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 2016  marzo 25 Venerdì calendario

Perché Bolloré è l’alleato ideale di Berlusconi

I Golia americani sfidano i piccoli Davide europei. E, per ora, vincono loro. Basta osservare con attenzione la mappa dei pesi e dei poteri che Hsbc ha realizzato su scala globale (riprodotta in queste pagine). Una sfida impari, in termini di fatturati, capitalizzazioni e soprattutto innovazione tecnologica e sviluppo.
E se il destino pare segnato, tutto a favore di Google-Youtube, Facebook, Apple, Netflix, e così via, l’attualità porta dritti all’obbligato e necessario consolidamento degli operatori su scala europea.
Ambito nel quale si è già ampiamente mosso, e consolidato, uno dei magnati assoluti dei media, ovvero l’industriale australiano Rupert Murdoch che ha dato vita, anticipando tutti i competitori, al polo unico Sky Plc (la pay tv satellitare nel Regno Unito, in Germania, Austria e Italia), rilevando poi anche il controllo di Endemol, il numero 1 al mondo in fatto di produzione di contenuti che un tempo rientrava nell’orbita Mediaset. E mentre Oltreoceano assistiamo a continui merger e aggregazioni tra produttori di contenuti, broadcaster e operatori tlc di nuova generazione, nel Vecchio Continente il percorso deve essere ancora definito. L’ostacolo principale, a differenza degli States, è che in Europa ci sono ancora molti operatori nazionali, leggasi British Telecom o Telefonica  (Spagna) che difendono a spada tratta il loro orticello locale e anzi cercano di rafforzarsi passando dalla telefonia alla televisione, acquistando diritti a suon di miliardi (2 in sterline sono costati a Bt quelli della Premier League per provare a fare concorrenza a Sky Plc).
Mentre, per tagliare la testa al toro, o meglio, matarlo visto il Paese, il colosso iberico delle tlc, guidato da Cesar Alierta, per 1 miliardo si è comprato il 100% dell’unica, vera piattaforma televisiva a pagamento del mercato locale, ovvero Digital+.
È in questo scacchiere che, anche per cercare di porre un freno all’over-the-top per eccellenza, ovvero Netflix, Vincent Bolloré, primo socio di Vivendi  (14,4%), sta definendo una campagna acquisti faraonica. Forte di una cassa plurimiliardaria, in seguito alla vendita della brasiliana Gvt alla stessa Telefonica, il gruppo francese proprietario della pay Canal+ e di Universal Music (leader mondiale del settore) ha deciso di avviare il cantiere per la realizzazione di un altro polo pan-europeo che possa competere con Murdoch, ma anche con Discovery (si è nel frattempo inglobata Eurosport) e per l’appunto con Netflix.
Un passaggio obbligato per non finire triturati da operatori più giovani, industrialmente parlando, che nel giro di pochi anni hanno surclassato le media company tradizionali (se Google capitalizza 514 miliardi di dollari, Netflix vale già 43 miliardi, 14 miliardi in più di Vivendi  e solo 11 miliardi in meno della 21st Century Fox), imponendo tra l’altro un ritmo frenetico sul fronte della digitalizzazione e della produzione di contenuti originali.
Ecco perché Bolloré, che controlla pure il centro media Havas, ha di fatto preso il controllo di Telecom Italia  (24,9%), dei produttori di videogames di Gameloft (29,86% ed è in corso un’opa) e Ubisoft (15,13%) e della seconda di produzione mondiale, ovvero quella Banijay-Zodiak (26,2%) che vede coinvolta in prima linea anche la De Agostini.
È evidente che, come dimostrano i successi americani della tv via cavo e satellitare Hbo (oltre il 30% delle famiglie americane è abbonata) e confermano la nuova vena produttiva del gruppo Sky (che può sempre contare sulla produzione cinematografica della casamadre, 21st Century Fox) e la volontà di Discovery di realizzare programmi ad hoc, in ambito locale e nazionale anche sul fronte sportivo (Eurosport), il futuro è tutto e solo nei contenuti. Possibilmente originali.
Parte da questa certezza la volontà di Bolloré di cambiare in corsa i connotati di Vivendi : via dalle tlc, Italia esclusa (per ragioni politiche), e focus sull’unico oggetto del desiderio possibile nel mondo dei media. Ma come fare per rilanciare in patria una Canal+ che stenta e soffre per la concorrenza di BeIn Sports, il polo televisivo sportivo nato all’interno dell’all news del Qatar, Al Jazeera, con la quale ora si è stretta un’alleanza commerciale e industriale ad hoc, in particolare sui diritti tv del calcio transalpino e non solo. Ma che deve confrontarsi con una Netflix che ha avviato la sua branch in Francia prima di lanciarla in Italia.
Così, il finanziere bretone, sfruttando l’estesa rete di relazioni sul mercato italiano – ha l’8% di Mediobanca  e il nuovo amministratore delegato di Generali, Philippe Donnet, siede nel board di Vivendi  – ha capito che un partner ideale potesse essere Mediaset.
Perché i contatti e le relazioni con la famiglia Berlusconi sono di lunga data e perché il trait d’union è rappresentato dall’uomo d’affari Tarak Ben Ammar, membro del cda di Vivendi  e di Telecom e da sempre vicino sia a Bolloré sia all’ex Cav e dominus di Fininvest-Mediaset -Mondadori  sia dell’arci-rivale di quest’ultimo, Rupert Murdoch. Di più: Ben Ammar è anche produttore e distributore cinematografico, in Francia e in Italia. Quindi conosce il mercato. Per questa ragione, da mesi, i due player stanno cercando il modo di mettere a fattor comune il proprio know-how. Per dare vita, se sarà mai possibile, a un progetto industriale che unisca l’expertise sul fronte della pay tv (Canal+ è presente in Francia, Polonia, Vietnam e in Africa, mentre Mediaset  da 10 anni ha lanciato Premium), sfruttando poi l’appeal e la forza commerciale dei broadcaster generalisti della famiglia Berlusconi in Italia e in Spagna. Questa opzione permetterebbe anche al progetto di tv a pagamento del Biscione di uscire, forse e definitivamente, dalle secche rappresentate dalle continue perdite dal 2005 a oggi. L’ingente investimento (1,7 miliardi in tutto) fatto per rilevare i diritti in esclusiva della Champions League e delle partite della Serie A finora non è stato certo ripagato dal giro d’affari (558,8 milioni) e dagli abbonati (2 milioni).
Un’alleanza strategica in questo senso sarebbe benvenuta, anche senza il bisogno di incroci azionari. Così come, nei piani di Bolloré e Berlusconi, ci sarebbe la volontà di creare un soggetto comune concentrato sulla ideazione e commercializzazione di contenuti originali. Potendo contare anche su Medusa Film per pellicole di respiro internazionale. Ma guardando in particolare a quelle serie tv che possano varcare i confini nazionali ed essere prodotte in più lingue: il bacino spagnolo del Sudamerica è e resterà per tutti una delle mete più ambite. Con la cassa miliardaria di Vivendi, sull’asse Italia-Francia si potrebbe fare altro shopping, anche in un mercato tutto da scoprire per Mediaset  e Vivendi  quale quello tedesco. Quindi più che dare vita a un broadcaster globale, che richiederebbe l’acquisto, magari incrociato, di partecipazioni (i valori in campo attualmente sono troppo distanti, Vivendi  capitalizza 26 miliardi, il Biscione solo 4,3 miliardi), si potrebbe creare un nuovo soggetto che, sul modello di Netflix, vada a vendere questi contenuti alle diverse piattaforme di distribuzione, quali per esempio Telecom, saldamente nell’orbita di Bolloré.