la Repubblica, 23 marzo 2016
C’è un allenatore di calcio romano che qui è uno sconosciuto ma nel Sudest asiatico è una vera star
«La cosa più difficile è comunicare le emozioni, non basta parlare inglese». Parola di Fabio Lopez: un nome che a molti non dirà molto, ma lui romano di Campo de’ Fiori, ha trovato una strada diversa per affermarsi. Allenatore di calcio da quando aveva 24 anni, oggi che ne ha 42 è una vera star nel sud est asiatico, quasi un Marco Polo del calcio.
Malesia, Indonesia, Bangladesh, Maldive: qual è la prima differenza con il calcio italiano?
«La mentalità è diversa. L’arroganza percepita male, chi arriva pensando di aver inventato il calcio torna a casa dopo 2 mesi. Poi l’alimentazione. Ci si confronta con tradizioni, anche per la religione, che stravolgono la dieta di un atleta: bisogna adeguarsi».
Cosa l’ha portata in Asia?
«Il sistema italiano favorisce l’esodo dei giovani, soprattutto se non sei nel sistema. E avevo voglia di conoscere realtà differenti. Sono stato in Malesia, poi mi chiamarono per salvare il Medan, la Juve d’Indonesia, e ho centrato l’obiettivo. Sono stato anche alle Maldive, presi la squadra ultima e chiudemmo terzi».
Come è diventato allenatore?
«Ho iniziato in Lituania allenando il Banga Gargždai e il Klubas Šiauliai, chiudendo sempre con la miglior difesa».
L’esperienza più significativa?
«Quella con la nazionale del Bangladesh, 4 mesi in cui ho fatto le qualificazioni ai Mondiali di Russia 2018. Rappresentavamo una nazione di 160 milioni di persone, la pressione era incredibile, a volte per fare 10 km ci volevano 4 ore. In più dopo l’agguato Is a un cooperante italiano, a Dacca, viaggiavamo sotto scorta. La gara migliore con l’Australia, 4-0 per loro il primo tempo, 0-0 il secondo: per noi una bella figura».
Al di là delle esperienze esotiche, lei che allenatore si sente?
«Non vengo da Coverciano, più delle lezioni contano le idee. Amo il 4-3-3, ma so adattarmi alle situazioni. I colleghi più bravi? Ancelotti e Spalletti che hanno vinto anche all’estero. Ma vincere in Lituania non vale meno che farlo in Russia».