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 2016  marzo 21 Lunedì calendario

«Giravo tra cielo e terra e pensavo a mia mamma». Alonso racconta l’incidente a 181 chilometri all’ora

«Cosa ho provato? Non lo so. Vedevo solo cielo e terra, poi ancora cielo e ancora terra e pensavo a mia mamma. Ma cosa ho provato, esattamente, non lo so». Fernando Alonso trema ancora. Al giro 18 la sua McLaren è salita su una ruota della Haas di Gutierrez. E il mondo improvvisamente si è capovolto. È stato senza dubbio uno degli incidenti più brutti che si siano mai visti in Formula 1. Qualcosa di simile a quello che costò la vita a Gilles Villeneuve.
Guenther Steiner, team principal della Haas racconta: «Ho visto Gutierrez fermo a bordo pista e stavo cercando di capire come avesse fatto ad andare in testa coda da solo. Poi il mio ingegnere mi ha indicato un punto sullo sfondo. Sembrava un masso. Ma che ci faceva un masso in fondo alla via di fuga?». Era il rottame irriconoscibile e fumante della McLaren. Per qualche secondo, come vuole la liturgia di casi come questo, l’intero paddock è rimasto senza fiato, e il tempo si è fermato. Dentro quel groppo di carbonio ai piedi del muretto non si distingueva nessun movimento, nessuna forma di vita.
Poi, come un contorsionista dalla sua scatola, dai rottami è strisciato fuori Alonso. Curvo e visibilmente scosso. Zoppicante. Gutierrez, appena saltato fuori dalla sua macchina, ha cominciato a correre verso il collega, per dare una mano. Ma per fortuna non ce n’era bisogno. Alonso stava bene. Tanto che arrivato al motorhome, dopo gli accertamenti medici, racconta nei dettagli quei momenti.
«Non saprei dire se è stata colpa di qualcuno. Mi spiace che sia successo e basta». Stava cercando di passare Gutierrez ma le macchine si sono toccate, la McLaren ha fatto un primo rimbalzo in pista. Alonso ha perso il controllo della vettura che si è schiantata una prima volta contro il muretto, poi ha cominciato a pattinare lateralmente e quando è uscita di strada, ha preso il volo girandosi su se stessa due volte prima di schiantarsi definitivamente, a 181 all’ora, contro un altro muro. «In quei momenti non sai nemmeno dove ti trovi. Sei in volo e tutto quello che vedi sono il cielo e la terra che si alternano e tu riesci sì e no a distinguerli. Poi mi sono fermato e allora ho visto un piccolissimo spazio per uscire dalla macchina. Sono saltato giù di corsa perché so bene che quegli attimi sono tremendi per chi sta a casa e cerca di vedere se chi è a bordo sta bene o no. Mia mamma mi stava guardando in tv e non volevo si preoccupasse per me».
Solamente una volta uscito dal cockpit, guardando i resti della sua macchina, si è reso conto delle proporzioni del suo incidente. «Ero lontanissimo dalla pista. E non me l’aspettavo. “Ho fatto un bel volo!”, mi sono detto. Ed è stato curioso perché allora mi sono accorto che tutto quello che era successo io l’avevo vissuto come al rallentatore, ricordo che volevo che la macchina si fermasse e invece continuava a girare e a girare e sì, lo ammetto, ho avuto paura». Solamente dieci anni fa, un incidente del genere gli sarebbe costato la vita. «Invece sto bene. Mi fanno male le ginocchia, perché, insomma, ho sbattuto un po’ ovunque dentro il cockpit. Però sto bene, o almeno così mi sembra. Magari domattina quando mi sveglio ve lo saprò dire con più precisione».