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 2016  marzo 25 Venerdì calendario

Karadzic è stato condannato a 40 anni per l’eccidio di ottomila bosniaci musulmani a Srebrenica nel 1995. Storia di un genocida che non si è mai pentito

L’aspirante poeta della purezza serba è da oggi il primo colpevole di genocidio avvenuto in Europa dopo le condanne comminate nel processo di Norimberga ai gerarchi nazisti.
Quando il settantunenne serbo montenegrino Radovan Karadzic, condannato dal Tribunale penale dell’Aia a 40 anni di reclusione per l’eccidio di ottomila bosniaci musulmani a Srebrenica nel 1995, era infatti un giovane psichiatra che cercava di emergere nel mondo della poesia serbo bosniaca, ma che nessuno apprezzava.
La sua ascesa pubblica invece inizia quando i vertici del Klub, la squadra di calcio di Sarajevo, decisero di arruolarlo con il compito di studiare i comportamenti dei giocatori e motivarli. Per quell’ironia involontaria tipica della storia, questo “eccentrico” psichiatra dalla zazzera folta aveva fin da subito cercato di rendere più efficienti le prestazioni dei calciatori, convincendoli che per vincere bisognasse non solo giocare bene in campo, ma anche superare qualsiasi divisione etnica e religiosa per essere uniti di fronte all’avversario e batterlo. Si sa, niente più del calcio è in grado di conquistare i favori dell’opinione pubblica, e forse sarà anche per questi suoi trascorsi sportivi che per 12 anni questo freddo e spietato criminale era riuscito a sfuggire ai giudici del Tribunale penale internazionale e agli Stati Uniti che avevano messo una taglia di 5 milioni di dollari sul suo capo.
La zona grigia che lo aveva protetto fino al 2008 era trasversale e vasta, dalla base al vertice della piramide sociale. Fatto sta che dal giorno della cattura a ieri, data della sentenza finale del processo a suo carico, il canuto ma ancora capelluto ex presidente della Repubblica serba di Bosnia, non solo non si è mai pentito, ma non sembrano esserlo nemmeno tutti quegli ordinari cittadini che avevano formato per anni, consciamente o inconsciamente, uno scudo a sua protezione.
Se così non fosse stato, le cose ora andrebbero probabilmente in modo opposto per quanto riguarda la reazione dei Paesi balcanici alla crisi umanitaria dei profughi e la loro idiosincrasia nei confronti dei musulmani, considerati tutti – nessuno escluso – terroristi, sarebbe meno parossistica.
I giudici dell’Aia intanto hanno risanato la lunga latitanza di questo mostro, basandosi su una ricostruzione accurata, persino troppo secondo alcuni analisti, delle sue gesta.
Così ora Karadzic risulta colpevole non solo del genocidio avvenuto a Srebrenica, dove furono uccisi a sangue freddo in pochi giorni anche centinaia di bambini e anziani, ma anche della persecuzione e morte di diecimila civili avvenuta durante l’assedio più lungo della storia moderna, quello di Sarajevo, durato dal 1992 al 1996.
La Corte ha giudicato Karadzic artefice anche della “presa di ostaggi” relativo al sequestro di 284 Caschi blu dell’Onu usati come scudi umani durante i bombardamenti della Nato.
Assieme a lui sono stati giudicati colpevoli di “impresa criminale congiunta” anche Momcilo Krajisnik, Biljana Plavsic, Nikola Koljevic e Ratko Mladic.
Ora il genocida ha tutto il tempo che vuole per dedicarsi alla sua antica passione: la metrica. Dell’orrore.