Libero, 21 marzo 2016
Chi è Chiara Appendino, la 31enne juventina del M5s, che vuole prendersi Torino
Mmm stiamo leggendo il suo curriculum: ha inserito tutte le sue esperienze o ha fatto come la sua collega romana Virginia Raggi, che ha evitato di ricordare gli anni di lavoro nello studio Previti?
«Credo proprio di aver inserito tutto! Nel curriculum che sta leggendo, credo ci sia scritto anche che ho lavorato per una società sportiva importante…».
Eh no, c’è proprio scritto il nome della società! La Juve.
«Ci ho lavorato per due anni. Io sono appassionata di calcio! Sono diventata tifosa juventina perché ero innamorata di Baggio».
Baggio ha giocato anche in altre squadre. È stata sfortunata!
«Ho iniziato a seguire il calcio quando lui giocava nella Juve».
Ecco, ha appena perso i voti dei tifosi granata.
«Ma no, non credo si voti per tifo calcistico ma per il programma e le persone. La Juventus e il Torino sono due grandi società sportive e quando in città c’è il derby c’è un’atmosfera unica e sono felice quando i granata giocano in Europa».
Chiara Appendino, 31 anni, ha studiato economia internazionale e management. Parla tedesco, inglese, francese e un pizzico di spagnolo. Ha lavorato per la Juve dopo una tesi sulla «valutazione del parco calciatori». Consigliere comunale uscente, ora vuole strappare Torino alla sinistra. Ha sposato Marco, dopo averlo conosciuto su un campo da tennis. Tra lavoro, politica e Sara – la figlioletta nata a gennaio – non si ferma mai. Lei ha smentito, nei fatti, il tormentone grillino dell’uno vale uno. Tutta la base ha scelto lei, senza tentennamenti. Vuol dire che la ritengono nettamente più brava di tutti gli altri attivisti. «Hanno dimostrato di avere fiducia in me anche per il lavoro di questi quattro anni e mezzo. Ogni territorio, nel M5S, decide come scegliere i candidati. A Torino i 250 attivisti della città mi hanno scelto all’unanimità».
Come avviene la scelta?
«Ci sono i gruppi, che possono essere di lavoro o di quartiere e che affrontano temi più specifici del territorio. L’insieme di questi gruppi forma l’assemblea, che poi mi ha scelto».
E come farà a formare l’eventuale giunta?
«Abbiamo deciso di selezionare gli assessori non con logiche partitiche ma in base al merito e alle competenze tramite una chiamata pubblica. Sono arrivati più di 250 curricula ma ne selezioneremo 12, rispettando la parità di genere. I prescelti dovranno firmare il programma, ma non necessariamente devono essere attivisti 5 stelle. E voglio presentare la giunta prima delle elezioni».
Così non teme che, dopo l’eventuale vittoria, ognuno vada in ordine sparso?
«Ora devo conoscere le persone, che però firmeranno l’impegno di rispettare il programma».
Prevedete sanzioni economiche per i ribelli?
«No, c’è un impegno etico che dovranno firmare consiglieri e assessori. Se gli assessori non rispetteranno il programma, ritirerò la delega».
E come la mettiamo con chi in passato ha fatto politica?
«Basta che i candidati assessori non abbiano partecipato a tornate elettorali dal 2012 in poi, contro il M5S. Il 2012 è l’anno in cui abbiamo conquistato Parma, diventando forza di governo».
L’eventuale sindaco Appendino non sarà come un semplice attivista. Mica potrà interpellare la base ogni volta…
«Sarò sindaco per tutti i cittadini, e il sindaco ha un ruolo diverso anche da quello di giunta e consiglieri. Poi c’è una questione di tempi, è necessario prendere decisioni, non potrò ascoltare tutti, tutte le volte. Per questo abbiamo iniziato un lungo percorso di confronto con il territorio già in questa fase».
L’altro consigliere del M5S a Torino, Vittorio Bertola, non si ricandida. Ce l’ha con lei perché non è stato designato vicesindaco?
«No, l’assemblea ha scelto di non designare un vicesindaco come aveva chiesto Bertola. Poi lui ha annunciato che non si sarebbe ricandidato, ma mica voleva il mio posto. Era stato il candidato sindaco nel 2011».
Prima di Grillo cosa votava?
«Una volta...».
Aspetti, indoviniamo: a sinistra!
«Una volta, anni fa, ho votato Verdi. Poi mi sono pentita».
C’era Pecoraro Scanio… Comprendiamo il pentimento.
«Non ricordo se c’era ancora lui, può darsi. Ora mi etichettano di sinistra quando propongo il reddito minimo, ma quando chiedo di togliere l’Irap mi dicono che sono di destra. Credo che per amministrare non si debbano fare scelte ideologiche. Per esempio, voglio riorganizzare la macchina comunale liberando risorse per 40 milioni, e secondo me non è di destra o di sinistra. È buonsenso».
Eppure sul suo sito ufficiale, vediamo una bozza di programma dove si parla perfino di diritti degli animali ma non – per esempio – di sicurezza o tasse. A naso, sembra più un programma di sinistra.
«Stiamo adottando una procedura per cui ogni settimana presentiamo un nuovo punto del programma. Per esempio, affronteremo lavoro e attività produttive nei prossimi giorni».
Allora ci anticipi qualcosa sulle attività produttive.
«Vogliamo puntare su una nuova industrializzazione, valorizzando le piccole e medie imprese. Pensiamo a un fondo da 5 milioni per favorire le assunzioni di giovani torinesi: il 44% di loro né studia né lavora».
Ma Torino è in rosso: dove andrete a prendere 5 milioni?
«Tagliamo del 30% il costo dello spoil system di Fassino (che ha speso 15 milioni di euro): anziché assumere staffisti e portaborse esterni dal Comune, valorizzeremo le risorse interne».
A Torino c’è un problema sicurezza?
«C’è un problema come in tutte le grandi città, ma la giunta Fassino si è dimenticata delle periferie e ha investito risorse e fatto eventi quasi esclusivamente in centro. Uno studio del 2014 ha confermato che le zone più ricche della città sono diventate ancora più ricche, e quelle che erano povere sono ancora più povere».
E quindi cosa farebbe per la sicurezza?
«Una Torino policentrica, un centro in ogni quartiere, un luogo vivo e pedonalizzato dove i residenti possano star bene. Poi, per esempio, libererei la polizia municipale per il controllo del territorio. Oggi gli agenti si occupano anche dei mercati, per controllare le bancarelle presenti. Meglio informatizzare questa procedura e usare gli agenti per altri compiti».
Farebbe una moschea?
«Utilizzerei quel comitato, chiamato interfedi, col sindaco e i rappresentanti di tutte le fedi religiose. Il confronto con le comunità consente dialogo e presidio del territorio, importante per l’integrazione e quindi la sicurezza».
Quindi non esclude di costruire una nuova moschea?
«Dal tavolo interfedi emergeranno le diverse esigenze della città e le valuteremo le soluzioni migliori per i torinesi. Sono per la libertà di culto».
Fassino l’ha chiamata Giovanna d’Arco.
«Spero di non fare la sua fine!».
Che rapporto personale ha con il sindaco?
«Sono battagliera, ed è capitato che con Fassino ci siano stati scontri accesi».
Che sindaco è stato?
«Ho fatto molte critiche, specialmente perché ho una diversa visione del bilancio. Ha lasciato indietro una parte della città, quella più debole. Torino ha la necessità di essere più competitiva e lui non è stato capace di liberare nuove energie. Serve un piano strategico».
Vediamo quanto è grillina dentro. Cosa pensa di Verdini?
«Ahhhh. Tra trasformismo e condanne, non vorrei vederlo amministrare la cosa pubblica. Siamo all’antitesi di Verdini!».
Voi non volete nemmeno gli indagati, altro che condanne.
«Nel nostro impegno etico chiediamo non ci siano nemmeno pendenze».
Non credete di esagerare?
«Guardi, le dico subito che a Quarto mi sarei dimessa per fugare ogni sospetto».
Ma scusi: se vale il semplice sospetto, basta che un balordo annunci di avervi votato per farvi dimettere.
«A Quarto non è andata proprio così…».
D’accordo, lì c’era anche un consigliere grillino indagato e poi espulso.
«Diciamo che essere puliti non è mai un problema. Ciò che più conta è come una forza politica reagisce a questi eventi».
Salvini ha parlato bene di lei. Imbarazzata?
«Non sono imbarazzata, ma lo leggo in modo politico: credo lo dica per problemi interni al centrodestra».
Crede nel ballottaggio?
«Sì, gli ultimi sondaggi dicono Fassino intorno al 40%, io al 30%, il centrodestra al 20%. Ma c’è ancora quasi il 50% di indecisi».
Al secondo turno, fareste accordi con le liste rimasti fuori?
«Parleremo di programmi e non di poltrone. Accettare il sostegno del centrodestra? Semplicemente ci rivolgeremo ai torinesi per chiedere di far voltare pagina alla città».
E se ci fosse un ballottaggio tra centrodestra e centrosinistra?
«Andrò a votare ma deciderò in base ai programmi».
Non faccia la democristiana.
«Cosa devo rispondere? Il centrodestra non ha nemmeno il candidato».
Le piaceva il Grillo dei vaffa day?
«Certo! Uno dei problemi degli ultimi anni, è che in Italia non c’è mai stata vera opposizione. E il parlamento è ancora pieno di condannati. Poi il V2-day di Torino fu sul finanziamento pubblico all’editoria...».
Pure Grillo è un condannato.
«Infatti non si candida, il nostro regolamento è chiaro e la fedina penale dev’essere pulita».
Domande secche. Lei è vegana?
«No ma sono per un consumo responsabile e sostenibile della carne».
Lei lavora nel settore privato. Quanto guadagna?
«Circa 2mila euro al mese, ricordo che ho rinunciato al gettone di presenza».
Non è imbarazzata, quando sente qualche grillino che parla di microchip sottopelle o scie chimiche?
«Sono dei cliché. In quattro anni e mezzo mi sono occupata di programmi e non ho mai sentito parlare di queste cose».
Quindi non è angosciata dalle scie chimiche?
«No! I problemi sono i trasporti pubblici, la sicurezza e il lavoro che non c’è».
È credente?
«Mi sono sposata in Chiesa. Sono credente ma non praticante».
Cosa pensa dell’affaire Vendola e dell’utero in affitto?
«Sono scelte individuali. Penso sia giusto garantire la libertà di scelta ma mi preoccupa che possano essere sfruttate donne per motivi economici».