Corriere della Sera, 24 marzo 2016
I francesi e la difficile battaglia per sollevare Paul Signac dalla fama di pittore della domenica
Pittore della domenica, Paul Signac (1863-1935)? Da anni i francesi stanno facendo di tutto per sdoganare l’arte del divisionista che non è riuscito a seguire l’esempio di Seurat. Come? Presentandolo e ripresentandolo anche in luoghi «deputati», come il parigino Grand Palais. Il pittore è stato ripreso in considerazione ed anche un po’ rivalutato. Ma è dura...
Signac non suscita grandi entusiasmi, anche se talvolta la sua pittura ha degli sbalzi verso l’alto; ma solo se rapportata alla biografia. Un po’ – anche se su altri piani e tempi diversi – come avviene per Frida Kahlo. Se separate la biografia dell’artista messicana dal suo lavoro, cade tutto. Anzi, precipita, sino a rendere l’amante di Leon Trotsky e di André Breton una sorta di artigiana di ex voto. Per Signac e la Kahlo, la biografia è una specie di salvagente.
Adesso di Signac, la Fondazione Hermitage di Losanna espone (sino al 22 maggio) – a cura di Marina Ferretti Bocquillon – un’antologia (Une vie au fil de l’eau) di 148 fra dipinti, acquerelli e disegni di una collezione privata. Un percorso cronologico e tematico non alieno da spunti interessanti. Signac nasce a Parigi nel 1863 e la sua famiglia si trasferisce a Montmartre, dove – come a Montparnasse – vivono artisti provenienti da tutto il mondo. Paul va in giro e frequenta atelier, caffè, gallerie. E cabaret fra cui «Il gatto nero», dove servono vino scadente e assenzio, mentre si assiste al «teatro d’ombre». Quando «Il gatto» viene aperto, Signac ha 18 anni. Frequentato da Victor Hugo, Aristide Bruant, Albert Samain, diviene un locale alla moda, anche per un particolare: gli avventori vengono apostrofati con battutacce. «Guardate questo qua: lo si direbbe il principe di Galles tutto bagnato di piscia!», dicono al futuro re Edoardo VII (qualcosa del genere, anche con battute più pesanti, a Roma, avveniva negli anni Settanta, alla trasteverina «La parolaccia»).
Suggestionato, il ragazzo lascia gli studi di Architettura, entra a far parte del gruppo «Le aringhe affumicate epilettiche baudelairiane e antifilistee» e si dedica alla tavolozza. I primi soggetti? Vedute di Montmartre, nudi e barche (l’altra grande passione): molte foto del tempo lo ritraggono a bordo di varie imbarcazioni, vestito come un vecchio lupo di mare, al timone con barba lunga e pipa (per questa sua predilezione, nel 1913 viene nominato pittore ufficiale della Marina militare francese).
A 21 anni, Signac espone al Salone degli Indipendenti, dove incontra Georges Seurat (che ha quattro anni in più di lui), di cui diventa amico e sodale, seguendone i dettami artistici: puntinismo e divisionismo. Entrambi sono sensibili all’arte scientifica che ha i suoi fondamenti negli studi di ottica rilanciati dai positivisti. Maxwell, Keimholtz, Dove, Setter, Chevreul, Rood analizzano i vari fenomeni di luce e di colore.
Spesso Paul e George dipingono gli stessi soggetti: vedute e paesaggi, porti sulla Senna e sul mare, personaggi vari, ma con risultati totalmente diversi. Alla grande, straordinaria suggestione di Seurat fa eco una certa aridità e tecnicismo di Signac, che indugia un po’ troppo nelle minuzie. Non riuscendo a trovare una sua unità, la visione finisce col frantumarsi.
Nel 1891, Seurat improvvisamente si ammala e muore: ha trent’anni. Paul è nel panico: lascia Parigi e si trasferisce in Bretagna. Ma quella che avrebbe potuto essere una svolta non solo di vita, ma anche d’arte, non avviene. Soprattutto negli acquerelli, dove Signac non riesce a liberarsi di un certo decorativismo bizantineggiante. Dalle coste bretoni al porto di Saint-Tropez. È il periodo degli acquerelli e del rapporto musica-pittura. Signac ha molto seguito fra i giovani: vengono a trovarlo da tutta la Francia. Quando, nel 1899, egli pubblica Da Delacroix al neoimpressionismo, viene raggiunto dal ventiquattrenne Henri Matisse, a quel tempo interessato al neoimpressionismo. Nel 1913, Signac va a vivere ad Antibes. Il mecenate Gaston Lévy lo incarica di dipingere ad acquarello i porti francesi, dall’Atlantico al Mediterraneo: tre anni di lavoro.
Sul piano organizzativo, invece, l’artista lascia il segno. Presidente dal 1908 del Salone degli Indipendenti, dà un notevole impulso alle rassegne, dove espongono molti giovani che diventeranno celebri (fra l’altro, Signac apre le porte ai Fauves). Ma anche nei suoi ultimi lavori, Signac si fa prendere la mano dal folclore: e ciò impedisce che egli possa avere quel posto rilevante nella pittura d’Oltralpe a cavallo fra due secoli che i francesi tentano caparbiamente da tempo di fargli avere.