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 2016  marzo 21 Lunedì calendario

Il bilancio della città eterna è peggio di quello che ci hanno detto. Ecco perché Roma non ce la può fare

La Storia, per chi ha voglia di prestare orecchi, è prodiga di consigli. A volte basta soffermarsi su un particolare dell’arredo urbano. Come la piccola statua collocata nel giardino che fiancheggia la scalinata del Campidoglio, la stessa che dovrà salire il prossimo sindaco di Roma, chiunque sarà, per arrivare nel suo ufficio nel Palazzo Senatorio. Quel minuscolo monumento è dedicato a Cola di Rienzo, il tribuno che a metà del milletrecento prese il potere a Roma aizzando il popolo contro gli amministratori corrotti, le troppe tasse e le angherie della nobiltà. Poi, però, finì per diventare egli stesso un tartassatore e il popolo, che lo aveva acclamato, se ne liberò nel modo in cui di solito si libera dei tiranni: linciandolo nella pubblica piazza. Un monito per ricordare che per problemi complessi non ci sono soluzioni semplici.
Settecento anni dopo la storia è cambiata assai poco. La cattiva amministrazione che denunciava Cola di Rienzo, oggi è descritta nelle relazioni del presidente dell’Anac, Raffaele Cantone, e nelle carte delle indagini giudiziarie. Sulle tasse, poi, Roma non teme rivali. Proprio da qui, vale la pena di partire se si vuole capire qual è lo stato reale della Capitale. O almeno, quello restituito dall’unico parametro obiettivo possibile: le sue dimensioni e i numeri del suo bilancio.
Ma per comprendere fino in fondo il loro significato, serve ciò che gli economisti definiscono”benchmark”, il termine di paragone di una città che per svariate ragioni presenta un bilancio decisamente più in ordine. E nel nostro Paese la scelta, anche per ragioni dimensionali, non può che essere una: Milano, il capoluogo lombardo. 
Va però fatta una premessa, e qualche doverosa precisazione:paragonare Roma e Milano affiancando dei numeri semplicemente, come spesso viene fatto con superficialità e senza adeguati distinguo, rischia di essere un’operazione fuorviante. Roma e Milano sono realtà molto diverse, con caratteristiche che perciò richiederebbero modelli di amministrazione diversi. Né va sottovalutato il ruolo politico di Roma Capitale: da alcuni dati non si può quindi prescindere. 
OPERAZIONE FUORVIANTEPer esempio, Roma ha una superficie di quasi 1.300 chilometri quadrati, Milano di soli 181: sette volte meno. Roma città vanta 2,9 milioni di abitanti, Milano meno della metà: 1,35 milioni. Roma ha 8.600 chilometri di strade da gestire, Milano solo 1.700: cinque volte meno. Roma ha 4.000 ettari di verde, Milano 2.200. Roma deve raccogliere ogni anno 17 milioni di quintali di rifiuti, Milano poco più di 6. Insomma, Roma per vastità e complessità è qualcosa che travalica la semplice definizione di città. Sicché, logica vorrebbe che le risorse a disposizione delle due città fossero in proporzione a queste differenze di carattere sistemico. Invece la realtà è assai diversa: il Comune di Milano è decisamente più ricco di quello di Roma. 
I numeri del bilancio, elaborati per Il Messaggero dall’associazione «Noi classe media» e curati dall’ex sottosegretario all’Economia, Gianfranco Polillo, parlano chiaro. Milano può contare su entrate per 7,6 miliardi di euro (preconsuntivo 2015), Roma deve vivere con soli 5,1 miliardi (preconsuntivo 2015). La prima questione sta proprio in questi due numeri: può una città che è sette volte più grande di Milano tirare avanti con un bilancio più magro di 2,5 miliardi di euro? 
C’è poi un secondo punto, anche questo centrale. Il 57% delle entrate di Roma, ossia 2,9 miliardi, è costituito da tasse: Imu, addizionali Irpef e quant’altro. Nella città eterna si paga, complice anche il piano di rientro per il debito pregresso, l’aliquota sui redditi più alta d’Italia: lo 0,9%, con un’esenzione solo per chi guadagna fino a 12 mila euro. A Milano il prelievo è dello 0,8%, ma i residenti che non pagano il balzello sono quelli che hanno redditi fino a 21 mila euro. Un’altra voce di entrata sulla quale Roma batte Milano, sebbene non in proporzione alle dimensioni, sono i trasferimenti dello Stato: la prima incassa 862 milioni, vale a dire il 17% delle sue risorse totali; la seconda 454 milioni, il 6% delle entrate. 
Come fa Milano a disporre di tanti più soldi di Roma? La prima risposta è che incassa di più per i servizi forniti ai cittadini: asili, mense, musei, affitti, mercati. Il Campidoglio riesce a incamerare 375 milioni l’anno, Palazzo Marino ben 832 milioni. Il Comune di Roma, per esempio, come dimostrato dal prefetto Francesco Tronca, praticamente si disinteressa di incassare gli affitti delle unità immobiliari di proprietà, con una perdita stimata oltre 100 milioni l’anno. 
I GRANDI MODELLI EUROPEIInoltre, le società partecipazione comunale a Milano producono molti più utili che a Roma: 102 milioni contro 60 milioni. Anche sulla riscossione dei crediti non c’è partita: Roma riesce a recuperare 15 miseri milioni di euro, Milano ben 502 milioni. Significa, per esempio, che nella capitale le multe non le paga quasi nessuno, così più che sanzioni finiscono per diventare mere esortazioni.
Anche chi evade l’Imu difficilmente a Roma vede l’esattore bussare alla sua porta. Secondo l’analisi della Ragioneria generale dello Stato, la riscossione dell’arretrato dal 2008 al 2012 si è fermata al 10% in media. C’è poi un altro dato. Avendo più risorse, ed essendo dunque più solvibile, Milano riesce ad accendere molti più prestiti rispetto a Roma: quasi 600 milioni di euro nell’ultimo anno, contro miseri 30 milioni. Non riuscire a indebitarsi non è un problema secondario: i mutui sono necessari, solo per fare un esempio, per ripavimentare le strade. E non a caso a Roma le buche sono un problema quasi senza soluzione.
Riassumendo, tolte le tasse e i trasferimenti dello Stato, per i quali il Campidoglio incassa molto più che Milano, su tutte le altre voci di entrata, quelle che più hanno a che fare con la capacità di azione amministrativa, la città meneghina risulta vincente: 4 miliardi contro soli 900 milioni. 
A questo punto, una domanda è lecita: per portare il bilancio di Roma al livello di quello di Milano, fermo restando il carico fiscale, di quanto dovrebbe disporre la Capitale? Le entrate complessive del Campidoglio dovrebbero passare da 5,1 miliardi a 15,5 miliardi. Gli oltre 10 miliardi di differenza, secondo l’analisi dell’associazione «Noi classe media», sono il “prezzo” pagato dalle carenze di un modello amministrativo che non regge più alla complessità della situazione. Perché gestire quasi 3 milioni di cittadini, è diverso che gestirne poco più di 1 milione; governare 1.300 chilometri quadri di territorio è esponenzialmente più complicato che farlo su 181 chilometri, occuparsi di 8.500 chilometri di strade è altro che occuparsi di soli 1.700 chilometri.
C’è poi il tema di Roma Capitale, vale a dire la sede del governo del Paese con tutto ciò che questo comporta. Il modello amministrativo dovrebbe infatti ispirarsi a quello delle grandi capitali d’Europa come Parigi, Londra o Berlino che nessuno mai si sognerebbe di gestire con i criteri più semplici di Lione, Liverpool o Dusseldorf. Non sarebbe male se parallelamente all’opera di bonifica che si sta conducendo negli uffici pubblici e nelle partecipate di servizio si cominciasse a pensare, oltre le parole, a un modello di governo di Roma Capitale che non sia quello di Piacenza, di Torino o anche di Milano.