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 2016  marzo 25 Venerdì calendario

Le lunghissime vacanze di Pasqua dei parlamentari

Le «feste comandate», si sa, sono un appuntamento cruciale nell’agenda degli italiani, Pasqua inclusa. Ma se quest’anno le festività pasquali sono state funestate, oltre che dalla crisi ormai di lungo periodo, dalla paura degli attentati terroristici – con uno stop generale delle prenotazioni e un meno 3% sugli acquisti – c’è una categoria che non sembra avere alcuna intenzione di rinunciare nemmeno a un giorno di vacanza, anzi ad aggiungerne qualcuno: i parlamentari della Repubblica. Già, i nostri andranno in ferie per un’intera settimana, con un peccatuccio di assenteismo in mezzo.
Commissioni sconvocate
Fin da martedì scorso, infatti, tra le vie limitrofe del Palazzo era tutto uno strisciare di trolley e un continuo gesticolare «auguri» tra deputati e senatori. E tanto agognate sembrano essere queste festività che ieri alla Camera le commissioni previste sono state addirittura sconvocate. Tutto questo è avvenuto nonostante mercoledì, in Aula, il Cinque Stelle Alfonso Bonafede ironizzasse sulla «fretta di andare in vacanza del Pd» e il capogruppo dem Ettore Rosato per risposta aveva «sfidato» i pentastellati ad essere presenti ieri nelle commissioni. A sedare i bollenti spiriti tra avversari ci ha pensato però il sito ufficiale della Camera: «Le sedute delle Commissioni, già convocate per la giornata odierna, non avranno luogo». Discorso diverso al Senato dove lo stop ai lavori è stato previsto direttamente già il 23 marzo. Certo, i deputati torneranno «ufficialmente» in Aula nel pomeriggio di martedì prossimo, mentre i senatori mercoledì mattina: ma se il 29 e il 30 tra Camera e Senato sono previste discussioni generali su ratifiche e mozioni ciò significa – anche in momenti di piena – un tasso di assenteismo altissimo. Figuriamoci con la possibilità di un ponte così lungo all’orizzonte (anche se mercoledì dovranno esserci almeno i capigruppo dei partiti di entrambe le Camere per stilare il nuovo calendario).
A Natale? Venti giorni chiusi
Troppo pignoli e severi con i nostri parlamentari? A quanto pare no. Basta ricordare del resto che cosa è avvenuto solo a Natale scorso, con un dicembre che ha rappresentato un vero e proprio mese record in termini di «Onorevole» vacanza. A cavallo tra il 2015 e il 2016 infatti i deputati sono rimasti a casa per diciannove giorni consecutivi (inclusi quelli in «rosso» e i fine settimana), i senatori addirittura venti: ultimo giorno di lavoro il 22 con i risparmiatori imbufaliti a protestare davanti a un Palazzo vuoto. A ciò occorre aggiungere che dal 4 al 14 dicembre, con in mezzo il ponte dell’Immacolata, Montecitorio aveva chiuso i battenti per altri dieci giorni. Tutto questo accade nel momento in cui gli italiani si devono accontentare sempre di più di vacanze mordi e fuggi, o di rientri in giornata, data che lontani ormai sembrano i tempi della possibilità di andare in villeggiatura (un’analisi di Coldiretti ha spiegato come il 59% degli italiani ha speso meno di 500 euro per le vacanze estive).
«Giù le mani dalle ferie»
Come sempre accade in questi casi, l’aneddotica aiuta a decifrare meglio l’atteggiamento della politica rispetto all’arci-italiano «tengo le ferie». Nell’estate del 2012 ad esempio, in pieno governo d’emergenza Monti e con una serie di scadenze in agenda, così sbottava l’allora capogruppo del Pdl Fabrizio Cicchitto dopo l’intervento del premier: «Io ve lo dico: se ci volete far stare qui fino al 12-13 di agosto, sono problemi vostri...io ci starò, perché tanto ho le vacanze a due ore da qui, ma non ci sarà nessun altro. A quel punto ve la dovrete trovare voi una maggioranza: in bocca al lupo...». Del resto, come amano ripetere i politici in Transatlantico, è dura la vita del parlamentare in trasferta. Un saggio di questo leit motiv lo ha dato proprio ieri Michele Anzaldi, deputato del Pd, che è stato intercettato in Aula e ha difeso la lunga pausa. «Siamo seri. Noi dal martedì al giovedì lavoriamo dieci-dodici ore al giorno. Sono ritmi mostruosi», ha spiegato lamentando invece la cattiva organizzazione del lavoro a cui vengono sottoposti. «Senza neppure la pausa pranzo. Chiedo: c’è un altro lavoro che non prevede la pausa pranzo?». Per Anzaldi, poi, non è vero che gli onorevoli lavorano tre giorni su sette. E su questo si è spinto in un’accorata difesa: «Il 90% dei parlamentari è di fuori Roma, deve tornare a casa, curare il collegio, banalmente fare il cambio delle camicie. E in questo periodo bisogna partecipare alla campagna elettorale. E per noi che siamo di Roma, forse è peggio ancora, perché oltre alla politica c’è la famiglia. C’è la vita quotidiana. Che spesso siamo costretti a trascurare. Non stacchiamo mai».