La Gazzetta dello Sport, 31 marzo 2016
Il governo libico numero tre è sbarcato ieri a Tripoli, così compiendo il passo decisivo (ma non ancora sufficiente) per la sua legittimazione

Il governo libico numero tre è sbarcato ieri a Tripoli, così compiendo il passo decisivo (ma non ancora sufficiente) per la sua legittimazione.
• Che cosa potrà mai significare «governo libico numero tre»?
Dopo la caduta di Gheddafi e le successive guerre guerriglie ed elezioni (tutto insieme), la Libia è risultata divisa in due. Un governo a Tripoli, e un governo a Tobruk. Un parlamento a Tripoli e un parlamento a Tobruk. Tutti e due con scarsa capacità di governo effettivo sull’intero paese. Gheddafi teneva insieme la Libia dando retta a circa 400 tribù, che restano, ciascuna nel suo ambito, le vere padrone del territorio. La debolezza dei due esecutivi è dimostrata anche da questo: man mano che in Siria le cose andavano male, l’Isis è arretrata fin qui ed è adesso stabilmente insediata nell’area di Sirte. Quindi, anche ammettendo di sconfiggere il Califfo nella zona dove si trova adesso (Siria-Iraq), è facile prevedere che bisognerà poi venire ad affrontarlo anche in Libia. Anche se il capo di Boko Haram, in Nigeria, s’è arreso sei giorni fa, in Africa al Baghdadi avrà o potrebbe avere un retroterra per lui molto promettente. I banditi nella zona non mancano, i fondamentalisti veri o presunti neanche, le ricchezze per mantenersi, e bene, ci sono.
• Dovevamo spiegare l’espressione «terzo governo».
La comunità internazionale ha riconosciuto finora il governo di Tobruk e non ha riconosciuto quello di Tripoli. La comunità internazionale - leggi: Obama, inglesi e francesi - ha anche una gran voglia di intervenire in qualche modo in Libia. Ognuno, compreso l’Egitto che punta a inglobare la Cirenaica, vuole ritagliarsi un pezzo di territorio, possibilmente ricco di petrolio. La buona educazione internazionale esige però che l’intervento in Libia sia chiesto da un governo legittimo. Perché non andrebbe bene quello di Tobruk? Perché è un governo parziale. Un vero intervento democratico si realizza solo se a chiamare i buoni è un governo unitario. Ed ecco perciò il famoso terzo governo, formato lo scorso dicembre al termine di un’incessante opera di mediazione dell’inviato dell’Onu, Martin Kobler. Questo terzo governo è presieduto da un signore di cui dovremo occuparci ancora in futuro e che si chiama Fayyez al Serraj. È formato da 105 persone, perché per dare soddisfazione a tutte le correnti libiche ci voleva un esecutivo simil-Prodi (il governo Prodi del 2006, tanto invocato adesso da D’Alema, aveva 103 membri). C’è però questo problema: il governo Serraj è talmente unitario che fino a ieri è dovuto restarsene a Tunisi. Quelli di Tripoli hanno fatto sapere che avrebbero sparato all’aereo che avesse tentato di atterrare a Mitiga con Serraj e i 105 a bordo. Ancora ieri mattina, quando sembrava che da Tunisi si fossero decisi, i tripolini hanno fatto sentire delle esplosioni intorno all’aeroporto, perché il discorso fosse chiaro.
• Come hanno fatto ad arrivare allora?
In barca. Anzi, molte barche. Quali barche? Non si sa. C’entrano gli italiani? Si dice, ma tutti negano. Il governo di riconciliazione nazionale ha preso terra in una base militare poco usata che si chiama Abu Seta. Per ora resteranno lì, cioè «governeranno» da lì. Il capo del governo di Tripoli, Khalifa Ghweil, ha detto che potrebbe far arrestare Serraj. In ogni caso, per lui, si tratta di un governo del tutto illegittimo, imposto dagli stranieri.
• Benché sia imbarazzante, mi riesce difficile dargli torto. E a Tobruk che dicono?
Il capo del governo di Tobruk si chiama Abdullah al-Thinni. Ha detto che riconoscerà il governo di Serraj solo quando avranno votato in favore del governo Serraj i due terzi del parlamento locale. Il parlamento di Tobruk è formato da 188 deputati, ci vorrebbero 124 sì e finora i sì sono solo 101. In definitiva, né il governo di Tripoli né quello di Tobruk, per ora, riconoscono il governo dell’Onu. A Tobruk il maggiore ostacolo è costituito dal generale Haftar, che sta lì per conto del presidente egiziano al Sisi. Haftar vorrebbe avere un ruolo nell’assetto militare della nuova Libia e l’Onu è stata attenta a non riconoscerglielo. Quindi, anche se Serraj è sbarcato, la faccenda è ancora parecchio complicata.
• Mi tolga una curiosità: il governo dell’Onu, se mai si insediasse, chiederebbe subito un intervento militare a protezione sua?
Certo. Intervento che sarebbe a guida italiana. Americani, inglesi e francesi immaginano di riversarsi con migliaia di effettivi sul territorio e, suppongo, sbranarlo, come già credettero di fare nel 2011. Renzi è in America adesso e vedrà Obama domani. Sappiamo già che il presidente degli Stati Uniti gli farà una testa così per convincerlo a invadere la Libia. Renzi ha già detto di no parecchie volte e, per quel che abbiamo capito, dirà un no forte e chiaro anche domani.