La Gazzetta dello Sport, 29 marzo 2016
Sabato sera, lungo la via San Sossio nella zona industriale di Somma Vesuviana, una Opel Corsa ha superato la striscia continua, invaso la corsia opposta e sbattuto violentemente contro una Toyota Yaris che veniva dall’altra parte

Sabato sera, lungo la via San Sossio nella zona industriale di Somma Vesuviana, una Opel Corsa ha superato la striscia continua, invaso la corsia opposta e sbattuto violentemente contro una Toyota Yaris che veniva dall’altra parte. L’uomo dell’Opel Corsa è finito in ospedale con i suoi due nipotini, ma quello della Yaris è morto sul colpo. Si chiamava Antonio Tufano e aveva 28 anni. L’altro, di nome Alessandro Pepe, 37 anni, è stato ricoverato con parecchie fratture. Dei due bambini - di 10 e 12 anni - uno è tornato a casa, l’altro sta ancora in ospedale.
• Come mai questa notizia sarebbe il fatto più importante di oggi? In Italia pèrdono la vita per colpa delle macchine una decina di persone al giorno, purtroppo. Direi che, a parte la stampa locale, i giornali nazionali non si occupano più di queste cose.
Il fatto è che all’inizio del mese il Parlamento ha approvato la legge sul cosiddetto «omicidio stradale» e lo scorso 23 il presidente Mattarella l’ha controfirmata. Da un paio di giorni si guarda ai primi incidenti col morto per vedere come sarà applicata la nuova normativa. A Somma Vesuviana, sabato, c’è stato questo scontro. Nello stesso giorno, a Roma, sulla via Aurelia, una signora di 52 anni - D.B. - ha messo sotto quattro ciclisti, uno è morto sul colpo (Roberto Giacometti, 76 anni), due sono finiti al San Camillo, il quarto, quasi illeso, dovrà testimoniare sui dettagli dell’incidente. La signora è scappata, e si è costituita molto dopo, comportamento che l’ha fa ricadere nei rigori della legge (ma è ancora a piede libero). Infine ieri a Presezzo, in provincia di Bergamo, un ivoriano a bordo di una Panda ha travolto e ucciso un motociclista di 54 anni e anche qui si sta procedendo alle analisi per capire se cadiamo nella casistica dell’omicidio stradale. Prima, ammazzare qualcuno con la propria auto era considerato omicidio colposo (ho ucciso, ma non volevo), pena prevista da sei mesi a cinque anni oppure da due a sette se si era violato qualche articolo del codice o anche da tre a dieci se il colpevole guidava in stato di ebbrezza o alterato per l’assunzione di stupefacenti. Nella realtà, chi aveva ucciso con l’auto se la cavava sempre con molto poco. Cercando nel mio archivio, ho trovato la storia di Calogero Sgrò. Il 3 dicembre 2011 due giovani tossici di Aosta mettono sotto tutta la sua famiglia sulle strisce di corso Peschiera a Torino. Non si fermano perché hanno il cuore in gola per il bisogno di una dose, corrono fino all’appuntamento col pusher, e poi tornano a casa ad Aosta disinteressandosi di quello che hanno fatto. La famiglia intanto viene portata in ospedale: la madre è appena ferita, il padre è in coma, il figlio Alessandro di 7 anni morto. 45 giorni dopo i due tossici vengono arrestati. In primo grado prendono 11 anni, in secondo grado la pena viene dimezzata, le aggravanti cancellate e, poiché è stato tracciato un percorso di recupero, se ne stanno tutti e due a casa loro, spero con qualche rimorso, almeno. La sensazione universale dei cittadini italiani che, alla fine di tutto, questo sia un paese profondamente ingiusto dipende anche da storie come questa.
• Con la legge relativa all’omicidio stradale, invece...?
Prendiamo il caso dell’incidente di sabato sera a Somma Vesuviano. Al tizio che ha provocato l’incidente, cioè questo Alessandro Pepe di 37 anni, la prefettura di Napoli aveva ritirato la patente nel 2011, perché era stato condannato per una storia di droga. Andava a cento all’ora in un punto in cui la velocità massima consentita è di 40. La striscia di mezzeria era continua, cioè non poteva essere superata. La Opel Corsa non era stata revisionata ed era stata posta sotto sequestro dall’autorità giudiziaria lo scorso novembre. In base alla nuova legge, Pepe potrebbe beccarsi 18 anni (il massimo previsto dalla nuova normativa), specie se era sotto droga o sotto alcol.
• Potrebbe?
Guido Camera e Maurizio Caprino, sul Sole 24 Ore, hanno calcolato che in realtà la nuova legge manderà davvero in galera solo un responsabile di omicidio su cinque: devono scattare troppe aggravanti perché la legge risulti davvero punitiva: ebbrezza grave, droga, più di una vittima. Negli altri casi, il conducente che l’ha combinata così grossa riuscirà ancora a cavarsela. Per andare davvero dentro, bisogna che la condanna sia superiore a quattro anni, altrimenti uno se la cava con l’affidamento ai servizi sociali, che è come dire niente. Il nostro paese è ingiusto anche perché non è abbastanza severo.
• Non è importante che la legge definisca l’alcol o la droga delle aggravanti?
Erano delle aggravanti anche per la legge precedente. Ma so perché me lo chiede. Nell’orrendo delitto di Roma, quello in cui un uomo è stato ucciso da due debosciati che volevano provare il gusto di ammazzare qualcuno, gli avvocati difensori stanno tentando di dimostrare che i due assassini sono poco imputabili perché sotto l’effetto degli stupefacenti, che avevano tolto loro la capacità d’intendere e di volere. Ci sono leggi, in contraddizione con quanto stabilito dalle norme sull’omicidio stradale, che consentono questo. Il nostro Paese è ingiusto anche perché regolato da leggi che ammettono ciò che altre leggi negano.
• Quanti sono i morti su strada in Italia?
Statistiche presentate dall’Istat lo scorso novembre, e che si riferiscono al 2014, parlano di 3.381 morti, con una diminuzione rispetto all’anno precedente dello 0,6%. Diminuisce anche il numero degli incidenti in assoluto (177.031, meno 2,5%) e dei feriti (251.147, meno 2,7%). Tra il 2010 e il 2014 le vittime sono calate del 17,8%. Un dato incoraggiante, soprattutto considerando che in Francia, per esempio, il numero di vittime della strada è in crescita costante da tre anni.