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 2016  marzo 23 Mercoledì calendario

A Bruxelles kamikaze in aeroporto e bombe in metro: 31 morti e 210 feriti • L’Isis rivendica gli attentati e prometti agli «Stati crociati» un destino «ancora più buio» • Obama parla ai cubani di pace e libertà • Armani abolisce le pellicce

 

Bruxelles 1 Alle 7.51 di ieri nell’aeroporto di Zaventem un uomo si è fatto esplodere, nel salone delle partenze, all’altezza dei banchi 8 e 9. Alphonse Lyan, un portantino, stava sistemando dei carrelli. «Dietro di me ho sentito delle parole in arabo non recitate, ma gridate. Poi è arrivata una detonazione enorme e mi sono buttato per terra». La sala si è riempita di fumo, dai soffitti si sono staccati pannelli di plastica che sono caduti addosso a morti e feriti. In quel momento all’interno dello scalo c’erano almeno novecento persone che si sono precipitate tutte verso l’unica possibile via di fuga, lungo il corridoio che conduce alle quattro uscite. Ma all’atezza dello Starbucks, davanti alle grandi vetrate della facciata, c’era un altro kamikaze che si è fatto esplodere non appena è stato superato dai primi fuggitivi. Anna Melchiori, una ragazza milanese che lavora come cameriera in un ristorante, era appena entrata per imbarcarsi sul volo low-cost delle 8.30 diretto a Malpensa. «Ho sentito come uno schiocco, e poi una specie di vento che mi ha colpito. Sono riuscita a restare in piedi, ma intorno a me c’era gente che è stata scaraventata a terra e cercava di allontanarsi strisciando. Si deve anche essere rotta una tubatura, perché sul pavimento c’era un po’ d’acqua, e moltissimo sangue». Un anziano manager francese ha raccontato di un corpo senza testa, di una donna coperta di sangue che non si rendeva conto di non avere più la gamba sinistra. Alle 9.11 uno sbuffo di denso fumo nero sale in strada dalle scale che portano alla fermata del metrò di Maelbeek, nel cuore del quartiere di Schumann dove hanno sede le istituzioni comunitarie. Un’altra bomba è esplosa sul secondo dei tre vagoni del convoglio che fanno la navetta dal centro ai palazzi dell’Unione Europea. La vettura viene squarciata. I feriti hanno tagli ovunque, come se fossero stati colpiti da chiodi e bulloni, dicono i soccorritori. A Zaventem sono morte undici persone, nel tunnel della metropolitana ci sono altri 20 corpi senza vita, i feriti sono almeno 210, sparsi in 22 ospedali della regione (Imarisio, Cds).

Bruxelles 2 Dopo gli attentati Bruxelles impazzisce. I mezzi pubblici si fermano in mezzo alla strada, le stazioni vengono chiuse e usate come deposito dei feriti dell’aeroporto e della metropolitana. Le linee telefoniche sovraccariche saltano, ogni comunicazione si interrompe. Nel pomeriggio vengono diffuse le foto dei tre attentatori di Zaventem, riprese dalle telecamere di sorveglianza. I primi due sono i kamikaze, il terzo viene cercato ovunque. Intanto la spianata e le vie intorno ai palazzi della Commissione e del Consiglio europeo sono deserte. I marciapiedi sono coperti da lunghe scie di sangue (ibidem).

Bruxelles 3 L’Isis ha ruvendicato gli attentati con un comunicato diffuso in inglese, arabo, francese, russo e bosniaco sul network Khilafah News. «Per la grazia di Allah, una cellula segreta dei soldati del Califfato ha colpito i crociati belgi». Nessun cenno, invece, a Salah Abdeslam, il terrorista arrestato venerdì scorso. La vendetta è contro gli «Stati crociati» che si sono alleati contro lo Stato Islamico. Ed è a loro che è rivolta la minaccia di un «destino ancora più buio» (Serafini, Cds).

Bruxelles 4 Dalle prime informazioni, è ragionevole ritenere che il gruppo che ha agito ieri stesse pianificando da tempo l’attacco. E che nella pianificazione fosse coinvolto anche il latitante Salah Abdeslam. La decisione di accelerare i tempi, più che una vendetta per l’arresto di Salah, sarebbe la verosimile conseguenza del blitz a Forest del 16 marzo scorso, durante il quale muore Mohamed Belkaid, algerino, 35 anni. Belkaid è infatti un pezzo grosso dell’organizzazione e ha partecipato alla pianificazione ed esecuzione delle stragi del 13 novembre. Gli investigatori sono convinti che Belkaid stesse lavorando all’attacco di Bruxelles quando la polizia belga lo ha ucciso durante l’irruzione nella casa di Forest dove era nascosto. In quella casa sono stati infatti ritrovati due detonatori pronti per essere utilizzati. La polizia belga ha diffuso ieri sera un appello alla popolazione perché aiuti nella ricerca di uno dei tre uomini ripresi dalla video sorveglianza dell’aeroporto di Zavantem. Si tratta di quello con il cappello scuro e il giaccone chiaro, alla sinistra dei due che, come lui, spingevano il carrello con i bagagli e che si ritiene si siano fatti saltare in aria. Alcuni testimoni hanno raccontato di aver visto l’uomo allontanarsi frettolosamente dal terminal subito dopo le due esplosioni. Per quanto riguarda i suoi due complici e martiri potrebbe trattarsi dei fratelli Khalid e Ibrahim el-Bakraroui, jihadisti e prima ancora criminali comuni. Le loro tracce sono state trovate in alcuni dei covi dove secondo la polizia si sarebbe nascosto Salah durante i suoi 4 mesi di latitanza, compreso quello di Forest dove è morto Belkaid (Bonini e Foschini, Rep). [Sull’argomento leggi anche il Fatto del Giorno]

Cuba 1 Ieri l’intervento di Obama al Gran Teatro Alicia Alonso. Il primo pensiero è stato per l’attentato di Bruxelles: «Gli Stati Uniti sono a fianco dei loro alleati del Belgio e faranno il possibile per aiutarli a catturare i responsabili». Poi un discorso «rivolto al popolo cubano» più che alla platea di selezionati dirigenti politici, uomini d’affari, accademici. «Sono venuto qui per sotterrare le ultime vestigia della Guerra Fredda». Obama ha citato, in spagnolo, una poesia dell’eroe nazionale, padre dell’indipendenza José Martí: «Cultivo una rosa blanca, sono qui per offrirvi un segno di pace». Ma l’unico applauso convinto è arrivato quando ha promesso, scandendo: «Continuerò a chiedere al Congresso di abolire l’embargo nei confronti di Cuba». Raúl Castro sorride dal palco presidenziale ma quando Obana parla di diritti umani, libertà di espressione, di religione, competizione elettorale tra partiti diversi piano piano il sorriso di Castro diventa una smorfia. «La democrazia Usa non è perfetta — dice Obama —, 50 anni fa sarebbe stato impensabile avere un afroamericano alla Casa Bianca. E invece le persone si sono organizzate, ci sono stati movimenti di protesta per spingere il cambiamento. Se io oggi sono qui è perché la democrazia americana lo ha reso possibile. L’apertura, l’esposizione alle altre culture, il confronto delle idee: ecco il segreto del nostro sviluppo. So bene che il futuro di Cuba è e resterà nelle mani del popolo cubano. Dipende da voi». Di nuovo una frase in spagnolo: «Somos todos americanos, condividiamo tante cose, tanti valori, come quello dell’importanza della famiglia. Negli Stati Uniti vive una grande comunità cubano-americana. Possiamo andare avanti insieme, da buoni vicini, da amici. Sì, se puede» (Sarcina, Cds).

Cuba 2 All’ora di pranzo Obama ha ricevuto all’ambasciata Usa un gruppo di dissidenti: «Tutti voi avete dato prova di un coraggio straordinario». Tra gli invitati la leader delle Damas de Blanco, Berta Soler, arrestata domenica e rilasciata lunedì; Elizardo Sánchez, della Commissione cubana per la difesa dei diritti dell’uomo; Guillermo Fariñas, insignito, come Berta Soler, del premio Sakharov attribuito dall’Europarlamento; il rapper Angel Yunier; la militante del movimento transessuale, Juana Mora Cedanor e l’attivista gay Nelson Alvarez Matute (ibidem).

Pellicce 1 Giorgio Armani, a partire dal prossimo inverno, abolirà le pellicce da tutte le sue collezioni. Ulizzerà solo la pelliccia ecologica (che ha abbondato, sulle passerelle di Armani delle ultime fashion week, ma orgogliosamente rivendicata come «finta»): «Il progresso tecnologico ci permette di avere alternative che rendono inutile il ricorso a pratiche crudeli nei confronti degli animali». Molti stilisti stanno già percorrendo la strada dell’ecofur — Hugo Boss, Tommy Hilfiger, Calvin Klein, Vivienne Westwood, Elisabetta Franchi, Stella McCartney, che da sempre ha eliminato anche la pelle dalle sue collezioni, e poi importanti marchi sportivi come Napapijri o catene globali come Zara e H&M (Monti, Cds).

Pellicce 2 Ogni anno vengono sacrificati alla moda 95 milioni di animali da pelliccia, con Europa e Cina tra i maggiori produttori a livello mondiale (Asnaghi, rep).

(a cura di Roberta Mercuri)