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 2016  marzo 29 Martedì calendario

Chi lo spiega ai vegani che in Italia si mangiano sempre più agnelli?

E adesso chi lo spiega ai vegani? Soprattutto, chi lo spiega al famoso circo mediatico che non perde occasione di sovraesporre fino al parossismo ogni picchetto, sit in o altra manifestazione più o meno intimidatoria da costoro posta in essere? Chi lo spiega alla marea umana che, come ogni anno quando si approssima la Pasqua, è ripartita con la solita giaculatoria a base di foto di agnellini, vibranti appelli alle festività animaliste, denunce circa l’equivalenza tra consumo di carne ed assassinio e via commuovendosi? Chi lo spiega ad un’opinione pubblica che – potenza del notiziario – si andava convincendo di vivere in un mondo lanciato a velocità supersonica verso un avvenire vegetariano e cruelty-free entusiasta all’idea di sostituire l’abbacchio col tofu a maggior gloria dell’aspettativa di vita dei nostri amici a quattro zampe? Chi glielo spiega che là fuori resiste una maggioranza silenziosa che, delle campagne di sensibilizzazione green semplicemente se ne sbatte e continua con gioia a consumare carne anche e soprattutto in periodo di festività?
Glielo spiegano i numeri. I quali numeri, al solito refrattari alle mode, dicono che gli italiani di rinunciare all’abbacchio pasquale non hanno alcuna intenzione. Non solo: hanno persino più voglia di mangiarne rispetto a qualche anno fa. Fino al 2015, infatti, i dati relativi alla macellazione di carni ovine facevano segnare un brusco calo, con il passaggio dalle 62.890 tonnellate del 2004 alle 26.640 del 2014. Col 2015, però, arriva la brusca inversione di tendenza, col totale di ovini macellati che si attesta ad una più che lusinghiera quota di 35.440 tonnellate. Quasi diecimila chili in più sull’anno precedente che, tradotti in crescita percentuale, significano +33%.
Per rendersi conto dell’enomità della cosa, basta aggiungere che la media di incremento europea nello stesso settore tra 2014 e 2015 è stata di nemmeno il 3%, il che significa suppergiù dieci volte di meno. I numeri citati sono stati elaborati dalla Commissione europea basandosi sulle rilevazioni effettuate da Eurostat e sono stati pubblicati a ridosso di Pasqua dalla testata on line Truenumbers.tv. Dove si apprende anche, tra le altre cose, che l’Italia è nientemeno che la quinta potenza europea in termini di produzione di carne ovina, piazzandosi subito dietro colossi del settore quali Regno Unito, Spagna, Grecia e Francia. Altro dato interessante è quello relativo all’autarchia ovina: ben l’88% della carne ovina consumata in Europa, infatti, è di origine indigena (l’8% della quale destinata all’export), mentre la parte rimanente viene coperta mediante importazione soprattutto da ll’Oceania. Se si restringe l’indagine solo alla tipologia dell’agnello leggero – cioè il tradizionale agnellino pasquale macellato pochi mesi dopo essere venuto al mondo, allora il nostro Paese compie un balzo in avanti nella graduatoria dei produttori, piazzandosi seconda dietro la Spagna.
Italiani carnivori, dunque. E non dovrebbe essere una sorpresa neanche questa. Perché, al di là del rumore fatto e della conseguente esposizione mediatica guadagnata, la verità è che vegani e vegetariani nel nostro Paese sono una sparuta minoranza.
Secondo il rapporto 2016 elaborato dall’Eurispes, infatti, a dichiararsi variamente non consumatore di carne è appena l’8% dei nostri connazionali. Dato che statisticamente è in lieve crescita (nei tre anni precedenti era oscillato tra il 6 ed il 7 per cento), ma che ancora resta tutto sommato marginale dal punto di vista dell’impatto sulla realtà.