la Repubblica, 29 marzo 2016
Matteo Salvini interpreta: Matteo Salvini. Poi dicono che la politica non è un mestiere
Inevitabile sorridere del selfie-reportage di Salvini sul parapendio. Non perché lui sia lui, e neanche per il parapendio. Ma per il surreale accumulo di apparizioni multiformi a qualunque ora del giorno, seduto in televisione e in piedi davanti ai campi nomadi, in primo piano, a figura intera, di profilo, in macchina, a piedi, a Roma per le elezioni, a Milano per le elezioni, nelle città e nei paesi più disparati (oggi va in Israele) e nella nowhere land dei social. Ovunque. E costantemente. Credo che neppure Renzi, che pure è una iperpresenza, sia altrettanto riprodotto, altrettanto parlante e guardante da ogni pertugio di casa (nostra), video e palmari, tavolini e comodini con pubblicazioni di carta. Mi chiedo come facciano i politici nell’attimo della loro massima riproducibilità tecnica, a non sentirsi fagocitati, dati in pasto, divorati dal pubblico sguardo. Perché le modelle e gli attori – icone pubbliche per eccellenza – sono solo interpreti di un ruolo, truccatissimi, travestitissimi. Ma un politico è sempre e solo lui, non ha vie di fuga, la sua faccia è la stessa del suo personaggio, le sue parole le stesse della sua eterna esibizione. Matteo Salvini interpreta: Matteo Salvini. Poi dicono che la politica non è un mestiere. Lo è a tale punto che non conosce tregua, neanche di notte, quando il politico dorme ma la sua immagine circola, inesausta, salutando da un parapendio.