Il Messaggero, 24 marzo 2016
«Stravolgono il nostro lavoro. È insopportabile!». Vincent Cassel continua la sua battaglia contro i doppiatori italiani
Qualche giorno fa, ospite della trasmissione di Radio3 Hollywood Party, Vincent Cassel aveva ascoltato un brano del suo nuovo film Un momento di follia (da oggi in sala) doppiato in italiano. E se l’era presa con l’abitudine del nostro cinema di doppiare le pellicole straniere. «In Italia», era sbottato, «è complicato vedere i film in versione originale perché i doppiatori sono una mafia». Scandalo, polemica: la reazione indignata delle”voci” di professione non si è fatta attendere. Ma, al di là delle parole, l’attore francese 49enne, abituato a mettere anima e corpo nel suo lavoro e a parlare con la massima sincerità quando un tema gli sta a cuore, ha sollevato un problema vecchio come il cinema, peraltro già denunciato di recente da Gabriele Muccino. E cioè l’impossibilità, nel nostro Paese, di vedere i film stranieri “anche” nella versione originale sottotitolata.
Senza nulla togliere al lavoro, spesso eccellente, dei professionisti della voce, il doppiaggio è una tradizione inveterata e difesa a spada tratta dai distributori terrorizzati (come del resto gli esercenti) all’idea che i sottotitoli possano mettere in fuga il pubblico. Risultato: non esiste l’alternativa e sono del tutto sparite o quasi le sale consacrate alla versione originale.
L’uscita di Cassel, uno degli attori europei più versatili e apprezzati, ormai sempre più richiesto anche da Hollywood, ha dunque scatenato un putiferio. Dal set londinese di Bourne 5, il nuovo capitolo della saga d’azione in cui interpreta il cattivo accanto a Matt Damon, Vincent ha chiarito la sua posizione e affidato il suo pensiero al Messaggero. «Innanzitutto», ci ha detto, «mi scuso con i doppiatori per aver parlato di mafia, non avevo nessuna intenzione di offenderli. Ma penso di aver messo il piede nel formicaio, come si dice da noi, portando alla ribalta un tema generale che va al di là del mio film».
In effetti non è esagerato parlare di “mafia”?
«È vero, il termine è fuori luogo e l’ho usato alla leggera senza rendermi conto che in Italia, a differenza della Francia, non è un modo di dire ma evoca crimini concreti. Il problema del doppiaggio però esiste».
Perché lei è così contrario?
«Non ho nulla contro i doppiatori, anzi li rispetto perché spesso fanno questo mestiere per necessità. Anche mio padre Jean-Pierre Cassel ha prestato la voce ai film stranieri e l’ho fatto pure io, quando ero giovane, per mantenermi. Ma ribadisco che in Italia si è creato un sistema di potere che non solo impedisce agli spettatori di vedere i film in versione originale, ma spesso comporta uno stravolgimento del nostro lavoro».
Che cosa intende?
«Con la scusa dell’adattamento, i direttori di doppiaggio e gli stessi doppiatori a volte si prendono una libertà esagerata e si sentono in diritto di sostituirsi, in sala di registrazione, al regista o al protagonista del film. Se pensano di essere così importanti, allora facciano dei film in prima persona, sbattendosi per trovare i finanziamenti... Non può immaginare quanto sia doloroso per un attore sentire che le proprie emozioni e la propria sensibilità vengano reinterpretate, addirittura manipolate da un altro. È insopportabile!».
Ma alcuni doppiatori, ammetterà, sono dei grandi professionisti.
«È vero, avete una tradizione superba di voci: i primi che mi vengono in mente sono Claudio Amendola e Giancarlo Giannini. Ma mi dispiace, con tutto il rispetto per la categoria nessun doppiatore potrà mai recitare meglio dell’interprete originale».
Ma lei ha qualcosa da dire contro gli attori che la fanno parlare in italiano?
«Lo ripeto, il problema non è il mio film ma riguarda il cinema straniero in Italia. Lo spettatore non ha alternativa e del resto il doppiaggio è nato da voi durante il fascismo, come strumento di censura per controllare il contenuto dei film che venivano dall’estero. Non posso nemmeno pensare che attrici dal talento straordinario come Sofia Loren, Silvana Mangano e Claudia Cardinale siano state a lungo doppiate, all’inizio della carriera, perché la loro voce non veniva considerata adeguata».
Secondo lei il doppiaggio andrebbe abolito?
«Mai pensato questo. Ma sono convinto che il pubblico debba avere la scelta: chiedo che venga distribuita, insieme con i film doppiati in italiano, anche la versione originale. Ormai, grazie a Internet, i giovani conoscono le lingue e non hanno nessuna difficoltà a confrontarsi con i sottotitoli. In Francia, per esempio, il 30-35 per cento delle sale ospita in permanenza la versione originale».
Pensa che il problema da lei denunciato riguardi solo l’Italia?
«No, interessa tutti i Paesi dove il doppiaggio esiste. In Italia il doppiatori hanno un potere smisurato, un loro sciopero può bloccare il cinema. Ma bisogna ricordarsi che il cinema esiste anche senza di loro, mentre loro senza il cinema non esistono».