Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 31 Giovedì calendario

Chi è e chi si crede di essere Carlo Sica, l’avvocato che passa avanti a tutti

“Noi vogliamo un’Italia fondata sul merito, sulla conoscenza e non sulle conoscenze”. Parole e musica del vecchio Matteo Renzi, quello che prometteva rottamazioni politiche e rivoluzioni etiche durante le prime Leopolde. Il tempo, al riguardo, non è stato galantuomo. L’ultima nomina contestata che si sta per consumare con l’assenso del premier riguarda l’Avvocatura di Stato.
C’è da assegnare la poltrona di “numero due” dell’ufficio legale che tutela le amministrazioni pubbliche: quella dell’avvocato generale aggiunto, in pratica il vicepresidente. La ratifica spetta a Palazzo Chigi (e poi al Quirinale), ma il nome designato – dall’avvocato generale Massimo Massella Ducci Teri – è quello di Carlo Sica, fino a poche settimane fa capo dell’ufficio legislativo del Ministero dell’Economia, alle dipendenze di Pier Carlo Padoan.
La nomina, che sarà ratificata nelle prossime settimane, ha scatenato le proteste di diversi colleghi dell’Avvocatura. Come si legge in un’interrogazione parlamentare firmata dalla deputata del Gruppo Misto, Renata Bueno, Sica non avrebbe “i requisiti richiesti”. Il documento è rivolto al premier: “In base ai criteri di selezione previsti per legge e congruenti con la funzione da ricoprire, la nomina spetta all’avvocato in servizio che, unitamente all’anzianità di ruolo, abbia un altissimo profilo professionale per l’esperienza maturata dinanzi alle giurisdizioni nazionali e internazionali e dinanzi alla Corte Costituzionale ed alle altre Corti superiori e per i risultati raggiunti nella sua attività di avvocato”. Sica non rispetta questi criteri: entrato in Avvocatura nel 1978, è fuori ruolo da circa 5 anni e mezzo, durante i quali ha ricoperto le cariche di vicesegretario generale della presidenza del Consiglio dei ministri e capo vicario, dal giugno 2013 al febbraio 2014, del dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi, sempre della presidenza del Consiglio. È rientrato nell’organico dell’avvocatura di Stato, dimettendosi dal Mef, solo a inizio marzo, quando – secondo chi contesta la sua nomina – ha ricevuto una rassicurazione politica sulla sua imminente elezione come segretario generale aggiunto. Oltre a non esser stato avvocato di ruolo dal 2010 fino a poche settimane fa, Sica non avrebbe nemmeno i criteri di anzianità. Il collega Giuseppe Albenzio, uno degli “scavalcati” ha già annunciato di essere pronto a impugnare la nomina, che il consiglio dei ministri potrebbe ratificare già venerdì: “Non solo io –dice al Fatto – ma almeno altri 10 avvocati di Stato, tuttora in ruolo, hanno un’anzianità che li dovrebbe mettere davanti a Sica. È stato scelto per ragioni politiche, non di merito”. Il diretto interessato ribatte così: “È vero che Albenzio e altri mi precedono nel ruolo, ma non posso essere accusato di scarsa professionalità: la nomina riconosce i miei meriti, acquisiti nel tempo. È vero anche che ho lavorato presso organi politici negli ultimi anni, ma sempre da tecnico”.
Se il governo Renzi dovesse ignorare, come probabile, le contestazioni sulla nomina di Sica, non sarebbe la prima volta in cui la bandiera del merito verrebbe ammainata senza colpo ferire.
Se non altro, il curriculum dell’avvocato è attinente alla poltrona che andrà ad occupare. In molti altri casi, non è successo nemmeno questo.
È illuminante un vecchio editoriale del giurista Michele Ainis sul Corriere della Sera: “Il Garante della privacy è un dermatologo (Antonello Soro, Pd, ndr). Al governo c’è un farmacista agli affari regionali (Maria Carmela Lanzetta, che però a gennaio 2015 si è dimessa ed è tornata a gestire la sua farmacia vicino Reggio Calabria, ndr), un’imprenditrice della moda sottosegretario all’Istruzione (Angela D’Onghia, ex Scelta Civica, ndr), un laureato in lettere viceministro dell’Agricoltura (Andrea Olivero, ex Scelta Civica, ndr)”. Ma il Renzi che basa il merito “sulla conoscenza e non sulle conoscenze” è lo stesso che ha piazzato anche il suo finanziatore Gabriele Beni, imprenditore calzaturiero, come vicepresidente dell’Ismea, che si occupa di servizi per il mercato agricolo. Ed è lo stesso che ha ideato un’agenzia di cyber security presso Palazzo Chigi (per ora congelata) per l’amico Marco Carrai, titolare da qualche mese di una start up di sicurezza informatica. Lo stesso Renzi che catapulta l’avvocato tributarista Ernesto Maria Ruffini – leopoldino della prima ora – direttamente nel ruolo di amministratore delegato di Equitalia. O il suo commercialista Marco Seracini nel collegio sindacale di Eni. O l’ingegnere elettronico Roberto Reggi al Demanio. L’elenco, purtroppo, sarebbe ancora lunghissimo.