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 2016  aprile 02 Sabato calendario

Parla il marito della presunta infermiera killer: «Solo coincidenze temporali che certamente sono frutto di pura casualità»

Il marito. Poi tutti abbiamo pensato: e il marito?
Eccolo.
Una casa in ordine, arredata con sobrietà. Le persiane socchiuse. La televisione accesa. Il Tg1 delle 13.30.
Parlano di lei, di Fausta Bonino, sua moglie. Le notizie, le stesse: tredici decessi sospetti nel reparto di Anestesia e Rianimazione di Villa Marina, l’ospedale di Piombino, tra il 2014 e il 2015, tredici decessi provocati da inspiegabili, rapide e irreversibili emorragie; e quell’infermiera sempre presente.
Lui ascolta distratto.
Renato Di Biagio dimostra molto meno dei suoi 66 anni, undici più di Fausta: un uomo asciutto, tonico, di media statura; la barba curata, i capelli brizzolati, le pantofole.
Non c’è una regola su come si debba reagire davanti alle brutte notizie, anche a quelle più sconvolgenti: certo questo marito – ex dirigente delle acciaierie, ora in pensione – dimostra di avere nervi saldi e uno sguardo fermo in un miscuglio di rabbia e determinazione.
«Mia moglie è innocente».
Signor Di Biagio, sua moglie è accusata di...
«So tutto, per filo e per segno. Ma le ripeto: mia moglie è completamente innocente».
Da cosa nasce questa sua convinzione?
«Dall’evidenza dei fatti...».
Continui.
«È un processo indiziario che ruota tutto, che si fonda solo ed esclusivamente su alcune coincidenze temporali...».
Quindi lei ritiene che...
«Mi faccia finire: coincidenze temporali che possono essere... Anzi, che certamente sono frutto di pura casualità».
È lecito pensare che la Procura e i carabinieri siano in possesso di prove più consistenti di qualche semplice coincidenza.
«Senta, con il trascorrere delle ore sta emergendo già una verità: questo processo è stato messo in piedi dalla Procura solo e soltanto sulla base di alcune coincidenze, con la complicità di giornali e telegiornali ai quali non è parso vero di trovare subito una colpevole per quella serie di morti sospette. Ma prove chiare, nette, schiaccianti nei confronti di Fausta, io non le ho lette né le ho sentite».
Da quanto tempo siete sposati?
«Da 34 anni».
Qual è stata la reazione dei vostri due figli?
«Lasci stare i miei figli».
I carabinieri hanno raccontato che sua moglie avrebbe problemi di epilessia e farebbe uso di antidepressivi.
«E queste, secondo lei, sono prove schiaccianti?».
È un pomeriggio caldo. Dal secondo piano sale un odore forte di cavolo bollito. Gli inquilini di questa palazzina di via Prima Maggio – la Piombino costruita negli anni Sessanta, strade ad angolo retto, del mare solo la brezza – tengono gli usci socchiusi e confessano stupore, angoscia e pena per la Fausta, venuta a vivere qui subito dopo il matrimonio. Un matrimonio felice. Una famiglia felice.
«Con due figlioli – racconta la signora Adele Fornaciari, 82 anni, del secondo piano – cresciuti pieni di gioia e di attenzione: Andrea e Lorenzo, dovrebbe vederli, sono due fiori di figli. Uno è medico specializzando nel reparto di Anestesia al Cisanello di Pisa, mentre l’altro è cuoco a Parigi... ed è da lì, poverina, è proprio da Parigi che la Fausta tornava, quando l’hanno arrestata all’aeroporto».
La Fausta è generosa. La Fausta è premurosa. La Fausta che se poteva farti un piacere, ecco che te lo faceva.
«La Fausta arrivò qui da Savona che l’era ancora piccina, una ragazzetta – ricorda la signora Anna del primo piano – e subito si fidanzò con Renato, che invece arrivava da lì di fronte, dall’Elba. Lei l’è sempre stata infermiera. Prima credo che fosse nel reparto di Ginecologia, poi passò lì, dove tutto sarebbe successo».
Una porta si apre più lentamente.
Una voce nella penombra.
Anzi, meno di una voce: un soffio.
«Brava donna, sì sì... Però poi, negli ultimi tempi, nervosa e scura, come irrequieta».
Scura anche di carnagione, capelli neri, esile, scattante, veste con gusto, ma mai appariscente. Dopo due ore, sugli appunti resta l’identikit di una donna dentro una normalità quasi banale.
La parrucchiera all’angolo: «Veniva un paio di volte al mese». Il salumaio: «Faceva la spesa e poi via. Mai una parola di troppo». Qualche volta a messa, nella parrocchia di Santa Maria della Neve.
Una vita così. Che nel quartiere nessuno s’è mai accorto di lei. Era solo un’infermiera. Si capiva dai turni, perché a volte rientrava all’alba. E dai piccoli favori che, di tanto in tanto, qualcuno le chiedeva. Dovrei fare una radiografia: mi prenoti tu, Fausta?
Poi si scopre che, secondo i carabinieri, avrebbe accoppato tredici pazienti in due anni. Fiala di eparina, uno dei più potenti anticoagulanti del sangue. Siringa. Un sorriso dolce, un’iniezione, un’esplosione nelle arterie di quei poveri disgraziati.
Da Livorno, fonte investigativa, arriva la notizia che potrebbe essere necessario procedere con la riesumazione di alcuni cadaveri. Arrivano anche altri fotografi e cameraman. Le telecamere già accese. Tutte le trasmissioni hanno lo stesso eccitante progetto: mandare in diretta il marito del mostro.
Ma lui resta su, dentro casa.
È un uomo forte, come s’è intuito prima. Con certezze assolute. Incrollabili. Perché quella è sua moglie. E un marito crede a sua moglie. E difende sua moglie. È sorprendente scoprire come in questa storia di morte, ci sia anche una traccia di amore.