Corriere della Sera, 31 marzo 2016
Per Boettcher altri 23 anni di carcere
Sono quasi le 19 quando la presidente del collegio Elena Bernante legge la sentenza che condanna Alexander Boettcher a 23 anni di carcere e oltre 1,5 milioni di provvisionale, un anticipo sul risarcimento alle vittime. Lui, l’imputato – capelli cortissimi, smagrito, vestito di nero – ascolta da dietro la porta. In prima fila c’è sua madre, Patrizia Ravasi, tra gli avvocati Michele Andreano e Giovanni Flora. Nessuno si aspettava già ieri la sentenza: la difesa ha parlato la mattina e ha depositato una corposa memoria, 241 pagine. Ma i giudici della XI Sezione penale (dopo più di 20 udienze, 50 testimoni ascoltati e perizie informatiche, mediche, tecniche) hanno ritenuto che il quadro fosse completo. È la terza sentenza (sempre di primo grado) che dà corpo di verità giudiziaria all’associazione a delinquere responsabile degli agguati con l’acido a Milano. E che rende tributo alle intuizioni degli investigatori dell’Ufficio prevenzione generale della polizia, guidati da Maria Josè Falcicchia, e alla tenacia dei magistrati, in prima linea il pm Marcello Musso, con il sostituto procuratore Alberto Nobili. Ieri erano tutti lì. E in aula, mentre veniva letto il dispositivo, c’erano, in piedi, vicine, anche le famiglie delle vittime. Stefano Savi, sfregiato con l’acido il 2 novembre 2014, insieme al papà Alberto; Gherardo e Federica Barbini, padre e sorella di Pietro, deturpato il 28 dicembre; e ancora Antonio Margarito, che Martina Levato aveva tentato di evirare il 19 maggio, nel primo episodio di «punizione e purificazione» contro gli uomini con cui la ragazza aveva tradito Boettcher, il suo amante. Giuliano Carparelli, scampato dall’acido grazie a un ombrello il 15 novembre, era lontano per lavoro.
«Aspettavamo la giustizia, finalmente è arrivata. Io non perdono, spero che non esca più», si è lasciato andare Stefano Savi, che ancora non è riuscito a recuperare la vista da un occhio e ha il viso cambiato per sempre, anche se «ha ripreso in mano la sua vita». In aula, nell’arringa, il legale Flora «aveva osato dire che la deformazione al volto di mio figlio non sussiste», aggiunge il padre Alberto. Ma subito guarda avanti: «Ora si riparte da capo, con la vita», sorride. Il pm Musso aveva chiesto 26 anni: «Il quadro probatorio era delicato, ma è stata riconosciuta l’associazione per delinquere e confermata ogni accusa (tolta solo l’aggravante della crudeltà sul caso Savi, ndr). Le sentenze sono arrivate nel giro di un anno e mezzo, siamo un esempio di come si amministra la giustizia». I legali di parte civile hanno avuto un ruolo chiave nel processo: Benedetta Maggioni e Andrea Orabona per Savi, Roberto Parente per Margarito, Chiara Graffer e Paolo Tosoni per Carparelli. Boettcher è stato già condannato a 14 anni per l’aggressione a Barbini, la prima della «serie criminale». In tutto, in astratto, con la condanna di ieri fanno 37 anni in totale. «Se in appello non verranno modificati i capi di imputazione, saranno questi stessi giudici a decidere il cumulo giuridico, e cioè il numero effettivo di anni che Boettcher sconterà in carcere», ragiona Tosoni. Alexander si è sempre proclamato innocente. «In due ore di camera di consiglio, cosa ti aspettavi? – ha detto il suo avvocato —. Era una sentenza già scritta, lotteremo in appello».