ItaliaOggi, 25 marzo 2016
Marsiglia vuole chiudere i «bar à poules» per aprire un intero quartiere a luci rosse. Ma di lusso
II neon e i led colorati sono spenti. Il vento, che soffia dal mare e s’infila nelle stradine del quartiere dell’Opéra, tra il Vieux-Port e la Canebière, la mitica strada dei locali e dei bar di Marsiglia celebrata in una allegra canzonetta degli Trenta, scuote le insegne di quelli che fino ad una settimana fa erano «les bars américains» o, se preferite, «les bars à poules» o «les bars à filles», insomma i locali dove si poteva bere una coppa di champagne e quindi appartarsi con una signorina nel privé dietro il bancone.
Avventure notturne d’altri tempi, nell’era di internet e del sesso online. Roba da film in bianco e nero.
Ora i «bar à poules», una decina, sono stati chiusi dalla magistratura della città che per un anno e mezzo ha setacciato i locali, interrogato gestori, signorine (per la verità piuttosto attempate), messo sotto controllo telefoni, fatto tutte le verifiche agli uffici del catasto e delle imposte, e arrivato alla conclusione che in quei locali si esercitava la prostituzione, anzi un tipo di «proxénetisme aggravé» con l’aggravante, in certi casi, dello spaccio (di cocaina).
Adieu, dunque, al Ginger, al Crémaillère, al Tropical, al La Grange, al 5me Saëns, al Dark Side, al Brasilia, al Sweet Lady e a tutti gli altri locali che potrebbero fare da sfondo alle inchieste del commissario Daquin della questura centrale di Marsiglia, il protagonista dei «polar» della scrittrice parigina Dominique Manotti, ora editi in Italia da Sellerio, e dove si potevano ancora incontrare certe tipine con i tacchi a spillo e le tette rifatte che apostrofavano i nottambuli di rue Glandeves con il francesissimo «Hé, chéri!»
Qualche nostalgico della Marsiglia noir, come il vecchio avvocato Jean-Jacques Campana, che difende alcune delle signorine finite nelle retate dell’operazione Brasile (chissà perché i copy della polizia l’hanno battezzata così), è dispiaciuto: «Finisce un’epoca, ma le entraîneuses dei bar del quartiere Opéra, alla fine, non facevano male a nessuno, tant’è che per trovare la prova del reato di sfruttamento della prostituzione gli investigatori hanno dovuto attaccarsi agli scontrini dello champagne: una bottiglia 2 mila euro con il prezzo della prestazione inclusa».
«Erano quasi un elemento del paesaggio urbano», conclude l’avvocato.
«Può darsi», ribatte la sindachessa del 1° e del 7° arrondissement dove ci sono i locali incriminati, Sabine Bernasconi del partito dei repubblicani, «ma è venuto il momento di ripulire l’ambiente, di sostituire questi vecchi bar polverosi con le signorine che occhieggiano dai tavoli, con locali moderni e alla moda».
Ma siccome la moda, qui a Marsiglia, è anche quest’atmosfera picaresca che affascina i turisti, la riqualificazione del quartiere Opéra, bo-bo (bourgeois-bohémien) di giorno e «basfonds», malfamato di notte, sarà sempre all’insegna dell’offerta sessuale sì ma «discret» come nei quartieri a luci rosse di tante città europee e com’è ancora a Pigalle, a Parigi, con il Moulin Rouge e il Sexodrome, per intenderci.
È questa la ricetta dell’amministrazione comunale di Marsiglia. Un’operazione di marketing urbano furba e spregiudicata per conquistare un tipo di clientela «encadrée et tenue», come dice la stessa madame Bernasconi, senza distruggere la «vocation nocturne» della città.
Il deputato socialista della circoscrizione, Patrick Mennucci, la pensa allo stesso modo: «Francamente la prostituzione bas-de-gamme, da bar e da strada, non interessa più a nessuno. Bisogna cambiare, alzare il tono del quartiere attorno al Vieux-Port». Ci mancherebbe, sesso sì ma haute-de-gamme.