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 2016  aprile 02 Sabato calendario

Dall’Egitto fanno ancora i vaghi sull’indagine per la morte di Giulio Regeni

L’estenuante partita sul caso Regeni tra Roma e il Cairo è a un’ennesima strettoia, che ripropone tutti gli ingredienti di questi due mesi di enfasi diplomatica e di nulla investigativo. Nel consueto segno dell’ambiguità. Accade infatti che a quattro giorni dal famigerato incontro del 5 aprile a Roma tra gli investigatori di Sco e Ros con quelli egiziani, trasformato in una sorta di linea del Piave non solo investigativa, ma anche politica (il 5 pomeriggio il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni riferirà alla Camera), il quotidiano Al-Akhbar anticipi a pagina 15 della sua edizione di ieri i contenuti dell’«esaustivo dossier» che dovrebbe essere consegnato a Roma martedì prossimo. Dovrebbe. Perché, a ieri sera, la lettera con cui sabato 19 marzo il capo della Polizia Alessandro Pansa aveva chiesto conto al Ministero dell’Interno egiziano di comunicare i nomi dei funzionari di polizia in arrivo a Roma non ha ancora avuto risposta. Perché, a ieri sera, la nostra ambasciata al Cairo non aveva ancora ricevuto alcuna richiesta di visto (obbligatorio) per il viaggio di martedì.
 Si dirà. Il venerdì è giorno di festa per l’Islam. E dunque quello che non ha trovato il tempo di fare in 14 giorni, forse il Ministero dell’Interno egiziano troverà modo di farlo tra oggi e lunedì. Vedremo. È un fatto che la possibilità che l’incontro del 5 vada deserto ha una sua consistenza. Ed è un fatto che, come in ogni giorno di festa (era un venerdì anche quando venne data comunicazione della morte dei cinque “assassini” di Giulio), il Ministero del potente Magdy Abd El Ghaffar alzi un po’ di polvere. Per vedere l’effetto che fa. Confondendo un contesto già torbido. Si legge infatti su Al-Akhbar: «Una fonte del Ministero dell’Interno ha precisato che il dossier Regeni comprende numerosi documenti e informazioni importanti, muniti di foto, dalla data di inizio dell’accaduto. Il fascicolo include anche tutte le indagini effettuate dall’arrivo di Giulio al Cairo sino alla sua scomparsa e il ritrovamento del cadavere, oltre alle complesse relazioni della vittima ed ai segreti dei suoi incontri con operai egiziani ed alcuni sindacalisti…» (la traduzione integrale del testo è sul nostro sito).
«Tutte le indagini effettuate dall’arrivo di Giulio al Cairo sino alla sua scomparsa». Il passaggio è sufficientemente ambiguo dal punto di vista lessicale da lasciar ipotizzare per diverse ore, in un effetto eco sulla Rete, che, in un imponderabile sussulto di trasparenza, il Ministero dell’Interno, per la prima volta, ammetta che Giulio Regeni sia stato un “target” degli apparati della sicurezza egiziana nei cinque mesi trascorsi al Cairo. Ma, appunto, è solo fumo negli occhi. Quell’indagine sul “prima” – come è chiaro da quanto la stessa fonte del Ministero dell’Interno chiarisce ad Al-Akhbar, e come apparirà chiaro ai nostri inquirenti (Procura, Ros e Sco) non fosse altro per la traduzione data a quel verbo arabo (“monitorare”) il cui significato corrente è in realtà “ricostruire” – è stata fatta ex-post. Non c’è dunque alcuna ammissione di alcunché. Tantomeno della visita degli uomini dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale (il Servizio segreto civile interno egiziano) nella casa di Giulio pochi giorni prima del suo sequestro e omicidio, come documentato tre settimane fa dall’inchiesta di Repubblica. «La fonte – si legge infatti ancora sul quotidiano egiziano – ha detto che il Ministero dell’Interno ha annotato nel fascicolo anche le sue ipotesi sul caso e le piste seguite nelle indagini. Il Ministero dell’Interno si è impegnato anche a compiere ulteriori sforzi in coordinamento con il gruppo investigativo italiano».
«Ulteriori sforzi in coordinamento». Un altro salamelecco. Perché, come appare chiaro nel corso di una lunga riunione in Procura tra il pm Sergio Colaiocco e i funzionari di Sco e Ros rientrati dal Cairo, di quel “coordinamento” non c’è stata alcuna traccia nelle otto settimane di permanenza del nostro team in Egitto. Mentre infatti la Procura di Roma ha ascoltato nelle ultime settimane in rogatoria uno degli amici di Giulio che aveva lasciato il Cairo e a cui gli inquirenti egiziani erano interessati, i nostri investigatori hanno avuto un solo incontro “operativo” con la polizia egiziana. Il 24 marzo, quando gli venne comunicata «la scoperta degli assassini» con l’oscena proposta di accreditarla in una conferenza stampa congiunta. Di più. In questa vigilia dell’incontro del 5, una sola cosa continua a non essere né detta, né lasciata filtrare. Se in questo “dossier” ci sia o meno, finalmente, quanto chiesto dall’inizio dell’indagine e promesso il 14 marzo dal procuratore generale del Cairo nel suo incontro con Pignatone e Colaiocco: le celle telefoniche del luogo della scomparsa e del ritrovamento di Giulio, i tabulati telefonici di una dozzina di persone che intorno a Giulio si mossero prima della sua scomparsa e che con lui condividevano la casa di Dokki. Tutto il resto, infatti, è fuffa.