Libero, 21 marzo 2016
Laura Castellano, la biologa che ha preso a pugni uno squalo: «Ma sono così buoni»
Ha nuotato sulle ali di una manta per liberarla dalle reti dei pescatori che la tenevano imprigionata sul fondo del mare. E preso a pugni uno squalo che si avvicinava troppo e con troppa insistenza. D’accordo la parità dei sessi, ma lei è un’anomalia. Laura Castellano sorride. Ma davvero ha fatto a botte con uno squalo?
«Fare a botte con uno squalo non è possibile oltreché sbagliato ma se un animale diventa troppo curioso e insistente e lo si colpisce con un pugno è facile che si spaventi e si allontani».
E l’ha messo ko?
«Direi proprio di no, l’ho solo fatto andare via».
Che lavoro fa mi scusi?
«Sono biologa marina da 20 anni del grande acquario di Genova».
Pensavo che una biologa fosse un topo di laboratorio.
«Invece mi immergo una volta a settimana».
Perché lo squalo?
«Amo tutti i pesci ma lo squalo ha un fascino particolare».
È il più temuto degli animali.
«Diciamo che ha una fama immotivata, dovuta gran parte alla cinematografia, che lo ripropone ogni anno come il terrore dei mari».
Invece no? Le descrivo la scena: mare aperto e cielo plumbeo, un’infinità d’acqua ovunque e la barchetta che affonda due metri più in là. E mentre i piedi sbattono all’impazzata e il fiato muore sulla paura che avanza, all’improvviso spunta una pinna. E non è mai un delfino. Ci ha preso per il culo Spielberg?
«Sono passati anni da quando Spielberg ha girato Lo squalo e per fortuna la consapevolezza è cambiata e lo stesso regista è diventato un difensore di questi animali».
Dunque gli squali sono buoni?
«Le dico un dato: su tutto il pianeta muoiono meno di 10 persone l’anno per l’aggressione di un pescecane. È più facile essere colpiti da un fulmine o andarsene all’altro mondo per una puntura d’insetto. Anche l’idea che sia un animale famelico e che l’uomo sia una sua preda è sbagliata».
Beh, con tutti quei denti...
«Eppure uno squalo può mangiare tre volte alla settimana, un delfino 5 volte al giorno».
Guardi che fa paura a tutti, da molto tempo prima di Spielberg.
«Lo so bene, è un predatore molto grande e ha un aspetto inquietante, basta osservare la forma della sua bocca per restare impressionati. È all’ingiù, ci ha fatto caso?».
Vuol dirmi che se solo fosse venuta all’insù, Spielberg avrebbe fatto un altro mestiere?
«Vuol dire che sarebbe stato più simile al delfino... più sorridente, almeno in apparenza. Anche la stazza impressiona, lo squalo bianco per esempio può raggiungere i sei metri e ha denti enormi».
Ma cosa le piace dello squalo?
«È un animale affascinante ed evolutivamente perfetto. In 350 milioni di anni si sono estinti i dinosauri, ma lui è sopravvissuto ed è rimasto invariato. Le sue funzioni sono eccellenti».
Allora il problema siamo noi.
«Il problema è che li sterminiamo per farne zuppa di pinne di squalo. Milioni di esemplari ammazzati per un piatto da portare in tavola e questo sta intaccando l’ecosistema. Bisogna capire che se sparisce il grande predatore – che peraltro mangia i pesci più vecchi e malati e quindi rafforza le popolazioni – beh se sparisce lui, crolla tutto».
Perché mangiano poco gli squali?
«Perché hanno un metabolismo e una digestione lentissima, a volte diventiamo matti per nutrirli. C’è stato un esemplare, qui da noi, che non ha toccato cibo per 4 mesi».
Tranquillizziamo gli animi dunque: noi non facciamo parte della dieta di uno squalo.
«Se mangia un uomo è perché lo scambia con un animale marino. Il grosso della aggressioni avviene ai danni di persone che fanno surf in una zona dove magari vivono le foche di cui lo squalo si ciba volentieri. Non attacca senza motivo, lo fa per paura oppure per fame ma non è aggressivo di natura».
E per fortuna nel Mediterraneo c’è il gigante buono.
«Lo squalo elefante. Lunghissimo (anche 8 metri), favoloso, con quel muso appuntito e la bocca spalancata per filtrare l’acqua e trattenere i piccoli animali. È completamente privo di denti».
Almeno uno... Quante sono invece le razze pericolose?
«Esistono dalle 4 alle sei specie pericolose: lo squalo bianco, che vive nel Mediterraneo ma non vicino alle coste, lo squalo tigre, il longimano, il leuca e lo squalo mako».
Sono animali intelligenti?
«Bisogna vedere cosa si intende per intelligenza. Il loro sistema nervoso è primitivo e il cervello è molto piccolo. Non hanno rapporti sociali con gli altri animali e neppure di parentela, incontrano la femmina nella zona di riproduzione ma non istaurano un legame duraturo. Anche i piccoli, quando nascono, lasciano subito la madre. Possono muoversi in gruppo ma non c’è il concetto di branco. Poi certo hanno caratteri diversi, noi li osserviamo in vasca e c’è sempre quello più curioso o introverso di un altro».
La sua prima immersione?
«È stato 23 anni fa nella vasca dell’acquario di Genova. Ci si immerge in quattro, due lavorano e due fanno da sentinelle alle spalle per controllare che gli squali non gli vadano addosso. Di solito le sentinelle, e in quel caso io lo ero, tengono un bastone verticale davanti a loro o creano una striscia di bolle perché gli animali percepiscano l’ostacolo e possano cambiare direzione. Io tenevo il mio bastone tra le mani e fissavo negli occhi lo squalo».
Scusi sta scherzando?
«Se devi far finta di non esserci è meglio abbassare lo sguardo ma se devi importi e proteggere qualcuno devi guardarlo negli occhi».
E che è successo?
«Io lo fissavo ma lui veniva verso di me con la mandibola spalancata. Ho perso quattro anni di vita».
Voleva mangiarla?
«No! Stava solo sbadigliando».
Lei terrorizzata e lui annoiato, una scena tragicomica. Ma si nuota con gli squali?
«Nuotare è un parola forte, la cautela e il rispetto prima di tutto. Se li si incontra in mare si deve osservarli a debita distanza senza disturbarli. Può capitare nei mar tropicali vicino alle barriere».
Eppure c’è chi paga per un’immersione con gli squali bianchi.
«È una moda discutibile che impazza in Sudafrica, buttano il sangue per attirarli e vederli da vicino».
Mai incontrato uno squalo bianco?
«Nel Pacifico e nell’Atlantico».
Più bello immergersi in mare o in una vasca?
«In mare non sai chi incontri, in vasca sai chi c’è e cosa aspettarti».
La riconoscono i suoi squali?
«Beh per certi versi sì. Percepiscono i campi elettrici dalle contrazioni muscolari delle prede. Con me non c’è problema ma se entra in acqua una persona spaventata se ne accorgono subito e si agitano».
Ha mai paura?
«Paura no, li conosco».
E se uno finisce in un mare infestato che fa?
«È bene rannicchiarsi, evitare di sgambettare e restare in gruppo il più compatti possibile».
Nel caso non bastasse?
«Un calcio o un pugno ben assestato dove capita».
Scappare mai?
«Non si può scappare da uno squalo. Con una codata copre il tratto che un uomo percorre a nuoto in dieci minuti. Se si è vicini alla riva si può tentare ma è generalmente una strategia perdente».
Che razze avete all’acquario?
«Nove squali grigi, tre squali nutrice, due squali zebra, i trigoni e i pesce sega...».
E quelli grigi sono appena arrivati giusto?
«Ne sono arrivati 4 da Antibes, 3 femmine di 2 anni e un maschio di 9. Li abbiamo prelevati dall’acquario locale dove sono nati per non impattare sull’ambiente naturale. E li abbiamo messi su un camion di 13 metri con 4 vasche da 5 metri cubi l’una. L’ossigeno veniva controllato ogni ora. Una volta arrivati, li abbiamo inseriti in vasca con una paratia che li separava dagli altri».
Per evitare tensioni?
«Beh gli squali percepiscono subito la presenza di un altro animale. Il nostro compito è cercare di prevedere tutto il possibile ma c’è sempre un fattore di rischio. Solo per montare le paratie eravamo in dieci».
Stanno bene in cattività?
«Se c’è il giusto spazio e le condizioni adeguate sì».
E quanto vivono?
«Uno dei nostri ha già fatto il giro di boa dei 50 anni».
Ha figli lei?
«No ma ho nipoti che per farmi piacere mi ripetono in continuazione che lo squalo è buono».
Cosa sarebbe un acquario senza squali?
«Beh non sarebbe più lo stesso. Mancherebbe il fascino del grande predatore».
E con il fascino la paura... il cuore che batte, la pinna che avanza e il blu che risucchia l’anima