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 2016  marzo 29 Martedì calendario

Ora bisogna ridurre i ciclisti al via

Il ciclismo è uno sport di strada esposto a tutti i pericoli che la lingua d’asfalto, di pavé o di sterrato comporta. Lo abbiamo scritto decine di volte, eppure, di fronte alla morte, rifugiarsi nel fatalismo non basta. Di colpo si affollano le domande che i corridori, i direttori sportivi, gli organizzatori e tutti gli addetti alla corsa si fanno da sempre.
La tragedia di Antoine Demoitié, travolto da una moto domenica nel corso della Gand-Wevelgem, riporta il tema in primo piano e fa riconsiderare la lunga litania di incidenti in gara che si sono succeduti negli ultimi tempi: Flecha toccato da un’auto della TV al Tour, Van Avermaet e Sagan da una moto alla Clasica di San Sebastian e alla Vuelta... Troppi! Da una prima ricostruzione, Demoitié è stato vittima della sfortuna. La moto che seguiva il suo gruppetto non ha potuto evitare la caduta e sarebbe finita sopra il belga. Antoine, 25 anni, correva per la Wanty, formazione di seconda fascia, e aveva l’opportunità di mettersi in evidenza in una grande classica fiamminga. È certamente un caso, ma questi corridori senza esperienza si buttano nella mischia come se fossero di fronte all’unica grande occasione della carriera. Il gruppo degli atleti al via di queste prove sfiora le 200 unità ed è sempre più veloce e nervoso. Le biciclette, le ruote e tutti i componenti meccanici hanno raggiunto il livello massimo di tecnologia, che spesso sconfina con il minimo di sicurezza.
Gli organizzatori sono sempre più attenti alla salvaguardia dei corridori fino a prendere decisioni talmente responsabili (vedi l’annullamento della tappa della Tirreno-Adriatico) da essere criticati per eccesso di attenzione. C’è poi il capitolo dei piloti, di auto e moto in gara. Dopo alcuni incidenti l’Uci ha preteso uno speciale patentino. Ma non è un foglio di carta a mettere al sicuro la corsa. Contano piuttosto le ore di volo (leggi anni di esperienza) di chi anticipa o segue la gara. Chi ha seguito decine di classiche o di corse a tappe sa qual è la distanza di sicurezza, quando e dove è possibile superare.
La morte di Demoitié ha però bisogno di una risposta immediata che il ciclismo può e deve dare. L’Uci è il CCP (consiglio del ciclismo professionistico) dovrebbero rispolverare la vecchia proposta di riduzione dei corridori al via. Basterebbe portare da 8 a 7 la rosa dei team nelle corse di un giorno e da 9 a 8 nelle corse a tappe, lasciando a 9 solo le squadre dei Grandi Giri. Domenica alla Gand-Wevelgem si sono allineate al via 25 formazioni di 8 per un totale di 200 corridori. Se fossero stati 175 la corsa non ne avrebbe risentito sotto il profilo tecnico e ci avrebbe certamente guadagnato sotto quello della sicurezza