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 2016  marzo 24 Giovedì calendario

I pretendenti di Rcs si nascondono. Ma attenti al Cav.

Tutti la vogliono, per l’importanza e il prestigio del Corriere della Sera, ma nessuno se la piglia, Rcs Mediagroup. Per ora. Del resto chi si mette in pista per risanare un’azienda che perde 175,7 milioni (il saldo dell’ultimo quinquennio arriva a 1,3 miliardi di perdite), ha ancora quasi mezzo miliardo di debiti con le banche (487 milioni) e, soprattutto, proprio nel rapporto con gli istituti di credito ha il suo neo?
E così se il management è agevolato dal fatto di non avere più un socio di riferimento alle spalle, è altrettanto vero che il gruppo di via Rizzoli non sarà mai una public company a tutti gli effetti. Non foss’altro perché due dei principali e storici soci, Mediobanca e Intesa Sanpaolo, sono anche tra i principali creditori. E da sempre hanno cercato, più di altri azionisti, di trovare una soluzione definitiva per la gestione della società, portando capitali (la famiglia Rotelli per Ca’ de Sass) e manager (l’ad Laura Cioli per Piazzetta Cuccia). Ma ora siamo di nuovo al punto di partenza.
Probabilmente la società con questi numeri rischia di aver bisogno di capitali freschi: ma l’aumento di capitale da 200 milioni resta un tabù. E allora via alla caccia del possibile salvatore della Patria (editoriale). Ma Urbano Cairo, socio al 4,6%, seppur bravo e navigato nel settore, non ha il gradimento di tutto il parterre de roi dei soci. La De Agostini si è sempre chiamata fuori. Andrea Bonomi, più volte tirato per la giacchetta, se ne sta in disparte. Gli stranieri sono banditi. La famiglia Rocca ha smentito l’interessamento. Chi resta? Giovanni Bazoli da tempo sta cercando di trovare una via d’uscita. Ma finora non ha trovato una Pandette-bis. Chi ha capitali per fare il deal è Francesco Gaetano Caltagirone. Ma non è detto che ci riesca. Perché, appunto, il quotidiano di via Solferino nessuno vuole perderlo di vista.
E Silvio Berlusconi? Lo spettro aleggia. Ma per legge (la Gasparri) non può. Fino a che resta proprietario di Mediaset. Il divieto d’incrocio stampa-tv resta in vigore anche per quest’anno. Ma se l’ex Cav dovesse prima o poi far confluire il network di Cologno nella Vivendi di Vincent Bolloré, mantenendo per la famiglia una quota rappresentativa ma di minoranza, allora le carte in tavola potrebbero cambiare.