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 2016  marzo 21 Lunedì calendario

Bus si ribalta in Spagna: morte tredici studentesse Erasmus • Obama atterra all’Avana • Salah Abdeslam stava preparando altri attentati • Twitter compie dieci anni • Il cibo che buttiamo via vale 13 miliardi all’anno

 

Studentesse Ieri un pullman di studenti universitari Erasmus di ritorno dalla festa dei falò di Valencia ha invaso la corsia opposta ed è stata una strage: tredici vittime, tutte studentesse che avevano scelto Barcellona per un periodo di studi universitari. «Ci sarebbero fino a sette vittime italiane ma non c’è certezza», ha annunciato la Farnesina. Sul pullman c’erano 57 studenti di ventidue nazionalità, quasi tutti europei. Il bilancio è peggiorato da diversi dispersi e dai ventotto feriti. Quanto alle cause del gravissimo incidente per il ministro degli Interni del governo catalano, Jordi Jané, non ci sono dubbi: «Errore umano». Jané ha così ricostruito la dinamica: «Il conducente si è spostato troppo sulla destra e quando ha toccato il guardrail ha sterzato improvvisamente sulla sinistra rovesciandosi su un lato e finendo per invadere la corsia opposta». Il pullman si è schiantato contro una macchina con due persone a bordo, ferite, per poi chiudere la sua corsa in un fossato. «Nessuna altra responsabilità sembra attribuibile», ha precisato il ministro alludendo alla società di gestione dell’autostrada. Mentre la polizia di Tortosa ha comunicato che l’autista, rimasto leggermente ferito, è indagato per omicidio plurimo colposo dovuto alla guida imprudente. «Pare non abbia mai causato incidenti in passato», hanno aggiunto gli investigatori. Gli inquirenti ipotizzano un colpo di sonno ma qualcosa di più si saprà solo quando verranno raccolte le testimonianze oculari degli studenti e dello stesso autista, interrogato ieri dalla polizia di Tortosa fino a tarda ora. Pare che la sua versione dei fatti sia più orientata al guasto meccanico. «Dice di aver sentito sbandare il pullman verso destra e di essersi spaventato». (Pasqualetto, Cds).

Cuba L’Air Force One di Barack Obama è atterrato all’Avana alle ore 16.21. Obama s’è fatto accompagnare da Michelle, dalle figlie Malia e Sasha e dalla suocera. Nella notte, la famiglia presidenziale, dopo una breve sosta all’Ambasciata Usa, si addentrerà nei vicoli dell’Avana vieja fino alla Cattedrale dove è previsto un colloquio con il Cardinale Jaime Ortega, uno dei protagonisti della trattativa che ha portato all’apertura con Cuba. Ieri a mezzogiorno 52 militanti vestite di bianco, «il colore della pace» dicono, si sono ritrovate come ogni domenica davanti alla Chiesa di Santa Rita, nel municipio di Miramar. La sfilata silenziosa si è presto trasformata in un appello lanciato da Berta Soler davanti alle telecamere: «Il regime cubano viola i diritti umani. Se noi oggi siamo qui e possiamo protestare pubblicamente è solo perché ci siete voi». Ma è durata poco. Le Damas de Blanco sono state aggredite da tre-quattrocento dimostranti di tutte le età, che tra uno slogan inneggiante alla «Revolución» e uno a Raúl Castro, le hanno riempite di botte. E’ intervenuta la polizia che ha caricato le Damas e anche qualche «rivoluzionario» su tre pullman. Obama ha promesso che «solleverà» nel faccia a faccia con Raúl la questione dei diritti umani (Sarcina, Cds).

Abdeslam Salah Abdeslam, durante l’interrogatorio di sabato, ha rivelato ieri il ministro degli Esteri, avrebbe affermato di essere stato pronto «a rifare qualcosa» a Bruxelles. Sono affermazioni ancora generiche. «Ma può essere che rispondano al vero. Infatti nel corso delle perquisizioni e delle prime indagini fatte dopo gli attacchi di Parigi abbiamo trovato molte armi pesanti, e abbiamo scoperto una rete di fiancheggiatori che gravitava intorno a lui». Djemila Aberkan, la donna che tramite il figlio Abid si è vista arrivare Salah nella casa di rue des Quatre Vents, rivela quale fosse al momento della cattura lo stato psicologico dell’ex primula rossa del terrorismo internazionale. Così spaventato e perduto, senza i complici che lo avevano protetto durante i quattro mesi di latitanza, da chiedere di passare la maggior parte del suo tempo in uno sgabuzzino di pochi metri quadrati. I vicini descrivono Djemila Aberkan come una donna inoffensiva e malata, che non si è più ripresa dall’incendio scoppiato tre anni fa nella cucina della sua precedente abitazione di Molenbeek. Ustioni su tutto il corpo, danni permanenti ai polmoni. Esce poco, e quando lo fa talvolta utilizza una sedia a rotelle. Gli inquirenti l’hanno subito lasciata andare, riservandole accuse blande (Imarisio, Cds).

Twitter Twitter compie dieci anni. Ci vollero tre anni per raggiungere il primo miliardo di tweet, ora facciamo circolare mezzo miliardo di tweet al giorno, con circa 320 milioni di account umani (febbraio 2016), altri, svela il blogger Andrea Stroppa @andst7, robot. Più followers di tutti, 85 milioni, per la cantante @katyperry seguita da @justinbieber, 77 milioni, primo dei politici @barackobama, 71 milioni (Riotta, Sta).

Cibo Ogni famiglia italiana, buttando cibo nella spazzatura, brucia 348 euro all’anno, gettando anche un chilo di pane o verdure a settimana. In tutto, il cibo che buttiamo via vale 13 miliardi di euro. Cui ne vanno aggiunti altri 5: è il valore degli alimenti persi lungo la filiera, nel viaggio dai campi alla nostra tavola. Sotto accusa sono soprattutto i privati cittadini: il 43% del cibo viene buttato via nelle nostre cucine. Il record negativo, icono i dati di Waste watcher, l’osservatorio sugli sprechi dell’università di Bologna, va alle Isole, dove ogni famiglia getta nella spazzatura alimenti per 7,4 euro a settimana. Seguono il Centro con 7,2 euro e il Sud con 6,8 euro. Nel Nord Ovest, ogni nucleo butta via in media cibo per 6,3 euro, e il Nord Est è il più virtuoso con “solo” 6,1 euro. Un trend confermato dal sondaggio di Ipsos per Save the children: tra chi confessa di buttare più spesso i cibi andati a male ci sono infatti i cittadini di Sicilia Calabria, Umbria. Lombardia, Sardegna e Veneto le regioni più virtuose. Perché si getta il cibo? I motivi cambiano a seconda della latitudine, stando a un’indagine Lmm-Swg. Abruzzesi, pugliesi, calabresi e campani ammettono di aver cucinato troppo e calcolato male gli acquisti. Le confezioni troppo grandi che invitano a esagerare sono la giustificazione invocata da veneti e umbri. Sardi ed emiliani imputano gli sprechi ad abitudini alimentari e acquisti sbagliati mentre in Liguria a far riempire troppo il carrello è «la paura» di non avere scorte sufficienti. A Roma, lo spreco è addebitato a difficoltà organizzative: si fa la spesa una volta alla settimana e il cibo non regge (Pasolini, Rep).

(a cura di Roberta Mercuri)