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 2016  marzo 29 Martedì calendario

La vendetta letteraria delle ex mogli. I casi Vargas Llosa e Salman Rushdie

Le ex mogli degli scrittori sono più pericolose di una stroncatura. Se non altro perché dei mariti famosi conoscono ogni punto debole. Qualche giorno fa Padma Lakshmi, la bellissima quarta moglie di Salman Rushdie, ha pubblicato un’autobiografia nella quale demolisce l’autore dei Versi Satanici, descrivendolo come «insensibile, freddo, geloso e perfino sex addicted». Love, loss and what we ate riannoda i fili di una relazione glamour durata dieci anni, fino al 2009. Come in una classica lite coniugale, Padma rivanga episodi del passato: il giorno in cui lui la definì «un cattivo investimento», perché si era sottratta alle sue avance. O quando di fronte alla copertina di Newsweek dedicata a lei, commentò: «L’unica volta che il Newsweek mi ha messo in copertina è stato quando qualcuno stava cercando di spararmi». Rushdie tace. Ma nel suo memoir Joseph Anton (2012), aveva raccontato di una serata con Padma a Hollywood in cui lei era apparsa tutta «pose e piroette per i fotografi»: «Stava facendo sesso con centinaia di uomini allo stesso tempo senza che loro la toccassero, sarebbe stato impossibile per chiunque competere».
Per le schermaglie coniugali non c’è età che tenga. Tra le ultime andate in scena c’è quella tra Mario Vargas Llosa e la moglie Patricia, 80 anni ieri lui, 70 lei. Al Nobel gli scandali piacciono. La sua prima moglie, Julia Urquidi, era sua zia, quattordici anni più grande di lui. Lo scrittore ha narrato la loro storia in La zia Julia e lo scribacchino (1977), mentre Julia ha dato la sua versione in Lo que Varguitas non dijo: «Era un pozzo di menzogne e falsità». Patricia è stata invece appena mollata per Isabel Preysler, 65 anni, tre matrimoni alle spalle, un passato da modella, e soprattutto ex di Julio Iglesias. Tanto basta perché la tresca finisca su Hola!, settimanale di gossip spagnolo. Patricia ha risposto con un comunicato scarno: «Io e la mia famiglia siamo scioccati per le immagini apparse sulla rivista». In passato era stata lei al centro di pettegolezzi: pare che il cazzotto dato da Vargas a Marquez nel 1976 sia stato la risposta al corteggiamento della moglie.
Ci sono scrittori dai quali ci aspettiamo qualche intemperanza. Martin Amis è uno di quelli. Ha un caratteraccio e un carnet di donne invidiabile. È inoltre un fedifrago professionista. Facile che prima o poi venisse preso di mira da qualche ex inviperita. Julie Kavanagh ha aspettato trentadue anni per darlo in pasto alla stampa: «Era cattivo e bugiardo», dice nel suo libro, raccontando di essere stata cornificata con la critica Lorna Sage e con la sua migliore amica. Un paio di anni fa sono finite sui giornali le urla della signora Penny Allen, in passato coniugata McEwan. Siamo a ridosso della pubblicazione della
Ballata di Adam Henry, in cui si parla di battaglie per i diritti dei minori. La materia infiamma l’ex moglie dello scrittore, a cui un tribunale ha tolto la tutela dei figli. Durante una presentazione del libro, Penny urla: «La sua tattica è presentarsi come una vittima innocente».
Alcuni idoli sono intoccabili. Molti non hanno perdonato la poetessa Mary Karr per aver messo in piazza le liti con David Foster Wallace, descritto come un tipo irascibile, violento e ambizioso. Il pedigree da scrittore non risparmia dai matrimoni infernali. Senza riandare ai casi più celebri – da Scott e Zelda Fitzgerald a Sof’ja e Lev Tolstoj – basta il ménage tra Claire Bloom e Philip Roth a togliere ogni incanto. Alla fine lei ha consegnato tutto a un’autobiografia biliosa, Leaving a Doll’s House, in cui l’ex è definito “un egocentrico misogino”. Mentre Roth in Inganno si chiedeva: «In qualche modo, in qualche angolo del tuo cuore, culli ancora l’illusione che il matrimonio sia una storia d’amore? Se sì, potrebbero nascere un mucchio di guai».