una giornalista, la minaccia di punire le donne che abortiscono, e la gaffe per la presa in giro della moglie di Cruz. Parlando con Woodward, Trump non si è scusato: «La prima cosa che devo fare è vincere, poi penserò a tendere la mano agli ex rivali e riunificare il partito. Capisco che alcuni rapporti, con Jeb Bush e Marco Rubio, sono irrecuperabili, ma a volte bisogna rompere un po’ di uova. Io genero rabbia, ma alla fine tutti mi amano. Sono il Ranger solitario (The Lone Ranger), che lotta per la giustizia». Anche l’ex moglie Ivana gli ha consigliato di calmarsi, ma lui non pensa che sia la strategia giusta da seguire: «La mia naturale inclinazione è vincere. Dopo, diventerò così presidenziale che non mi riconoscerete. Sarò così noioso da farvi addormentare».
Il programma
Se questo avverrà, ha già alcune priorità di programma. La prima è l’economia, dove teme l’arrivo di una «massiccia recessione», al punto di sconsigliare agli americani di investire a Wall Street: «Sediamo su una bolla finanziaria e la disoccupazione reale è intorno al 20%, altrimenti io non avrei mai ottenuto tanto consenso». Lui pensa però di avere il rimedio, abbassando le tasse, rinegoziando i trattati commerciali, e cancellando l’attuale debito da 19 trilioni di dollari in otto anni. In politica estera, «la Nato è da rifare perché era stata creata contro l’Urss, ma ora il nemico è il terrorismo». Vorrebbe ridurre le armi nucleari e pensa di poter fare business con Putin, ma non ci scommette. 
È curioso che mentre il «Post» stampava in prima pagina l’intervista con Woodward, negli editoriali scriveva che Trump non è adatto alla presidenza e va fermato. I sondaggi, soprattutto quelli condotti fra i singoli gruppi elettorali come le donne o i latini, dicono che ha così tanti limiti che a novembre potrebbe perdere anche uno Stato solidamente repubblicano come lo Utah, per come ha offeso i mormoni. Lui però punta ad attirare alle urne elettori nuovi e astensionisti, scombinando i modelli del passato. Finora, del resto, tutte le notizie sulla sua prematura scomparsa politica si sono rivelate esagerate.