Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  marzo 23 Mercoledì calendario

Fino al 1966 i matrimoni misti erano vietati. Poi Paolo VI tolse la scomunica

Un anniversario è passato sotto silenzio in Italia, ma è stato ricordato in Germania. Esattamente cinquant’anni fa, il 18 marzo del 1966, Paolo VI decise di cambiare la legge ecclesiastica che prevedeva la scomunica per i cattolici che sposassero un protestante. Migliaia di fedeli vivevano nell’angoscia e, secondo le loro coscienze, nel peccato.
Fu la massiccia emigrazione dei nostri lavoratori nella Germania del miracolo economico a spingere il pontefice ad essere più indulgente. Per me, Papa Montini è stato il papa più grande degli ultimi tempi. Lo dico da ateo, e quindi il mio parere è del tutto personale, però devo la mia educazione morale e sociale ai gesuiti del «Gonzaga» di Palermo.
Io giunsi come corrispondente ad Amburgo nel ’69, appena dopo la riforma di Montini. E mi stupivo per le lamentele di molti nostri emigranti. Loro erano in maggioranza credenti, e vivevano male da anni, perché avevano sposato un’infedele. Erano quasi sempre uomini ad aver scelto una donna tedesca che amavano. Si trovavano esclusi dai sacramenti, e il prete della missione cattolica era un punto di riferimento importante per lavoratori italiani, non poter frequentare la chiesa, significava essere tagliati fuori dalla vita sociale, isolati dai compatrioti. Per fortuna, i nostri preti dell’emigrazione, in genere chiudevano un occhio o due, anticipando la decisione del Vaticano. Una scelta di civiltà.
Perché vietare le nozze «miste»? Per i luterani, il matrimonio non è un sacramento. Gesù nei Vangeli non dice una parola al riguardo, veramente non parla nemmeno mai di sesso. Per Lutero il matrimonio dunque non era indissolubile, e ammetteva il divorzio. Il pastore protestante non è che il testimone dell’amore e della decisione di un uomo e di una donna. Poi se la vedranno loro con Dio, e se l’amore finisce si divideranno oppure no. E, particolare fondamentale, anche i pastori, uomini e donne, possono dunque sposarsi e avere figli. Gesù non pronunciò neanche una parola sul celibato dei suoi apostoli.
Qual era la posizione della Chiesa luterana? Ho scritto un romanzo, «Pizza con crauti» (non è réclame, è da tempo esaurito), in cui il protagonista, un pizzaiolo siciliano si sposa con una pastora, una parrina, come dice lui. Ma era possibile? Chiesi consiglio alla mia editor tedesca, un’esperta in quanto figlia di un pastore, ed ex moglie di un pastore. Non è un problema, mi rispose, purché il tuo pizzaiolo diventi protestante. Non era un’imposizione dovuta alla fede: il partner del Pfarrer ha un suo ruolo nella comunità della parrocchia, sia uomo o donna (e sono molti i pastori omosessuali), e sarebbe difficile per un marito o una moglie cattolici. Ora, il divieto è stato abolito, mi dicono. Mancano i pastori anche a Lutero e si è più tolleranti. Grazie a Paolo VI i nostri lavoratori non furono più scomunicati a causa dell’amore. Purché si impegnassero a educare i figli nella religione cattolica. Non si può chiedere troppo a un Papa.