Corriere della Sera, 20 marzo 2016
«Quanto incasserebbe un film sottotitolato e non doppiato?». Così «La mafia dei doppiatori» risponde a Vincent Cassel
«In Italia non si riesce a vedere un film in lingua originale, perché i doppiatori qui sono una mafia. Non capisco perché hanno tutto questo potere». Vincent Cassel non ha usato giri di parole e i supposti «mafiosi» in questione non l’hanno presa bene.
«Vincent chi? Ah, l’attore francese, l’ex marito della Bellucci», risponde ironico Luca Ward. Ma la voce è quella di Russell Crowe o se preferite di Samuel L. Jackson. Il nonno doppiava Jerry Lewis, il padre James Coburn, la sorella è Lisa Simpson. «Quelle di Cassel sono parole in libertà, è una calunnia bella e buona: la lobby dei doppiatori non esiste, è il mercato che decide. Quanto incasserebbe un film sottotitolato e non doppiato? Lo vediamo quando alcune sale fanno il tentativo: non c’è paragone. Tra l’altro il doppiaggio ha un costo per la grande distribuzione: è evidente che se lo fanno è perché così incassano di più. In Italia già leggiamo pochi libri, figurati se ci mettiamo a “leggere” un film».
Sono circa 1500 i doppiatori nel nostro Paese, il comparto doppiaggio dà lavoro a 100 mila persone, i guadagni non sono stratosferici. Anzi. Un turno di doppiaggio fa guadagnare 72,71 euro lordi. A cui vanno aggiunti i 2,31 euro per riga letta (in media 100 a turno per un ruolo da protagonista). Il doppiaggio – sempre per l’attore di prima fila – si risolve in 6 turni (in media, ma anche meno). In totale fanno 1800 euro lordi a film (nell’ipotesi migliore). Poi però c’è chi magari ha ruoli minori. Qui si arriva a 60 euro netti a produzione e bisogna cercare di portarne a casa il più possibile.
In Italia le dynasty del doppiaggio sono note. Oltre ai Ward, gli Izzo, gli Amendola, i Mete (Marco era Roger Rabbit). Spiega Simona Izzo: «Il nostro è un mestiere artigianale, non c’è niente di scandaloso che si tramandi di padre in figlio, succede anche con i notai o le farmacie. Ed è un mestiere meritocratico come pochi: non conta esser bello o avere un fisico prestante. Conta solo la tua voce». Amplia il ragionamento: «In generale il doppiaggio è un male necessario. A Roma c’era un cinema che programmava film in inglese e ha chiuso. Non è solo l’Italia, è tutta l’Europa a non essere pronta ai film coi sottotitoli: del resto o leggi o guardi». La sorella Fiamma è il direttore artistico dell’azienda di famiglia (la Pumaisdue), lavora con Spielberg, doppia la serie tv Grey’s Anatomy : «Tradurre è tradire, ma del resto chi se lo legge Thomas Mann in tedesco?». Il nodo è sempre quello: «Gli esercenti sono i primi a non volere i sottotitoli e l’America stessa chiede le traduzioni. Il doppiaggio poi non si limita alla recitazione in italiano del dialogo, c’è l’adattamento che ha un ruolo molto importante. E dall’America sono fiscali, controllano tutto, vogliono sapere tutto. Il nostro è un lavoro molto accurato».
Quando si lavora per grandi produzioni è più facile, qualche falla il sistema ce l’ha: «Soprattutto in tv – a parlare è ancora Ward – i tempi sono più stretti, anche per essere allineati con la messa in onda Usa. È il nostro destino: di doppiaggio se ne parla quando è fatto male. Tempo fa era diverso: l’adattamento di Pulp Fiction portò via sei mesi». Tarantino è un maniaco, lo conferma Fiamma Izzo: «Bastardi senza gloria era complicato, c’erano quattro lingue (inglese, francese, tedesco e italiano). Lui ci portò un suo studio: disse che in Italia i sottotitoli non funzionavano, voleva che le lingue fossero tutte rese in italiano. Credo la sintesi giusta l’abbia fatta Gianpaolo Letta (ad di Medusa, ndr ) quando dice che per i distributori il doppiaggio è un costo in più, ma poi gli esercenti fanno notare che le poche sale in cui si proiettano i film in originale hanno un pubblico sparuto».
In passato Gabriele Muccino non era stato tenero: «Il doppiaggio aveva senso ai tempi delle grandi coproduzioni europee, oggi spesso si doppia in modo frettoloso: pensano di poter cambiare troppe cose e deturpano il bagaglio culturale che un film trasmette in originale». Peccato – fa notare Fiamma Izzo – che anche lui poi abbia acconsentito al doppiaggio dei suoi film. Una stoccata. Non servono i sottotitoli per capirlo.