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 2016  aprile 01 Venerdì calendario

Un libro su Eddy Merckx che vale la pena di leggere. Parola di Gianni Mura

Fin qui, a mio parere, dei tanti libri su Eddy Merckx uno solo era fondamentale: Merckx intime di Philippe Brunel. Oggi gliene possiamo affiancare un altro, scritto da Claudio Gregori: Merckx, il figlio del tuono (ed. 66thand2nd).
Gregori, trentino, classe ’45 come Merckx, ha seguito 12 Olimpiadi, 26 Giri d’Italia, 3 di Francia, oltre a campionati mondiali di calcio, ciclismo, nuoto, scherma, sci, atletica e ginnastica. Se scrive che Merckx ha vinto 546 volte su strada e 100 su pista, bisogna credergli. Naturalmente, le elenca per stagione: nel ’70, ne vinse 54 su 138, nel ’71 56 su 120: anche i numeri aiutano a capire perché Merckx sia stato dipinto come l’Orco, il Cannibale, l’Ippogrifo, si arrivò a scrivere che con le vittorie schiaccianti aveva ucciso il ciclismo. «Come dire che Beethoven ha ucciso la musica», commentò Pierre Chany.
Ma ancora adesso, nei covi degli anziani ciclofili, si continua a discutere da quasi mezzo secolo: più grande Coppi o Merckx? «Coppi il più grande, Merckx il più forte», sintetizzò Gian Paolo Ormezzano, ed è un modo onesto per uscire dal ginepraio. Troppe differenze: le bici, le strade, gli avversari. Coppi usciva dalla fame e per uscirne aveva solo una bici. Merckx da una famiglia medioborghese che gli aveva consentito di fare molti sport, prima di scegliere il ciclismo: calcio, tennis, corsa campestre. Eddy scelse il ciclismo, a scapito della scuola. La svolta nel maggio del ’62, ad Hal. Ultimatum materno: «Se vinci puoi continuare con la bici, se perdi pensi solo a studiare». Vinse con 4’ sul secondo.
Atleta tanto forte da potersi permettere di fumare: marca Zemir le prime sigarette, scrive Gregori. Tra colleghi, e amici, è chiamato l’Archeologo, o anche Piccard (per via del batiscafo). Significa che ha una maestria rara nell’immergersi nel passato, che si muove abilmente e agilmente, come pochi ormai, negli archivi. Di tanti neologismi di Brera ha stabilito la data esatta di pubblicazione. Altro esempio, che mi riguarda. Tutti abbiamo in mente il Merckx cacciato per doping dal Giro del ’69. Ma io non ricordavo che alla vigilia della partenza da Garda Merckx avesse così commentato la positività di Zilioli e Vianelli: «Io credo alla loro innocenza, purtroppo qui si paga anche se si è innocenti, ma così non si può andare avanti. Zilioli, Vianelli, il prossimo potrei essere io». Ma il Batiscafo risale puntualizzando: Gazzetta dello Sport, 16 maggio 1969.
Gregori è cronista, colorista e ripescatore di brani d’epoca: Fossati, Raschi, Montanelli, Gianoli, Cancogni, Mosca, Chany, Blondin, Goddet. Shakerati con Buzzati, Neruda, Simenon, Marx, Brel, Gatto, Darwin, Montale, Melville. Insomma, quasi 600 pagine e un gran bel leggere, come un gran bel correre era quello di Merckx. Un giorno gli chiesero: per te, cos’è lo sport? Risposta in una sola parola: «Vincere». Però, e questo gli fa onore, sapeva anche accettare la sconfitta. Alla deriva sul Bondone nel ’76, sull’Alpe d’Huez nel ’77 respingeva l’idea di ritirarsi. La sua sofferenza valeva come un applauso a chi l’aveva battuto: Gimondi e Thevenet.