Libero, 1 aprile 2016
«Il calcio italiano sopravvive con la storia... Ma gli altri ci hanno già sorpassato». Parola di Albertini
Se chiedi di Demetrio Albertini ti rispondono: «Il metronomo». Misurare il tempo, in musica come in campo: il metronomo non sbaglia. È un soprannome che suggerisce regolarità, costanza, metodo. Tutto questo era Albertini da giocatore, lo stesso è ora, 10 anni dopo l’addio al calcio giocato.
Albertini, ma davvero ha pensato di candidarsi come sindaco a Milano?
«Ho letto di questa cosa, ma non è vero, non ci ho mai pensato».
Parliamo di calcio allora. L’Italia ha preso 4 sberloni dalla Germania. Mancano 2 mesi all’Europeo, siamo messi così male?
«Il divario con la Germania c’è, lo sapevamo. I dati fanno riflettere: l’età media degli azzurri era di 27,8 anni, la loro 24,3, ma i tedeschi hanno giocato più partite internazionali. Noi siamo più vecchi e meno esperti. È questione di movimento calcistico: l’80% dei giocatori della Germania è passato dalle seconde squadre, che noi non abbiamo».
Quindi sì, siamo messi male...
«Oggi la nazionale è questa, non mi stupisco. Conte dice che “colmeremo il gap”, ma in 2-3 mesi non è possibile. Detto questo, in competizioni come Europei e Mondiali non sempre vincono i migliori, e l’Italia ha l’obbligo di giocare per vincere».
In ogni caso ci sarà da cambiare il ct.
«Lo dico per esperienza: non è facile per un presidente scegliere il ct. Si sapeva che Conte sarebbe potuto rimanere solo 2 anni. Mi stupisce però che Tavecchio abbia detto che il prossimo ct avrà uno stipendio basso e meno potere. Come a screditare la sua precedente scelta».
Lei chi sceglierebbe?
«Capello, ma ha già detto di no. Comunque un uomo di campo».
Albertini, ma si candiderà di nuovo per la presidenza in Figc?
«Non è nei miei programmi».
Come spiegherebbe ad un alieno i problemi del calcio italiano?
«Prima di tutto lo inviterei in montagna per un fine settimana, così posso spiegare con calma. Gli farei una premessa: il calcio è meraviglioso. In Italia però non è valorizzato, si vive nel quotidiano ma non c’è un progetto futuribile. Sopravviviamo con la nostra storia, mentre gli altri ci hanno sorpassato».
Il nostro alieno, a questo punto, è depresso...
«E non sa ancora tutto. Gli direi che una ventina di anni fa nelle prime 30 squadre al mondo c’erano tutte le grandi italiane, mentre ora c’è solo la Juve, che investe su giovani e strutture. Lo stadio nuovo è fondamentale: abbiamo ancora le barriere negli stadi. Togliamole, diamo un senso di responsabilità, con regole, controlli e sanzioni, e non solo in curva. Che poi è il cuore pulsante del calcio: infatti la mia iniziativa si chiama #incurvainsieme (albertiniofficial@gmail.com raccoglie i ricordi dei fan, chi manda il più emozionante andrà allo stadio con Demetrio, ndr)».
Chi deve dare una svolta al nostro calcio?
«Tutti, non solo la Figc: anche le Leghe. Non c’è cosa, in Italia, che ha più valore sociale del calcio. Non dimentichiamolo».
Capitolo Fifa. Cambierà davvero con Infantino?
«Gianni ha approcciato alla presidenza come fanno i ministri nei primi famosi “100 giorni” di governo. Ha avviato subito le modifiche importanti: l’assistenza video per l’arbitro, sulla quale io ho dubbi ma è giusto provarla, no alla tripla sanzione e sì alla 4 sostituzione nei supplementari. Cose di campo, insomma, e per farlo si sta circondando di persone di calcio».
Quindi mai più scandali?
«Da evitare. È necessario ridare credibilità a tutto il calcio, e Infantino ha le competenze per farlo. Infatti ha chiesto i danni ai condannati».
Facciamo un salto in serie A. Chi è la favorita per lo scudetto?
«La Juve, è forte e abituata. Il Napoli deve fare come il mio Milan nel ’99: crederci fino in fondo per non avere rimpianti».
Cosa non va invece nel Milan?
«Bisogna capire cosa vuole Berlusconi: quando arrivò aveva ambizione, voleva che il Milan diventasse la squadra più forte al mondo. Ora non è chiaro. E manca un progetto sportivo, anche se c’è qualche giovane su cui costruire, prima invece vedevo solo parametri zero».
Non è più il «suo» Milan, quello di Sacchi, che oggi compie 70 anni.
«Gli faccio gli auguri, per me è quasi un fratello maggiore. Ricordo la prima convocazione: era in Coppa Italia, e molti giocatori erano alle Olimpiadi. Sacchi disse in conferenza: “Devo convocare questo Albertini, non lo conosco ma ne parlano bene”. Feci due allenamenti, poi mi disse: “Da oggi ti alleni con noi”».