il Fatto Quotidiano, 25 marzo 2016
A Montecitorio la «mensa degli operai» ha chiuso e ai portaborse resta solo un tramezzino al bar. A Palazzo, si rivolta pure la cucina
Pensare che la lavastoviglie, i fornelli e le altre attrezzature sono lì, in cerca di una nuova collocazione. Praticamente nuovi, imballati e fermi da un anno, mentre i collaboratori dei deputati andavano avanti a panini. L’altro ieri finalmente hanno potuto festeggiare: anche loro d’ora in poi avranno diritto a “un pasto caldo a prezzi sostenibili”.
La mensa degli “operai” del Parlamento è rimasta senza casa dopo che la Camera ha chiuso (non senza polemiche) i contratti di affitto con i famigerati palazzi Marini, di proprietà della Milano 90 di Sergio Scarpellini. Sono gli immobili che occupano un lato della romana piazza San Silvestro, a due passi da Montecitorio, e che per vent’anni la Camera ha affittato a cifre milionarie, con clausole incredibili e sobbarcandosi pure l’acquisto dell’angolo cottura.
All’inizio del 2015 – grazie alla battaglia del 5Stelle Riccardo Fraccaro – i deputati sono riusciti a liberarsi dal giogo del contratto con Scarpellini. Ma i guai erano appena cominciati. Prima, in 400 si sono ritrovati senza ufficio: si era parlato di open space, di locali da condividere, ma alla fine si sta ancora cercando una soluzione per gli onorevoli che rivogliono una stanza tutta per sé. Poi è scoppiata la grana mensa. I deputati hanno il self service e il ristorante a Montecitorio. I dipendenti pure, mentre i collaboratori erano rimasti senza niente. Per loro (esclusi alcuni casi particolari) il ristoro nel palazzo è vietato. Possono andarci ma solo se accompagnati da un deputato (che comunque deve pagare per loro e a tariffa piena). Niente buoni pasto da spendere all’esterno: se non vogliono giocarsi mezzo stipendio in pausa pranzo, insomma, non restava che il bar.
Stanchi di pasteggiare a tramezzini, hanno ingaggiato una battaglia campale: perché solo noi dobbiamo essere trattati così? Alla fine l’hanno spuntata: nel complesso di vicolo Valdina ha aperto un “servizio di gastronomia veloce” dove non ci saranno solo piatti freddi. Meglio di niente, dicono ora, pur ricordando che “resta ancora molto da fare per riconoscere piena dignità professionale alle centinaia di persone che lavorano per i parlamentari”.
La battaglia per la mensa (e non solo) quindi va avanti: la sovrintendenza sta valutando se sia possibile occupare i locali dell’ex Banco di Napoli e costruire lì una tavola calda per tutti, visto che il Demanio nel frattempo ha fatto sapere che nei dintorni non ci sono altri immobili disponibili.
E la cucina? A fine ottobre, dopo otto mesi di ricerche vane, l’Ufficio di presidenza della Camera si era quasi rassegnato: vendiamola, che tanto non sappiamo dove metterla. A un certo punto, invece, è sembrato che si potesse riallacciare un filo con Scarpellini. Tutti fermi allora: “Dismissione rinviata”. Poi la Milano 90 si è presentata a Montecitorio con una offerta irricevibile e al momento i rapporti paiono chiusi per sempre. Così lavastoviglie e fornelli restano ancora senza un tetto.
Si tornerà a discutere dopo Pasquetta: le commissioni che erano convocate per ieri sono state annullate. Le vacanze sono cominciate ieri, con un giorno di anticipo.