La Gazzetta dello Sport, 20 marzo 2016
Marsiglia, 21 marzo 1991. La notte più buia del Milan
Non sapremo mai se dalle parti di Arcore i testi di Eduardo De Filippo erano di casa. Di sicuro accade una cosa cara al grande attore e autore napoletano: passa la nottata. E porta consiglio. Il Milan aveva lasciato Marsiglia annunciando battaglie legali davanti a giornalisti increduli. La mattina dopo la retromarcia è totale: il club rinuncia al ricorso pensato per agguantare una impossibile vittoria a tavolino o più modestamente la ripetizione del match. Non solo, accetta il 3-0 a tavolino e incassa senza fiatare l’ulteriore punizione dell’Uefa: un anno fuori dalle Coppe. Una mazzata tremenda, ma quello che fa più male è la figuraccia. Danno d’immagine incalcolabile per una società che ha un presidente, Silvio Berlusconi, molto sensibile a questo aspetto. In Italia l’abbandono del Milan è stigmatizzato da tutti. Candido Cannavò, direttore storico della Gazzetta, non la tocca piano: paragona Galliani a Fahad Al-Ahmed, lo sceicco del Kuwait, pure lui vestito di bianco, sceso in campo per far annullare (riuscendoci) un gol della Francia nella sfida al mondiale 1982 e definisce quella trasferta un’ala di manicomio; a Michel Platini, c.t. francese presente in tribuna, bastano due parole: «Una vergogna». Ma chi era in campo si rese conto di quello che stava accadendo?
LA VARIANTE DI BILLYAlessandro Costacurta ha una cosa in comune con Adriano Galliani: il percorso sportivo nei club fatto solo da Monza e Milan. Per entrambi esordio in Brianza: difensore il primo, dirigente il secondo. Poi solo colori rossoneri: per Billy 20 stagioni ricche di trionfi. Quando scende in campo a Marsiglia, il giovane Costacurta (24 anni) ha già vinto uno scudetto, due Coppe dei Campioni, altrettante Supercoppe europee e due Intercontinentali. Non proprio l’ultimo arrivato. Ma in quel Milan i senatori erano altri: Baresi, Tassotti, Maldini, Ancelotti, Rijkaard, Gullit e così via. Nessuno di loro si oppose all’ordine di Galliani. Come mai? «Perché eravamo convinti che fosse una scelta condivisa col delegato Uefa. Eravamo pronti a giocare, poi arrivò Galliani e ci disse di rientrare negli spogliatoi. La luce era ritornata, mancava pochissimo e il Marsiglia si stava qualificando in modo meritato. Nessuno di noi voleva fuggire o cercare una scorciatoia...». Billy prende fiato, l’argomento è delicato, ma non si tira indietro. «La squadra è uscita convinta che c’era un accordo in quel senso. Abbiamo scoperto l’amara verità dai giornalisti, dopo la doccia. C’è cascato il mondo addosso. Ricordo ancora la faccia scura di Arrigo Sacchi. Da quel momento in avanti eravamo consapevoli di aver preso parte a una imbarazzante sceneggiata. Il Milan campione d’Europa che scappa come se fosse a un torneo rionale... Sono passati 25 anni, ma quella macchia non si cancellerà mai». E arriviamo alla domanda delle domande: la decisione fu tutta farina del sacco di Galliani oppure arrivò un suggerimento da Silvio Berlusconi? La versione ufficiale la conosciamo: il patron da Arcore cerca di comunicare con il suo dirigente per ordinargli di rientrare in campo, ma i telefonini del 1991 non erano quello di oggi. Insomma, tutta colpa di Adriano. Andò davvero così? «Non credo sia possibile – risponde Costacurta – Certo, a noi dissero davvero poco. Galliani riunì la squadra il giorno dopo e ci chiese scusa, parlò di un suo errore di valutazione. Berlusconi rinunciò al ricorso annunciato dichiarando che non era quello il dna del Milan, ma secondo me una responsabilità del genere non poteva essere stata presa solo dal vicepresidente. Anche perché se fosse andata così, allora avrebbe pagato con il licenziamento dopo la squalifica di un anno dalle Coppe. Era un danno economico enorme, oltre a quello ancora più grande d’immagine. Diciamo che Galliani si è “sacrificato”, prendendosi tutte le colpe. Ma io ho un’altra idea: l’ordine arrivò da Arcore. Anche altri miei ex compagni la pensano allo stesso modo». Tutto chiaro. Resta un’ultima curiosità, forse Galliani (o Berlusconi) avevano visto nel riflettore di Marsiglia un segno del destino, come la nebbia di Belgrado che nel 1988 salvò il Milan dalla eliminazione: il replay della sfida con la Stella Rossa lanciò i rossoneri verso la vittoria finale. «Può essere una chiave di lettura giusta – spiega Billy – C’è però una differenza: nel 1988 noi eravamo i più forti, a Marsiglia no. Ripeto, quella uscita dal campo fu davvero una figuraccia, ma non mi sento responsabile. Nessuno dei giocatori lo è stato: se avessimo saputo che quella era una scelta unilaterale, avremmo finito la gara. Gente come Baresi, Maldini, Gullit non aveva paura di andare contro la dirigenza, specie se era convinta di fare una cosa giusta. La squadra ha dimostrato il suo valore nel tempo: c’era chi pronosticava la fine del ciclo dopo la squalifica. E invece con Capello tornammo a vincere, anche se in Europa passammo prima dal cocente k.o. ancora col Marsiglia nella finale del 1993: ecco, in quell’occasione avremmo meritato noi... Forse dovevamo pagare ancora per la sciocchezza di due anni prima».
IL RICORDO DI PAPIN Quella Coppa nel cielo di Monaco la alzò Didier Deschamps. Un altro francese si ritrovò a piangere: Jean Pierre Papin. Proprio in quella stagione era approdato nel Milan. Nel 1991, invece, stava dall’altra parte della barricata. E i ricordi di quella strana serata sono nitidi: «La situazione era già incredibile: stavamo eliminando la squadra che considero la più forte di tutti i tempi. Poi col riflettore mezzo spento ci fu una grande confusione. Con alcune persone della sicurezza ci siamo messi davanti all’accesso degli spogliatoi: temevamo l’uscita dal campo del Milan. Discutemmo con Baresi, Gullit e Rijkaard, mentre non ricordo bene cosa facesse Galliani. La porta rimase chiusa e la luce cominciò a ritornare, ma i rossoneri dissero di non voler giocare più. Non c’è dispiaciuto passare così: se ti qualifichi, la maniera conta relativamente, soprattutto con quel Milan. Quando mi ingaggiarono, parlai con i miei nuovi compagni di quell’episodio solo una volta in ritiro: mi dissero che l’anno prima era successo qualcosa di simile a Belgrado. Calò la nebbia, la gara fu rigiocata e vinsero. Quindi a Marsiglia qualcuno pensò di ripetere la cosa. Fossi stato al posto loro avrei fatto la stessa cosa». Il Milan e Galliani riempirono il buco nero di Marsiglia con una serie impressionante di successi. Andò in tutt’altra direzione la strada di Fahad Al-Ahmed: fu trucidato il 2 agosto 1990 dai soldati di Saddam Hussein che avevano appena invaso il Kuwait.