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 2016  marzo 20 Domenica calendario

Anche i computer hanno emozioni

Sono computer sensibili, dotati di spirito critico, acume. Capaci di comparazioni, velocissimi nel decodificare milioni di dati ma anche di archiviare – in autonomia – l’immagine di una persona che sorride e classificarla come farebbe il pensiero umano: felicità. Non hanno prosaicamente forma di robot ma la nuova generazione di sistemi di intelligenza artificiale vive nell’epoca della Silicon Valley un’epopea: le grandi aziende si sono accorte che, oltre a raccogliere e vendere dati personali, c’è un oceano di informazioni «grezze» che vale la pena identificare e organizzare.
Tra la costa ovest ed est dell’America, alcuni ingegneri scientifici hanno iniziato a lavorare sui prototipi di questi dispositivi che funzionano attraverso meccanismi simili al nostro sistema centrale. «Abbiamo scoperto non solo che questo tipo di tecnologia permette alle aziende di risolvere da sole alcuni problemi ma che il sistema può predire alcuni avvenimenti. Puro marketing, senza sforzi umani», dichiara a «la Lettura» Richard Socher, dottorato a Stanford e fondatore di MetaMind, la start-up specializzata in intelligenza artificiale che ha elaborato un algoritmo per migliorare l’interazione tra utenti e pc: prendi una foto, mostrala al computer, fagli una domanda e avrai una risposta.
Dal suo ufficio di Palo Alto, Socher cerca un’immagine a caso: è la foto di una tennista durante un servizio. MetaMind chiede al computer di quale immagine si tratti, quale sia il colore della pallina da tennis, e che cosa la giocatrice stia indossando. Si chiama deep learning, estremo approfondimento. Il computer risponderà correttamente, e al tempo di un battito di ciglia. «Possiamo trovare esattamente il prodotto che un utente cerca su un sito e persino predire di cosa avrà bisogno il giorno dopo», puntualizza.
Intelligenza artificiale è una terminologia che rimanda alla fantascienza: ai robot di Steven Spielberg o al più recente film Her, dove l’automa è capace di qualunque abilità virtuale, compreso innamorarsi. Sul computer dotato di MetaMind c’è invece un’anonima barra grigia alla base dello schermo, che offre risultati freddi e immediati. La compagnia ha un listino prezzi: da una tariffa gratuita per semplici ricerche fino a «Premier», il pacchetto più importante che costa quasi cinquemila dollari al mese. Una branca dell’azienda – nella base sulla West Coast lavorano sedici dipendenti – ha un programma dedicato alla medicina in collaborazione con la University of California: attraverso le radiologie dei pazienti MetaMind può riconoscere il tipo di lesione, fare una diagnosi iniziale: «Così da aiutare i medici nei pronto soccorso – spiega Socher – e intervenire immediatamente nei casi più gravi».
I computer si stanno avvicinando a un’intelligenza emotiva, che sente, capisce e immagazzina sfumature. «Stiamo costruendo un ponte tra il mondo dei computer e il mondo fisico», spiegano invece da Clarifai sulla costa opposta. Ufficio tra 24esima strada e Park Avenue a New York, l’amministratore delegato dell’azienda, Matthew Zeiler, 29 anni, parla alla «Lettura» con una videochiamata su Google Hangout. La startup è un’eccellenza in quel che chiamano machine learning, computer-spugne in grado di afferrare significati e di registrarli. «La nostra azienda ha ottenuto risultati con l’intelligenza artificiale che non si erano mai visti prima. In pratica – racconta Zeiler – i nostri computer stanno iniziando a ragionare proprio come fanno le persone. Nessuno sa bene come funziona il cervello. Si tratta di approssimazioni. La nostra tecnologia fa delle previsioni che funzionano proprio come avviene nella mente umana». Il fondatore fa una dimostrazione. Sul suo iPhone c’è l’immagine di un cane media taglia, dal muso bianco e nero: «Si chiama Ringo. Se offro al sistema milioni, miliardi di immagini molto simili, la nostra tecnologia è in grado di riconoscere proprio lui e di tradurre le informazioni in 20 lingue diverse».
Clarifai lavora con Amazon e con aziende come PicsArt, una compagnia di photoeditor automatizzata. Aiuta a selezionare le immagini più belle e significative di un matrimonio, per esempio, e a scremarle. Nel pacchetto clienti ci sono anche grossi gruppi editoriali come BuzzFeed, e la loro tecnologia è arrivata già in Europa: aziende in Gran Bretagna e Turchia soprattutto. «La nostra forza è poter lavorare on demand e in tempo reale. Abbiamo calcolato che in genere Clarifai impiega circa 80 millesimi di secondo per riconoscere una foto».
Forevery è la loro app che organizza autonomamente le immagini e le archivia nel telefono in cartelle che il sistema definisce senza suggerimenti: momenti felici, luoghi, appunti di lavoro. «Stesso sistema applicato alle foto personali: la app riesce a identificare luoghi e volti. È come fosse un social network solo delle proprie memorie personali. Il sistema sa che faccia hanno e come si chiamano le persone a te più vicine e sa riconoscerle tra centinaia di altre foto».
Secondo un’inchiesta di Bloomberg Business, la tecnologia legata all’intelligenza artificiale, fino a pochi anni fa quasi irrilevante, tra il 2013 e il 2014 ha subito un boom e le start-up hanno ricevuto investimenti per oltre 300 milioni di dollari. Le compagnie di deep learning si rifanno alla rete neurale del sistema nervoso umano: copiano il lavoro che avviene nelle aree del cervello dove si sviluppa l’apprendimento e l’associazione di idee. Da qualche tempo esiste Google Brain, con un team che sta lavorando proprio sulla ricerca su questo tipo di intelligenza artificiale, mentre Facebook ha acquisito poco tempo fa una start-up, Wit.Ai, che ricava informazioni importanti semplicemente da messaggi vocali, una versione più sofisticata di Siri (che esegue ordini ma in realtà non capisce il significato di quel che le viene richiesto).
La tecnologia ha un’enorme potenziale sulla pubblicità, e su previsioni di ciò che il mercato chiede nell’immediato futuro: ad esempio – per i siti di informazione online – quali saranno gli argomenti che riceveranno più clic.
All’università di Stanford alcuni ricercatori sono al lavoro su «analisi dei sentimenti»: il computer in base ad alcune definizioni dell’utente può dare un giudizio sullo stato d’animo di una persona. L’accuratezza della risposta va oltre l’80 per cento. «Nella tecnologia del deep learning il computer viene educato a imparare alcuni parametri e a ripeterli fino a raffinarsi sempre più», dice ancora Zeiler. «Il sistema dell’algoritmo che consiglia quello che al potenziale cliente potrebbe piacere – conclude – qui è sorpassato. Riusciamo a suggerire a un eventuale consumatore cose che nemmeno sa di volere».