Libero, 1 aprile 2016
I processi mediatici accelerano la giustizia. Da Cogne a Boettcher passando ovviamente per B.
Credo che al Codice di procedura penale andrebbero aggiunti tre commi che dicano più o meno questo: 1) La celebrità di un caso giudiziario aumenta coattivamente lo sforzo profuso per risolverlo; 2) Indagini e dibattimenti di assunta rilevanza mediatica, riguardanti personaggi pubblici o divenuti tali a seguito delle accuse, hanno diritto a una celebrazione più rapida rispetto a fascicoli con caratteristiche differenti; 3) Indagini e dibattimenti per reati che dèstino particolare riprovazione nell’opinione pubblica autorizzano l’irrogazione di una pena maggiorata. Fine. Traduzione: è inutile fingere che anche il processo ad Alexander Boettcher non sia filato come una lippa (per motivi mediatici) e che la pena non sia stata altissima (37 anni totali) anche per via di una «odiosità» che il Codice non contempla. È inutile dimenticare che il caso Cogne ha celebrato tre gradi in tre anni, che per il caso di Avetrana mancava solo l’Interpol, che il caso di Yara ha registrato un dispendio di mezzi sconosciuto alla norma, che in Mani pulite c’è stata gente giudicata in due anni e altra che aspettava il primo grado dopo dieci, che se la giustizia italiana funzionasse come per Berlusconi sarebbe la più veloce del globo, che alcuni processi battono record di velocità e altri scivolano nell’oblio, che l’impulso o la palude siano decisi da magistrati che non sono Legge, sono uomini.