la Repubblica, 29 marzo 2016
Chi fermerà i ladri di ossigeno?
Il 2015 è stata un’annata record per le energie rinnovabili. Lo sostiene il decimo Rapporto globale sugli investimenti in rinnovabili, sponsorizzato dalle Nazioni Unite, con l’autorevole prefazione del segretario generale Ban Ki-moon. Gli investimenti globali sono arrivati a 285,9 miliardi di dollari, superando nettamente (del 5% circa) il precedente record, che risaliva al 2011. Non solo, c’è stato il sorpasso: nel 2015 la nuova capacità di produzione è stata maggiore da rinnovabili che da combustibili fossili.
FIin qui le buone notizie. In realtà il trucco c’è, e si vede: il rapporto spiega come l’aumento complessivo degli investimenti sia avvenuto soprattutto grazie agli sforzi delle nazioni in via di sviluppo, responsabili da sole di un bel +19% rispetto ai livelli del 2014. La Cina (contata tra le nazioni “in via di sviluppo”, ma ancora per quanto?) ha fatto un aumento del 17%, arrivando ad un totale di 103 miliardi di dollari, ovvero il 36% del totale mondiale. Un dato che deve fare molto riflettere.
Le nazioni cosiddette “sviluppate”, dove è inclusa l’Italia, sono invece scese dell’8%, in modo che, per la prima volta, i poveri battono i ricchi 55% a 45% nel tentativo di darci un mondo con meno carbone nell’atmosfera. I ricchi si riscattano un po’ solo perché sei su dieci dei grandi investitori in rinnovabili usano capitali di nazioni sviluppate. Forse perché gli investitori, che in generale non fanno beneficenza, stanno capendo come gira e come girerà il mondo.
Naturalmente, la causa delle rinnovabili è aiutata dalla continua diminuzione dei costi di produzione, come per esempio nel caso del solare fotovoltaico. Sull’altra sponda, è però chiaro che il recente crollo dei prezzi dei combustibili tradizionali possa spingere anche i meglio intenzionati in pericolosi ritorni al fossile. Sarebbe un dramma: anche con tutti i recenti miglioramenti, siamo solo al 10% di energia da fonti rinnovabili in uso nel mondo.
Il resto (90%) è ancora basato sul principio con cui Neanderthal cuoceva le bistecche di mammuth alla brace: si ruba l’ossigeno della atmosfera (che è di tutti) e lo si restituisce dopo averlo solidamente legato al carbonio, in una delle molecole, la CO2, più fortemente inquinanti. Nessuno tiene mai in conto, e sarebbe ora di farlo, questa storia quando si calcola la resa energetica: senza ossigeno il fuoco si spegne, perché è la chimica dell’ossidazione che dà energia, ma alla fine l’ossigeno non c’è più, anche se nessuno (tranne il pianeta) lo mette in conto. Mentre le energie rinnovabili, come fotovoltaico e geotermico, sottraggono zero ossigeno dalla nostra atmosfera.
È per questo motivo che è così difficile fare centrali rinnovabili che siano economicamente competitive rispetto alle fossili. Ed è per questo che ci vuole una visione lunga, di ricerca, senza scorciatoie: non si può chiedere alle rinnovabili di costare meno delle fossili che hanno tecnologie con almeno un secolo di rodaggio e che rubano l’ossigeno (senza dirlo). Ricerca vuol dire anche trovare il giusto mix, come nella centrale di Stillwater di EGP. Il geotermico da solo ha periodi di bassa efficienza, come quando fuori fa molto caldo. Per fortuna sono i periodi (sole intenso) nei quali il fotovoltaico funziona meglio, e così via. Si può anche affrontare l’accumulazione di energia, magari con idrogeno, nei momenti di magra. Basta gestire la cosa in modo intelligente ed ecco la centrale “ibrida”, computerizzata, con il record di efficienza, premiata per anni di seguito negli Usa. Portiamo presto centrali così anche in Italia.