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 2016  marzo 20 Domenica calendario

Sul set di Arancia Meccanica con le foto di Dmitri Kasterine

«Guarda bene fratellino, guarda bene», sillaba Alex da dietro la maschera, fissando la cinepresa impugnata da Kubrick, prima di stuprare la moglie dello scrittore immobilizzato a terra. È il set di Arancia meccanica durante una sequenza durissima, e a fotografare tutto c’è Dmitri Kasterine: «Qualsiasi cosa Stanley volesse, noi la facevamo: azioni calme e veloci da tutte le persone coinvolte, e anche qualche risata. Non c’era mai tensione o paura, Stanley controllava tutto e nessuno se ne lamentava».
Kasterine è il protagonista della mostra fotografica che la Galleria Ono di Bologna dedica al 45esimo anniversario dell’uscita nelle sale del capolavoro di Kubrick. Inglese di padre russo, 84 anni, lungo la sua vita professionale ha immortalato i protagonisti della Swinging London finché è approdato alla corte di re Stanley durante le riprese del Dottor Stranamore: «Avevo appena visto Orizzonti di gloria e proposi a un magazine un servizio su Kubrick. Andai agli Shepperton Studios e lo trovai che giocava a scacchi con l’attore George C. Scott. Alla fine della giornata mi chiese di lavorare per lui: “Sei nel posto giusto”, mi disse».
La collaborazione ha inizio, a Kasterine di quel primo set restano impressi l’intesa fra Kubrick e Peter Sellers e la disinvoltura con cui il cineasta maneggia la cinepresa Arriflex: «Gentilmente, come se fosse leggera come un pacchetto di sigarette». Passa qualche anno e i due tornano a incontrarsi sul set di 2001 Odissea nello Spazio: «Ero molto colpito dalla centrifuga realizzata nella nave spaziale – racconta il fotografo -. Non ho mai capito come fu filmata la sequenza dell’astronauta che ci correva dentro e l’apparente mancanza di peso della steward. Ricordo Stanley arrampicato su una piattaforma a preparare le riprese. Al momento di girare, lui e gli attori erano soli nella ruota. Almeno, credo».
Nel 1969 Kubrick gira Arancia meccanicae subito appare chiaro che si tratta di un’impresa straordinaria: «Non si era mai visto niente del genere, neanche al cinema, una donna tenuta sulla spalla di un giovane mentre un altro ragazzo le taglia via i vestiti con le forbici, fino a denudarla. E quelle uniformi, i nasi finti, i sospensori, gli anfibi. Singing in the Rain entrò nel film perché era l’unica canzone che Malcolm McDowell disse di saper ballare, quando Stanley glielo chiese».
Cambia la scena, siamo nella villa che Kubrick ha affittato per la sequenza della signora dei gatti, quando McDowell danza per la stanza brandendo la gigantesca scultura fallica: «In una pausa, la proprietaria della casa che viveva al piano superiore scese per lamentarsi del fracasso e, guardando la statua e i quadri, chiese: “Ma di che parla questo film?”. Stanley ci pensò su un attimo e disse “Beethoven”. Il solo suono di quel nome zittì la signora, permettendogli di spiegarsi e di scusarsi. Da allora non ci furono più problemi con lei».
Fra gli scatti di Kasterine c’è un bellissimo ritratto di Kubrick, colto in un momento di apparente relax: «Ci stavamo riparando dalla pioggia sotto una struttura di legno. Aspettai che smettesse di parlare e presi la foto nel momento in cui si toglieva i capelli dagli occhi. Un minuto dopo la piattaforma cominciò a scricchiolare e crollò. Stanley normalmente non si muoveva mai in fretta, ma in un istante fu fuori di lì. Non ho mai visto niente di così veloce».