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 2016  marzo 31 Giovedì calendario

La crisi dei talk show dipende dalla crisi della politica

In una lunga intervista rilasciata a Malcom Pagani, Angelo Guglielmi si è anche soffermato sui talk show politici: «Il genere è logoro, sono diventati tutti uguali, ne farei sopravvivere uno solo. L’ altra sera ho fatto la spola tra diMartedì e Ballarò. Si discuteva di Bruxelles. Già sapevi cosa avrebbero detto. C’era quell’aria luttuosa, quell’atmosfera di pena, una cosa intollerabile. Peccato per Giannini. Floris è un giornalista televisivo. Giannini invece è un bravo giornalista». Notate i giudizi finali. Di Giannini dice che è un bravo giornalista ma non aggiunge «televisivo». Di Floris dice che è un giornalista televisivo ma non aggiunge «bravo». Ora, siccome Guglielmi è uno che sa pesare le parole, le omissioni non devono ritenersi casuali.
Onestamente, però, se il genere è logoro la colpa non è solo dei conduttori. La saturazione è una concausa, va bene; la ripetitività è un altro motivo di logoramento, va bene; i talk tendono a mettere in mostra il lato peggiore degli ospiti, va bene. Tuttavia, c’è un aspetto che non si prende mai troppo in considerazione ed è questo: la classe politica si è profondamente deteriorata e, con essa, anche gli ospiti che normalmente bivaccano in tv.
Anch’io, l’altra sera, ho fatto la spola tra Ballarò (Raitre) e diMartedì (La7) e ho trovato che i conduttori erano il meno peggio. Ma perché mai uno dovrebbe perdere una serata per ascoltare Alessandra Moretti (alle domande risponde «assolutamente sì») o Emanuela Falcetti (avete presente il tipo?) o l’ansiogeno Luca Mercalli e l’ex verde Chicco Testa? E devo ridere se la Gialappa, dopo le Iene, mi mostra quanto siano ignoranti i politici che ci governano?
La crisi dei talk va di pari passo con quella della politica. Se alcuni politici passano più tempo in tv che in Parlamento, se le discussioni in Parlamento assomigliano sempre di più a performance televisive (insulti compresi) un motivo ci sarà. E non è colpa dei talk.