il Fatto Quotidiano, 25 marzo 2016
Caso Regeni, l’Egitto ora dà la colpa a una banda locale
Anche ieri, per l’ennesima volta, le notizie sulle indagini del Cairo sull’omicidio di Giulio Regeni sono state affidate ai media locali. Prima che il team di investigatori italiani inviati in Egitto fosse informato, il giornale Al-Watan, filogovernativo, ha pubblicato la notizia dell’uccisione, durante uno scontro a fuoco, di una banda di cinque persone “molto probabilmente coinvolte” nel sequestro del ricercatore.
Una pista investigativa che riconduce al movente della criminalità comune, uno dei tanti consegnati in questi mesi dall’Egitto, che non ha mai convinto gli investigatori italiani. A fornire i dettagli su questa nuova vicenda poi è stato un altro giornale egiziano, El-Tahrir, controllato da privati e nato dopo la rivoluzione del 2011: la banda avrebbe “commesso più di 40 rapine a mano armata”. Chi ne faceva parte si camuffava da “agente di polizia” e, “per pescare le loro vittime”, si spostava fra i quartieri “Ottobre” e “Sheikh Zayed” (ossia nell’estrema periferia ovest del Cairo, dove è stato ritrovato il corpo di Regeni, ndr) e “El Tagamu El Khames”, a est della città, dove invece sono stati uccisi i cinque. La banda – stando a quanto rivela il giornale egiziano – colpiva soprattutto “turisti e stranieri che risiedono in questi quartieri bene”.
Una notizia ridimensionata da un altro quotidiano filogovernativo. Al-Ahram infatti parla di “verifiche in corso sui crimini commessi dalla banda” e su una “relazione” con il caso Regeni: “Gli apparati per le indagini penali – precisa – stanno ancora lavorando al fine di svelare il mistero della morte del giovane italiano”. Nulla di questo è stato comunicato alla Procura di Roma, che mesi fa ha aperto un fascicolo per omicidio e ieri ha appreso la notizia dai media.
C’è grande scetticismo tra gli investigatori italiani: non c’è niente di concreto – o almeno che sia stato riferito dalle autorità egiziane – che riconduca alle torture che il giovane Regeni ha subito dal 25 gennaio in poi, giorno della sua scomparsa. E così per verificare anche quanto è stato pubblicato dai media locali, ieri è stato chiesto un incontro con tra i sette uomini di Ros e Sco al Cairo e le autorità egiziane. La riunione è stata rinviata dagli egiziani per tutta la giornata: l’ultimo appuntamento è stato fissato alle dieci di sera. La sensazione degli investigatori è che l’Egitto abbia voluto alzare la palla, tentare una soluzione al caso soprattutto in momento in cui l’Europa ha l’attenzione puntata sui fatti di Bruxelles e sul problema della sicurezza all’indomani dell’attentato. Si è quindi ancora tanto lontani da quella “verità” che anche il presidente Al-Sisi ha promesso – durante un’intervista a Repubblica – di consegnare all’Italia. Per poi sottolineare: “Un’altra domanda inevitabile è capire chi ha interesse a boicottare o bloccare l’ampia collaborazione tra Italia e Egitto sul fronte dell’energia e della sicurezza, in una fase di turbolenza in tutta la regione”.